Report RBS: Italia prima per l'economia circolare, servizi ESG in crescita

- di: Barbara Bizzarri
 
Uno studio di Rome Business School, parte di Planeta Formación y Universidades creato nel 2003 da De Agostini e dal Gruppo Planeta, pubblicato con il titolo “Sostenibilità e responsabilità sociale d’impresa in Italia. Economia circolare e compliance tra PNRR e nuove direttive europee” e curato da Manuel Espinoza, partner di Worth Street Group, Katerina Serada, fondatrice di SDGHub Center for Sustainable Economies and Innovation e Valerio Mancini, Direttore del Centro di Ricerca della Rome Business School, evidenzia i passi da compiere per migliorare l’attuazione dell’Environmental Social Governance, l’impegno dell’Italia in circular economy e il ruolo delle indicazioni geografiche nel rilancio dell’economia. Attualmente, si assiste a una forte espansione in materia di compliance, responsabilità aziendale e di ESG, ossia i criteri di valutazione per misurare e controllare l’impegno in termini di sostenibilità di un’azienda.

Report RBS: Italia prima per l'economia circolare, servizi ESG in crescita

Deloitte stima che i servizi ESG cresceranno a 100 trilioni nel 2025 con un tasso di crescita annuale cumulato del 32,3%. Un incremento importante se si considera che nel 2021, i fondi di investimento globali con clienti ESG sono stati di 46 trilioni di dollari. La nuova direttiva UE sulla responsabilità sociale delle imprese mira ad influenzare e cambiare il modo in cui le imprese operano, aiutandole a trasformare la loro missione e la loro governance, perché tengano conto dell’impatto sociale ed ambientale delle loro operazioni.

“Il nuovo quadro normativo ESG dell'UE richiederà cambiamenti strategici e operativi da parte delle imprese a livello globale, causando la riorganizzazione delle stesse e del loro modo di fare business”, afferma Katerina Serada, tra le autrici della ricerca. Ma, nonostante la notevole crescita delle iniziative in materia di ESG a livello mondiale, è ancora necessario produrre maggiori e migliori dati e prove sui reali effetti positivi di questi, soprattutto in relazione al rispetto dei diritti umani e dell'ambiente, per dimostrare più efficacemente la correlazione tra regolamentazione e risultati reali.
Il cambiamento climatico è un rischio finanziariamente rilevante per le società quotate in borsa e si colloca in cima alla lista delle preoccupazioni degli investitori (GIEC, 2021). È quindi importante migrare a nuovi sistemi di consumo e produzione che abbiano al centro la sostenibilità.

Per questo motivo, nel 2022 l’Unione Europea ha stabilito dei criteri di rendicontazione obbligatori per le grandi imprese e le PMI che verranno quotate a partire dal 2024. Questi criteri cercheranno di promuovere comportamenti aziendali sostenibili che, per Manuel Espinoza, tra gli autori della ricerca, “non riguardano solo gli standard di rendicontazione, bensì si tratta di costruire una nuova società adatta in vista di un futuro più sostenibile”.
Secondo l’OSCE, le catene circolari del valore possono aiutare le aziende a soddisfare i nuovi standard di fare impresa, in particolare le PMI, che in Italia rappresentano il 99,9% del totale delle imprese operanti sull'intero territorio nazionale. L’adozione di politiche economiche sostenibili e legate alla circular economy potrebbero rispondere alle crescenti sfide ambientali e i rischi aziendali legati alla volatilità dei prezzi sui mercati delle materie prime, dalle quali l’economia europea è fortemente dipendente. Attualmente, l’Italia ha la dipendenza dal commercio internazionale più alta della media del G20, un grande rischio sistemico e geoeconomico per la competitività dell'industria italiana. Tuttavia la transizione verso modelli di business più sostenibili non è semplice. Secondo uno studio della Commissione Europea del 2020, solo il 37% delle imprese UE intervistate svolge attualmente la due diligence in materia di ambiente e diritti umani e solo il 16% copre l'intera catena di fornitura. Ciononostante, secondo il 4° Rapporto sull’Economia Circolare in Italia, la nazione è in testa per i “trend di circolarità”, confermandosi quindi come il Paese con maggiore incremento nelle proprie performance in materia di economia circolare negli ultimi cinque anni tra le cinque principali economie europee. Il Bel Paese, infatti, ottiene 20 punti, Germania e Polonia sono classificate in seconda posizione, mentre Spagna e Francia hanno totalizzato 14 punti.

Per l’Italia sono stati inseriti dei nuovi meccanismi di compliance per il settore della Pubblica Amministrazione, con una serie di riforme che mirano a garantire la corretta adozione del PNRR con compiti di rendicontazione e coordinamento fra la Commissione UE e il Governo nazionale, semplificazione della burocrazia e rafforzamento della capacità amministrative. Il PNRR può rappresentare quindi per l'Italia non soltanto un'occasione finanziariamente rilevante ma anche un “appuntamento unico per metabolizzare in ogni amministrazione un concetto di compliance sostanziale fondato su una visione integrata dell'agire amministrativo, cogliendo nella prevenzione della corruzione, nella parità di genere, nella privacy by default, e tanti altri campi”, sottolinea Valerio Mancini, fra gli autori della ricerca.
Per creare una società più sostenibile, questione dirimente è la gestione dei rifiuti, che genera circa 13 miliardi di fatturato e in Italia impiega 95 mila persone. Lungo la penisola, le Regioni più indietro rispetto alle normative in quest’ambito sono Sardegna, Abruzzo e Umbria; mentre Campania ed Emilia-Romagna stanno compiendo dei passi importanti e Toscana e Trentino-Alto Adige sono in forte consolidamento. Particolare importanza ai fini della sostenibilità hanno anche i sistemi e gli standard di qualità che possono svolgere un ruolo fondamentale nel promuovere l'economia circolare e a zero emissioni. A livello europeo, l'area mediterranea rappresenta quasi il 70% di tutti i prodotti con Indicazione Geografica registrati nel continente. L'Italia è in testa alla classifica, seguita da Francia, Spagna, Portogallo e Grecia, ma il riscaldamento del pianeta e il cambiamento climatico stanno provocando dei cambiamenti che richiederanno una rivalutazione dei prodotti e di come vengono lavorate le materie prime a disposizione.

Secondo un Rapporto Ismea-Qualivita nel dicembre 2021 si contavano 3.249 prodotti DOP IGP STG nel mondo, di cui 3.043 registrati nei Paesi europei: l’Italia ne detiene il primato con 841 prodotti certificati. Questi prodotti rappresentano sul territorio italiano il 19% del fatturato totale dell'agroalimentare e costituiscono un solido traino per l’economia e l’export nazionale con circa 9,5 miliardi di euro di entrate, pari al 20% delle esportazioni italiane del settore nel 2020. Attualmente, le prime cinque regioni che superano un miliardo di valore economico delle filiere IG sono: Veneto (3,7 mld €), Emilia-Romagna (3,3 mld €) e Lombardia (2,1 mld €). Al riguardo, Katerina Serada ha dichiarato: “Abbiamo bisogno di un dialogo aperto con gli stakeholders a livello regionale e nazionale. Inoltre, è necessario incrementare il dialogo tra le autorità di certificazione, i produttori, e i principali esperti in materia di cambiamenti climatici, in modo da affrontare sinergicamente le sfide future delle certificazioni IG in Italia nel contesto degli impatti della crisi climatica e formare così una base solida per una strategia di sviluppo di un’economia IG italiana sostenibile, resiliente ed innovativa”.

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