Nicola Pietrangeli è morto a 92 anni. Con lui scompare non soltanto uno dei più grandi tennisti italiani di sempre, ma un volto storico dello sport nazionale, un simbolo di eleganza in campo e di personalità fuori dal campo. La sua parabola sportiva ha attraversato la storia del tennis dagli anni Cinquanta agli anni Settanta, trasformandolo da disciplina di nicchia a passione popolare. Pietrangeli rappresenta ancora oggi il punto di riferimento per generazioni che sono arrivate molto dopo di lui: un ponte tra il tennis pionieristico e quello moderno, tra racchette di legno e potenza contemporanea.
È morto a 92 anni Nicola Pietrangeli, il principe del tennis italiano
Fu a Parigi che Pietrangeli divenne leggenda. I successi al Roland Garros nel 1959 e nel 1960 segnarono l’ingresso dell’Italia nel grande tennis mondiale. In un’epoca dominata da interpreti di scuola anglosassone e latina, l’azzurro impose tecnica, resistenza e una qualità di gioco che pochi avversari riuscivano a scalfire sulla terra rossa. Il suo stile, fatto di variazioni, pazienza e intelligenza tattica, conquistò pubblico e critici. Quei due titoli rimasero per oltre mezzo secolo l’unico grande Slam italiano nel singolare maschile, fino all’arrivo della generazione recente.
Il cuore azzurro della Coppa Davis
Non meno importante fu la sua militanza nella Coppa Davis, dove Pietrangeli disputò più di cento incontri, divenendo il giocatore italiano più rappresentativo della competizione. Per anni trascinò la squadra nazionale in sfide epiche, segnando un’epoca del tennis di squadra europeo. Più tardi guidò da capitano il team che nella stagione 1976 conquistò la Coppa Davis, unico successo italiano nella competizione. Anche in quel ruolo mostrò carisma e capacità di leadership, contribuendo alla formazione di una cultura tennistica che ha generato negli anni successivi risultati e talenti.
Una personalità che ha superato lo sport
La notorietà di Pietrangeli non si è fermata al campo. La sua figura, elegante e talvolta ironica, è diventata parte dell’immaginario sportivo italiano. Amato dal pubblico, riconosciuto dagli avversari e rispettato dagli addetti ai lavori, ha attraversato per decenni il dibattito sportivo con opinioni spesso dirette, non di rado controcorrente. La sua presenza nei grandi eventi, soprattutto al Foro Italico, aggiungeva un pezzo di memoria e di stile a ogni edizione degli Internazionali d’Italia. Il campo centrale secondario del complesso romano porta il suo nome, a testimonianza del legame ininterrotto con la capitale del tennis italiano.
Una vita anche segnata dal dolore
Negli ultimi anni Pietrangeli aveva dovuto affrontare duri momenti personali, compresa la recente e dolorosa perdita del figlio, un evento che lo aveva segnato nel profondo. Nonostante questo, aveva continuato a mantenere un rapporto stretto con il mondo del tennis, con apparizioni e interviste che ne confermavano lucidità, memoria storica e spirito critico. Il suo modo di vivere lo sport, lontano dalla retorica, lo ha reso una voce unica nel panorama italiano.
L’eredità sportiva e culturale
La morte di Nicola Pietrangeli lascia un vuoto che non riguarda soltanto i risultati sportivi. La sua figura continuerà a rappresentare un riferimento per chi vede nel tennis una disciplina fatta di tecnica, eleganza e intelligenza strategica. A lui si deve una parte fondamentale della crescita culturale del movimento tennistico italiano. Se oggi il tennis nazionale vive una stagione di successi e di entusiasmo, è anche perché Pietrangeli ha aperto la strada quando nessuno era pronto a immaginarlo. Rimarrà simbolo di un’Italia che scopriva il mondo attraverso lo sport e che, attraverso il tennis, imparò a credere di poter competere con i migliori. Un’eredità che sopravviverà nel tempo, come la traccia indelebile che ha lasciato sulla terra rossa.