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Carabinieri a Gaza, l’Italia prepara il dopoguerra

- di: Bruno Coletta
 
Carabinieri a Gaza, l’Italia prepara il dopoguerra
Carabinieri a Gaza, l’Italia prepara il dopoguerra
Addestramento, diplomazia e realtà sul campo: cosa farà davvero Roma.

(Foto: la popolazione di Gaza ha bisogno di tutto, la missione dei carabinieri sarà militare ma anche umanitaria, come nella tradizione della Repubblica italiana).

L’Italia si candida a un ruolo operativo nella fase post-bellica di Gaza. La soluzione più concreta è l’impiego dei Carabinieri per formare e affiancare le future forze di sicurezza locali, replicando schemi già rodati in Cisgiordania e in altri teatri. Come ha spiegato il ministro degli Esteri, “siamo pronti a fare la nostra parte e inviare i nostri carabinieri il giorno dopo la fine del conflitto”.

Cosa c’è sul tavolo

L’opzione italiana si intreccia con i negoziati su tregua e governance di transizione. Il perimetro d’azione includerebbe polizia di prossimità, ordine pubblico graduato, tutela di siti sensibili e supporto alle indagini, in coordinamento con partner europei e regionali.

I precedenti che contano

Non è un esordio: il CoESPU di Vicenza forma da anni unità di polizia di stabilità per ambienti post-crisi; la missione MIADIT Palestina a Gerico ha già addestrato migliaia di operatori su tecniche di polizia, gestione dell’ordine pubblico, investigazioni e tutela del patrimonio culturale.

Il perno di Rafah

Il valico di Rafah resta cruciale per la fase umanitaria e per la riapertura controllata dei transiti. La riattivazione della missione europea al confine con l’Egitto offre un canale operativo per assistenza, controllo e protezione dei flussi.

La cornice politica

La presenza italiana richiede una cornice politica credibile. Il governo punta su un percorso in tre tappe: tregua, accordo politico, ricostruzione. In questo quadro si inseriscono le pressioni internazionali e il lavoro diplomatico che coinvolge attori regionali e Stati Uniti.

Perché proprio i Carabinieri

I Carabinieri, forza di polizia a ordinamento militare, uniscono capacità di mediazione civile e disciplina operativa. Sono strumenti adatti agli spazi grigi del dopoguerra, dove bisogna proteggere i civili, garantire servizi essenziali e ricostruire fiducia tra le parti.

Le condizioni minime

Quattro i prerequisiti: cessate il fuoco verificabile; mandato chiaro (ONU/UE o intesa multilaterale); canali logistici stabili e regole d’ingaggio per la protezione del personale; finanziamento pluriennale e coordinamento con la rete umanitaria.

Cosa aspettarsi subito

Nel giorno dopo la pace, il modello più probabile è train & advise: team dell’Arma a fianco delle unità locali su polizia di prossimità, scene del crimine, sorveglianza dei valichi e protezione delle infrastrutture critiche.

La posta in gioco

Per l’Italia è un test di credibilità nel Mediterraneo. Se l’operazione funziona, Roma consolida il proprio ruolo di fornitore di sicurezza e rafforza i canali con partner europei e arabi; in caso contrario, cresce il rischio di costi reputazionali e operativi. 

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