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Pensioni di invalidità più pesanti: requisiti, calcoli e novità 2025

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Pensioni di invalidità più pesanti: requisiti, calcoli e novità 2025
Pensioni di invalidità più alte, assegni più corposi, nuove regole. Il 2025 segna un cambio di passo per milioni di cittadini fragili: rivalutazioni, perequazioni e soprattutto la sentenza della Corte Costituzionale che ha imposto un tetto minimo a tutela di chi percepisce l’assegno ordinario di invalidità. La fotografia è chiara: importi più pesanti, ma anche requisiti rigidi, limiti reddituali serrati e un sistema che resta complesso, tra burocrazia e tempi di erogazione ancora lunghi.

Pensioni di invalidità più pesanti: requisiti, calcoli e novità 2025

La decisione è arrivata a luglio. Con una pronuncia destinata a fare scuola, la Consulta ha stabilito che nessun assegno ordinario di invalidità può scendere sotto i 603 euro mensili. Un colpo di spugna sul divieto introdotto nel 1995 con la riforma Dini che escludeva i lavoratori contributivi dall’integrazione al minimo. «Era una disparità insostenibile», spiegano fonti giuridiche. La Corte ha cancellato la norma imponendo un principio di equità. L’effetto? Dal 10 luglio, data di pubblicazione in Gazzetta, tutti gli assegni sotto soglia sono stati riallineati. Niente retroattività, ma la misura vale per il futuro. Significa che per chi oggi riceve un assegno da 400 o 500 euro, scatterà d’ufficio l’adeguamento.

Importi e limiti reddituali

Sul piano pratico, gli assegni di invalidità civile al 100% salgono a 336 euro al mese, con limite reddituale annuo di 19.772 euro. Stesso importo per invalidi parziali (74-99%) e per le indennità di frequenza dei minori, ma con soglia ridotta a 5.771 euro. Per i ciechi civili assoluti la cifra tocca 363 euro, mentre per sordi e invalidi totali scatta la maggiorazione sociale: fino a 411,84 euro extra al mese, a patto che i redditi personali non superino i limiti previsti (9.721 euro per i singoli, 16.724 euro per i coniugati). Numeri apparentemente freddi che però disegnano una realtà concreta: chi vive con un assegno di invalidità si trova spesso sul crinale tra sopravvivenza e povertà. Non a caso le associazioni parlano di “passi avanti” ma denunciano come gli importi restino ancora insufficienti rispetto al costo della vita.

Rivalutazioni e perequazione

Gli aumenti non derivano solo dalla Consulta. Dal 1° gennaio è scattata la perequazione provvisoria dello 0,80% sulle pensioni fino a quattro volte il minimo. Inoltre il trattamento minimo è stato portato da 598 a 616 euro grazie a una rivalutazione straordinaria del 2,2%. Una correzione che pesa poco sulle casse dello Stato ma che per molti beneficiari significa qualche spesa in più coperta a fine mese: dalle bollette ai farmaci. Un margine che, per chi vive con redditi così bassi, può fare la differenza tra pagare un affitto o dover chiedere aiuto ai servizi sociali.

La prestazione universale per gli over 80

La novità più attesa è la prestazione universale, entrata in vigore nel 2025. È riservata agli over 80 in condizioni di bisogno assistenziale gravissimo: coma, demenza avanzata, ventilazione meccanica continua, lesioni spinali. L’assegno aggiunge fino a 850 euro al mese all’indennità di accompagnamento. Ma la platea è ristretta: serve un ISEE non superiore a 6mila euro. Una misura selettiva, che però introduce un principio nuovo: più risorse a chi ha maggiori necessità. Secondo le stime, i potenziali beneficiari sono alcune migliaia in tutta Italia. Una cifra ridotta, ma che rappresenta un primo esperimento di sostegno mirato.

Requisiti e condizioni

I requisiti restano stringenti. La pensione di inabilità civile al 100% richiede età tra i 18 e i 67 anni, invalidità totale e permanente, almeno 5 anni di contributi e reddito entro i limiti. L’assegno ordinario di invalidità spetta a lavoratori dipendenti e autonomi con capacità ridotta di due terzi. Ha durata triennale, rinnovabile. Dopo i 67 anni, le pensioni si trasformano in assegno sociale. Una transizione che lascia aperto il tema della sostenibilità futura: la popolazione invecchia e il numero di beneficiari tende ad aumentare, mentre le risorse disponibili restano limitate.

Un passo avanti, ma non basta

Il sistema delle pensioni di invalidità cambia pelle, ma resta fragile. Gli aumenti ci sono, le tutele crescono, e la Consulta ha alzato l’asticella dell’equità. Eppure, i numeri raccontano altro: 336 euro restano una cifra troppo bassa per vivere dignitosamente, anche con le maggiorazioni. «È un passo avanti – dicono dalle associazioni – ma servono interventi strutturali, non solo aggiustamenti». Per molte famiglie l’assegno di invalidità rappresenta l’unica entrata stabile, e un’integrazione minima non basta a coprire spese ordinarie come cure mediche, trasporti e assistenza quotidiana.

La riforma ha dunque un valore simbolico e pratico al tempo stesso: da un lato sancisce un principio di uguaglianza, dall’altro mostra tutti i limiti di un welfare che si regge su correttivi parziali. Intanto, milioni di italiani vedono salire l’assegno. Non abbastanza per cambiare la vita, ma sufficiente a dare un po’ di respiro. E la partita politica non è chiusa: governo e Parlamento saranno chiamati nei prossimi mesi a valutare ulteriori misure per rafforzare il sostegno ai cittadini più fragili.
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