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Tesla rallenta in Cina: vendite giù del 10% a ottobre

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Tesla rallenta in Cina: vendite giù del 10% a ottobre

Il dragone elettrico si muove più lentamente. Anche Tesla, la creatura globale di Elon Musk, scopre che in Cina la strada verso il futuro può avere curve inattese.
A ottobre le vendite di auto prodotte nella gigafactory di Shanghai sono scese del 9,9% su base annua, fermandosi a 61.497 unità. È la fotografia impietosa scattata dalla China Passenger Car Association (Cpca), l’ente che monitora il mercato automobilistico del Paese più popoloso (e più competitivo) del mondo.

Tesla rallenta in Cina: vendite giù del 10% a ottobre

Un calo che pesa, perché arriva dopo il lieve rimbalzo di settembre (+2,8%), e soprattutto perché coinvolge i modelli di punta, la Model 3 e la Model Y, simboli dell’elettrico “di lusso”.
La discesa mese su mese è ancora più brusca: -32,3% rispetto a settembre.

Shanghai, laboratorio del capitalismo elettrico
La fabbrica di Tesla a Shanghai, inaugurata nel 2019 come primo stabilimento interamente straniero in territorio cinese, è diventata un’icona della globalizzazione industriale.
Produce per il mercato interno, ma anche per l’Europa, l’India e altri Paesi emergenti.
Oggi, però, quel modello si incrina sotto il peso della nuova guerra dei prezzi e della concorrenza cinese.

Il rivale storico, Build Your Dreams (Byd), che negli ultimi due anni aveva superato Tesla come primo produttore mondiale di auto elettriche, ha segnato anch’esso una frenata: -12% di vendite globali a ottobre, il secondo mese consecutivo di calo e il peggior risultato in due anni.
Segno che anche per i campioni del Dragone l’euforia dell’e-mobility si sta scontrando con la realtà di un mercato saturo, competitivo e affollato di nuovi marchi.

La guerra dei prezzi e il fattore Musk
Il rallentamento di Tesla in Cina non è un incidente isolato.
Negli ultimi mesi l’azienda ha lanciato una serie di tagli aggressivi ai prezzi per difendere le quote di mercato, alimentando una corsa al ribasso che ha ridotto i margini di profitto e seminato incertezza tra i concorrenti.
Un gioco rischioso, in un Paese dove il governo sostiene apertamente i marchi locali e dove l’innovazione tecnologica corre più veloce delle strategie aziendali.

La “gigafactory” di Shanghai resta comunque una colonna portante della produzione globale di Tesla, ma il suo peso strategico è sempre più condizionato da scelte geopolitiche: la guerra commerciale tra Stati Uniti e Cina, i dazi incrociati, i sospetti di spionaggio tecnologico.
Musk, da parte sua, continua a giostrarsi tra diplomazia e business: un piede a Washington, l’altro a Pechino, cercando di mantenere l’equilibrio su un filo che si fa ogni mese più sottile.

La sfida cinese all’impero dell’elettrico
Il rallentamento di Tesla coincide con un momento di profonda trasformazione del mercato cinese.
Le vendite di auto elettriche, dopo anni di crescita vertiginosa, mostrano i primi segnali di raffreddamento: la domanda interna rallenta, i sussidi statali si riducono, la concorrenza interna esplode.
Nel 2024 si sono affacciati oltre 100 nuovi marchi di veicoli elettrici, molti sostenuti da governi locali e da giganti della tecnologia come Huawei e Xiaomi.
Una giungla industriale dove sopravvivere non è più questione di prestigio, ma di efficienza, innovazione e prezzo.

Byd, Geely, Nio e Xpeng stanno riscrivendo le regole del gioco: puntano su modelli a basso costo, con batterie sempre più leggere e software integrati con l’intelligenza artificiale.
Tesla, abituata a dettare lo stile, ora deve difendersi sul suo stesso terreno: quello della disruption.

L’Europa osserva, gli Stati Uniti si allarmano
Intanto l’Europa guarda con interesse – e con timore – alla sfida cinese.
Gran parte delle auto elettriche vendute nel Vecchio Continente arriva proprio dalle fabbriche cinesi, comprese quelle di Tesla.
Bruxelles ha aperto un’indagine per verificare i sussidi di Stato concessi da Pechino ai produttori locali, temendo un’“invasione” di veicoli low cost.
Un equilibrio delicato, in cui l’Italia gioca di rimessa, tra incentivi alle auto verdi e timori per la sorte della sua industria automobilistica tradizionale.

Cina laboratorio del futuro (ma con più concorrenza che mai)
Il calo delle vendite non significa fine di un ciclo, ma inizio di una nuova fase.
Il mercato dell’elettrico cinese sta diventando adulto: meno boom e più selezione naturale.
Chi non innova, scompare. Chi abbassa troppo i prezzi, brucia liquidità. Chi non ha una visione a lungo termine, resta indietro.

Tesla lo sa.
La sua forza resta la capacità di reinventarsi: nuovi modelli, nuove batterie, nuove fabbriche.
Ma la Cina non è più il terreno docile di cinque anni fa. È un’arena dove anche il più potente degli innovatori deve faticare per restare in piedi.

Morale: anche l’elettrico ha bisogno di energia umana
Nel mondo di Musk, dove tutto è algoritmico e automatizzato, ottobre ricorda che l’economia resta fatta di cicli, persone e limiti.
Nemmeno l’elettricità può evitare le scosse.

La rivoluzione dell’auto verde continua, ma non più come prima: più complessa, più competitiva, più cinese.
E per Tesla, che ha costruito il suo mito sul mito dell’invincibilità, questo rallentamento è un segnale da non ignorare.

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