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America si spacca sul caso Ingrassia: Trump sotto assedio, rivolta Gop

- di: Jole Rosati
 
America si spacca sul caso Ingrassia: Trump sotto assedio, rivolta Gop
L’America si spacca sul caso Ingrassia
Thune stoppa la Casa Bianca: “Non passerà”. Cresce la rivolta Gop sulla nomina al watchdog dei whistleblower.

Il terremoto politico attorno alla nomina di Paul Ingrassia alla guida dell’Office of Special Counsel (OSC), l’authority federale che tutela i whistleblower e vigila sull’imparzialità del pubblico impiego, è esploso a Washington a poche ore dall’audizione al Senato. Il capogruppo repubblicano John Thune ha gelato la Casa Bianca: “Non passerà”, aprendo la strada a una ribellione interna che ora coinvolge esponenti chiave del partito. A innescare la miccia sono chat trapelate in cui al trentenne avvocato vengono attribuiti messaggi razzisti e un’auto-definizione di “vena nazista”, materiale che ha convinto più senatori a sfilarsi dal sostegno.

Perché l’Osc conta davvero

L’OSC è un’agenzia indipendente con un mandato sensibile: proteggere i dipendenti pubblici che segnalano illeciti, vigilare sul rispetto delle leggi sul merito e perseguire le violazioni, compresa la Hatch Act. Metterci al vertice una figura divisiva non è un dettaglio tecnico: tocca la fiducia di milioni di lavoratori federali e il fragile equilibrio fra potere politico e amministrazione.

La diga repubblicana si incrina

Dopo lo scoop sulle chat, Rick Scott, Ron Johnson e James Lankford hanno annunciato l’opposizione alla conferma. Scott è stato netto: “Non lo sostengo. Non riesco a immaginare come si possa essere antisemiti in questo Paese. È sbagliato”. In un Senato spaccato, tre defezioni bastano a far saltare il banco, anche considerando l’eventuale voto di spareggio del vicepresidente J.D. Vance. A questo punto, la strategia di ritirare la nomina – o di rinviare l’audizione prevista davanti alla Homeland Security and Governmental Affairs Committee – è più che un’ipotesi.

Cosa c’è nelle chat

In gruppi di messaggistica privati al candidato vengono attribuite frasi in cui rivendica una “Nazi streak”, offende Martin Luther King Jr. e propone l’abolizione del MLK Day e del Juneteenth, oltre a espressioni razziste verso afroamericani e minoranze asiatiche e indiane, e ammiccamenti a figure dell’estrema destra bianca. La difesa del legale parla di messaggi manipolati, satira o frasi estrapolate.

L’udienza di giovedì è già un referendum

Formalmente l’audizione resta in calendario per giovedì, ma ai corridoi del Senato è cominciata la conta delle mani. Se la Casa Bianca non farà marcia indietro, i repubblicani dissidenti potrebbero costringere a una bocciatura in commissione o in aula. Tradotto: un danno politico secco, proprio mentre l’amministrazione tenta di dettare l’agenda su sicurezza e disciplina del settore pubblico.

Effetti sul sistema

L’OSC non è la procura speciale delle grandi inchieste politiche: è il custode quotidiano delle tutele per chi denuncia abusi e sprechi. Un vertice percepito come ostile alle minoranze o schierato ideologicamente rischia di raffreddare le segnalazioni, intimidire i funzionari e logorare la credibilità dei procedimenti disciplinari.

Casa Bianca nel vicolo stretto

Le opzioni ora sono tre: ritiro della nomina; rinvio per prendere tempo; forzatura verso il voto contando su ricompattamenti all’ultimo. La terza via è la più rischiosa: se va male, lascia una ferita politica aperta.

Le voci

John Thune ha rotto gli indugi: “Non passerà”. Rick Scott ha inchiodato il punto etico: “Non posso sostenere chi pronuncia parole antisemite”. Dalla Casa Bianca, per ora, prevale un silenzio operativo mentre la minoranza democratica chiede il ritiro immediato.

Cosa aspettarsi

Se il ritiro arriva prima di giovedì, la crisi si chiude con un passo indietro e un dossier riaperto da zero. Se si arriva all’udienza, assisteremo a un question time su chat, indipendenza e idoneità. Con tre repubblicani già fuori e altri tentennanti, la bocciatura è lo sbocco più probabile.

Il messaggio all’establishment

In un Paese polarizzato, la scelta delle persone conta quanto dei programmi. Affidare l’arbitro del merito federale a un candidato travolto da chat estreme è apparso a molti repubblicani un azzardo. È un bivio: normalizzare o alzare l’asticella degli standard. Al Senato, a giudicare dall’aria che tira, la seconda linea sta prevalendo. 

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