Tra tribunali e proteste, il braccio di ferro esplode: stop alla Guardia nazionale a Portland, ordinanza anti-raid sui beni comunali a Chicago, scontro sullo shutdown e accuse incrociate in Congresso.
La crisi istituzionale americana accelera. Un giudice federale dell’Oregon, Karin J. Immergut, ha congelato qualsiasi “trasferimento, federalizzazione o dispiegamento” di membri della Guardia nazionale verso lo Stato, dopo che la Casa Bianca aveva tentato di aggirare uno stop precedente inviando riservisti dalla California. La decisione richiama il confine costituzionale tra autorità civile e potere militare e riconosce che l’intervento prospettato non aveva basi sufficienti nell’ordine pubblico. È un colpo politico pesantissimo: Immergut è una togata nominata proprio da Trump.
“Il presidente è in diretta violazione del mio ordine”, ha scritto la giudice nel provvedimento, stendendo il divieto anche a unità provenienti da qualsiasi altro Stato o dal District of Columbia. La Casa Bianca prepara l’appello, ma nel frattempo l’effetto è politico: la narrazione dell’“emergenza urbana” vacilla e riapre la faglia tra amministrazione federale e Stati blu.
Chicago al contrattacco
Mentre Portland si difende in tribunale, Chicago sceglie la via amministrativa. Il sindaco Brandon Johnson ha firmato un’ordinanza che istituisce “zone senza Ice”: scuole, biblioteche, parchi, parcheggi e altri spazi comunali non potranno essere usati come aree di sosta o basi operative per i controlli migratori senza mandati validi. Possono aderire anche soggetti privati, su base volontaria.
“I nostri parcheggi scolastici non sono luoghi per caricare le armi… le nostre biblioteche non servono a preparare un raid”, ha attaccato il sindaco. La città e lo Stato hanno inoltre avviato un’azione legale per impedire al governo di prendere il controllo della Guardia nazionale o di inviare truppe da altri Stati nelle strade di Chicago.
Tensione sul terreno
Agenti federali hanno sparato e ferito una donna nell’area di Chicago durante un’operazione contestata: per il Dipartimento per la sicurezza interna gli agenti sarebbero stati bloccati e speronati da veicoli di manifestanti; secondo media locali e testimoni, la dinamica resta controversa. L’episodio ha alimentato accuse reciproche tra Springfield, il municipio e Washington.
Shutdown in prima settimana
Lo shutdown federale entra nella prima settimana. Senato e Camera si scambiano accuse e ping-pong procedurali: i tentativi di compromesso sono naufragati e lo speaker Mike Johnson si è attestato sulle posizioni della maggioranza, mentre i democratici imputano alla Casa Bianca l’assenza di un canale negoziale efficace. Migliaia di lavoratori federali sono senza stipendio e crescono i timori di licenziamenti strutturali. “Sta succedendo proprio ora. È colpa dei democratici”, rivendica il Presidente.
Perché conta
Precedente giudiziario: il divieto di Immergut apre un fronte sulla federalizzazione della Guardia nazionale, che la Casa Bianca invoca come strumento di ordine pubblico. Se confermato in appello, ridisegna i margini dell’intervento militare interno.
Ribellione municipale: le “zone senza Ice” rafforzano l’arsenale delle città santuario, ma espongono i municipi a possibili ritorsioni finanziarie e nuovi contenziosi.
Economia politica dello shutdown: il blocco prolungato erode fiducia e liquidità nei servizi essenziali; politicamente logora chi governa e incentiva mosse muscolari per ricondurre il dibattito su “ordine e sicurezza”.
Cosa guardare
- L’appello sul caso Oregon e i margini per nuovi dispiegamenti.
- L’impatto reale delle “zone senza Ice” e l’adesione dei privati.
- Lo sbocco dello shutdown: senza 60 voti al Senato l’impasse si allunga.