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Il vento gelido dell'Atlantico: Starmer tra Trump e l'ombra del Cremlino

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Il vento gelido dell'Atlantico: Starmer tra Trump e l'ombra del Cremlino

Keir Starmer atterra a Washington con la consapevolezza che il suo viaggio segnerà uno snodo cruciale nei rapporti tra Europa e Stati Uniti. Il premier britannico, al suo primo grande banco di prova internazionale, si prepara a incontrare Donald Trump, tornato alla Casa Bianca con un'agenda che mette in fibrillazione gli alleati europei. Il messaggio di Starmer è diretto: “Il mondo sta diventando sempre più pericoloso, è più importante che mai restare uniti fra alleati”.

Il vento gelido dell'Atlantico: Starmer tra Trump e l'ombra del Cremlino

Ma la domanda è un’altra: Trump è disposto a garantire questa unità?

Dall’altra parte dell’Atlantico, la risposta non è scontata. L’ex presidente, con il suo approccio imprevedibile, ha spesso manifestato scetticismo verso la NATO e un ridimensionamento dell’impegno americano negli equilibri globali. La sua linea sul conflitto ucraino, più orientata al pragmatismo economico che alla difesa di un ordine internazionale condiviso, inquieta le cancellerie europee, Londra compresa.

L'Atlantico si stringe o si frantuma?
Starmer non è solo il primo leader europeo a confrontarsi con il nuovo corso trumpiano, ma anche il portavoce di un’Europa che teme di restare orfana della protezione americana. Se Trump dovesse ridurre il sostegno militare a Kiev o rivedere gli impegni con la NATO, il Vecchio Continente si troverebbe a fronteggiare una Russia sempre più aggressiva senza il tradizionale scudo statunitense.

Il Regno Unito, storico ponte tra Washington e Bruxelles, si trova ora in una posizione delicata: da un lato, l’urgenza di rinsaldare il legame con gli Stati Uniti; dall’altro, la necessità di dimostrare alla UE che Londra non sarà solo una sponda passiva delle scelte di Washington. Per Starmer, il rischio è quello di apparire come un leader che chiede protezione a un Trump che, invece, guarda altrove.

Mosca chiude ogni spiraglio
Se a Washington l’incertezza regna sovrana, a Mosca la posizione è cristallina. Il Cremlino ha ribadito, ancora una volta, che i territori occupati in Ucraina sono “indivisibili” dalla Russia e non saranno mai oggetto di trattativa. Dmitry Peskov, portavoce di Putin, ha scandito parole pesanti come pietre, chiudendo ogni spiraglio alla possibilità di negoziati che prevedano una restituzione di Donetsk, Lugansk, Zaporizhzhia e Kherson a Kiev.

Per Starmer, questo significa una cosa sola: il tempo stringe. Se Trump dovesse davvero tagliare il sostegno all’Ucraina o costringere Kiev a un accordo svantaggioso con Mosca, la mappa dell’Europa potrebbe cambiare in modo irreversibile.

Il futuro di Kiev appeso a un filo
Il governo ucraino segue con ansia gli sviluppi dell’incontro a Washington. Zelensky sa bene che il destino del suo Paese non si gioca solo sul campo di battaglia, ma anche nelle stanze della Casa Bianca e nei colloqui tra Trump e gli alleati occidentali.

Se gli Stati Uniti dovessero ridurre l’invio di armi e finanziamenti, l’Ucraina si troverebbe in una posizione di estrema vulnerabilità. E mentre Starmer cerca di convincere Trump dell’importanza di un fronte compatto contro Mosca, in Europa cresce la consapevolezza che l’ombrello americano potrebbe non essere più così ampio e sicuro come in passato.

Il dilemma di Starmer
Per il premier britannico, questa missione americana non è solo un atto diplomatico, ma una prova di leadership. Riuscirà a convincere Trump a mantenere l’impegno con l’Europa? O sarà costretto a tornare a Londra con la consapevolezza che l’era della certezza atlantica è finita?

Starmer ha ragione a chiedere unità. Il problema è che, da Washington a Mosca, nessuno sembra disposto a concedergliela.

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