Pasqua: la pace vinca sulla rassegnazione

- di: Redazione
 
Mai come quest'anno, con l'eco lontana, ma mai troppo, della guerra, la Pasqua dovrebbe essere la festa della pace, per tutti, anche per coloro che perseguono, quotidianamente, i loro obiettivi con la violenza e con le armi.
Le parole sono spesso inutili, quando vengono sopravanzate e cancellate dalle immagini. E quelle delle distruzioni che stanno cancellando un Paese, e con esso la sua storia, la sua cultura, le sue tradizioni, dovrebbero essere di monito per tutti, cristiani e no, perché, davanti all'orrore, non ci possono essere distinzioni ideologiche o religiose.
La morte, con l'imperscrutabile mistero che si porta dietro, anche per chi vive nella certezza che ci sia un dopo, sta diventando una compagna delle nostre giornate e tutto sembra essere impregnato dalla rassegnazione, dalla consapevolezza che ogni sforzo è inutile, così come la speranza.

Pasqua: la pace vinca sulla rassegnazione

Un sentimento, quest'ultimo, che ci spinge a credere che, quando le campane saluteranno la resurrezione del Cristo, il mondo prenda coscienza di quanto sia vicino quel punto di non ritorno che tutti temiamo, ma del quale abbiamo una percezione appannata, quasi che la guerra sia qualcosa che ci riguardi indirettamente, un virus che non ci può aggredire, in base all'idea che il buonsenso alla fine prevarrà sulla follia.
Dovremmo però sapere che non è così, non perché sia impossibile il contrario, ma perché chi ha la mano costantemente sul grilletto o sul bottone rosso ritiene per questo di potere incutere paura all'avversario, in un gioco di equilibri e di specchi che esiste solo nella mente degli ingenui.

Dovremmo invece, tutti, essere pronti ad aprirci alla pace, che resta l'unica strada, anche se è terribilmente difficile perseguirla se c'è chi aggredisce e chi, per difendersi, risponde con morte contro morte.
Davanti a quel che ci accade praticamente sotto gli occhi, il peccato più grande è quello dell'indifferenza, il peccato di chi ritiene che tutto sia ineluttabile, anche la violenza, perché si pensa che essa, connaturata nell'Uomo, non abbia alternative.
Ma è un messaggio sbagliato, perché ciascuno di noi, dal più potente tra i potenti fino all'ultimo tra gli ultimi, può e deve dare il suo contributo. Anche se non ha il dono della Fede, se non l'ha mai avuta o se l'ha accantonata.

Il mondo non può essere quello di oggi, dove si uccide solo per il colore della pelle, sotto la devastazione della mente intossicata da falsi idoli o per raggiungere meri obiettivi economici. Il mondo è altro, come dovrebbero insegnare le parole di papa Francesco che, quotidianamente, fa appello alla ragionevolezza per chiedere che si spezzi la spirale del male. La pace non ha un colore, non è qualcosa da sbandierare una volta ottenuta, perché essa si basa sempre sulla precarietà di un equilibrio che è quello del pensare dell'Uomo, costantemente esposto alle passioni ed all'odio. Per chi crede, la Pasqua è il momento in cui gli antagonismi devono essere messi da parte, in cui tendere la mano al nostro prossimo, anche a quello che, un istante prima, si è mostrato nemico.
Come fece (lo diciamo per tutti, sia che si creda sia, sia che non si veda altro che il presente) Gesù, immolandosi.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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