Il dibattito sulla Brexit rientra dalla porta dell’economia e spacca il Labour. A riaccenderlo è Wes Streeting, ministro della Salute e figura di peso del governo, che chiede apertamente il rientro del Regno Unito in un’unione doganale con l’Unione europea come leva per rilanciare crescita e investimenti.
Regno Unito, la Brexit torna al centro: Streeting spinge per l’unione doganale con l’Ue
Una posizione che mette in difficoltà il primo ministro Keir Starmer, da sempre fermo sulla linea rossa: niente ritorno a un assetto che possa compromettere gli accordi commerciali extra-Ue.
Il colpo economico della Brexit
In un’intervista all’The Observer, Streeting parla senza giri di parole di un «colpo economico enorme» inferto dalla Brexit e sostiene che «il modo migliore per rilanciare la crescita è un rapporto commerciale più profondo con l’Ue». Un giudizio che intercetta un malessere diffuso nell’elettorato laburista: secondo un sondaggio di YouGov per The Times, l’80% dei votanti Labour sarebbe favorevole a un ritorno nell’unione doganale.
Il messaggio è chiaro: l’economia britannica continua a pagare il prezzo di barriere commerciali più alte, frizioni doganali e minore attrattività per gli investimenti. E il tema, rimasto a lungo politicamente tossico, torna a essere centrale nel confronto interno al partito di governo.
La linea rossa di Starmer
La presa di posizione del ministro arriva però in aperto contrasto con la strategia del premier. Starmer ha più volte ribadito che rientrare nell’unione doganale metterebbe a rischio gli accordi commerciali negoziati con Stati Uniti e India, oltre a riaprire una frattura politica che il Labour punta invece a ricomporre. L’obiettivo dichiarato di Downing Street resta un «reset» pragmatico dei rapporti con Bruxelles, senza mettere in discussione l’architettura post-Brexit.
Streeting riconosce che il riavvicinamento avviato dal governo è «un buon inizio», ma lo considera insufficiente a recuperare i benefici persi con l’uscita dal mercato unico e dall’unione doganale. Da qui la conclusione: la domanda di un legame più stretto con l’Europa non è ideologica, ma economica e ormai maggioritaria nel Paese.
Il rischio politico e la sfida interna
Le parole del ministro non passano inosservate a Westminster. Fonti governative citate dal Times accusano Streeting di «preparare il terreno» per una futura sfida alla leadership. Lui respinge l’idea di un calcolo personale, ma lancia un messaggio politico netto: «Non vinceremo le prossime elezioni cercando di essere più Reform di Reform», ma puntando sui valori e su una proposta economica credibile.
Un tabù che si incrina
Il risultato è che uno dei tabù più sensibili dell’era post-Brexit torna nel dibattito pubblico. Non come promessa di rientro nell’Ue, ma come discussione sui costi reali dell’uscita e sulle opzioni per ridurli. Per il governo Labour è un equilibrio delicato: tenere aperto il dialogo con Bruxelles senza riaccendere lo scontro politico che aveva lacerato il Paese. Ma la pressione economica, e quella interna al partito, sembrano destinate a crescere.