Elena Bottinelli: "Gli undici punti per rilanciare la sanità italiana"

- di: Redazione
 
Il qualificatissimo Tavolo di lavoro “Sanità” di Task Force Italia (TFI), una vera a propria filiera della Sanità, ha messo a punto 11 Piani di intervento tra loro collegati presentandoli al Governo come suggerimenti concreti ed elementi di riflessione di stimolo. Intervista all’ingegner Elena Bottinelli, AD Irccs Ospedale San Raffaele, dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi e membro del Tavolo Sanità di TFI.

Lei fa parte del Tavolo di lavoro ‘Sanità’ di Task Force Italia (TFI). Qual è l’obiettivo (o gli obiettivi) principali che si è prefisso questo Tavolo, alla luce del confronto fra i differenti stakeholder pubblici e privati della filiera della salute (aziende, erogatori sanitari e sociosanitari, Università, Istituzioni) presenti in TFI? Quale valenza strategica ha, in questo contesto, la collaborazione tra i soggetti del sistema?
Ho aderito molto volentieri a Task Force Italia perchè condivido l’importanza di supportare le istituzioni nel capire e nell’individuare quali siano le reali e prioritarie esigenze per rilanciare l’Italia nel post-Covid. Il confronto e l’integrazione con gli altri stakeholder pubblici e privati è, senza dubbio, il vero valore aggiunto di questo tavolo di lavoro: da questo confronto sono emersi 11 punti che abbiamo trasmesso al Viceministro alla Salute, Pierpaolo Sileri, allo scopo di supportare il Ministero stesso nel processo di analisi e comprensione delle esigenze di chi si trova concretamente sul campo. Il progetto, già molto interessante sulla carta, si è confermato valido anche nella realtà: tutti gli attori hanno offerto il proprio contributo sulle esigenze principali, presentandole direttamente alle istituzioni.

Ognuno di questi punti ha in sé una sua completezza o questa è determinata dallo sviluppo degli altri? In altre parole, qual è il livello di sinergia tra gli 11 Piani di intervento?
Gli 11 Piani di intervento possono sembrare tanti, ma alla fine sono tutti strettamente collegati fra loro. Siamo riusciti ad approfondire alcune tematiche fondamentali, fra le quali l’incremento del personale sanitario per allinearsi alla media UE nel rapporto medici/cittadini, ma che risulta essere anche una naturale conseguenza della riqualificazione del patrimonio tecnologico e dell’automazione dei processi sanitari. Per governare ed ordinare questa trasformazione verso il digitale è necessario un personale interamente formato e dedicato a riguardo: questo significa attuare un programma di assunzione e un rafforzamento di alcune aree, soprattutto quelle inerenti alla medicina territoriale e domiciliare. I punti, connessi fra loro, rappresentano la sintesi di ciò che auspichiamo ma, al tempo stesso, sono anche le esigenze elencate nel Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. La sintesi della medicina e dell’assistenza territoriale, il digitale, la tecnologia e la rete degli Irccs (intesa come valore sia dal punto di vista della trasferibilità della ricerca, sia come creazione di una rete di patologia che possa dare un contributo al sistema nella riorganizzazione di questi nuovi modelli di ospedali in contatto con il territorio) sono tutti elementi che abbiamo elencato negli 11 punti e che abbiamo riscontrato anche fra le priorità indicate dal governo. Siamo molto soddisfatti di aver prodotto un’efficace sintesi poi validata anche dalle istituzioni.

Quali sono le proposte elaborate sui punti chiave dell’incremento del personale del Servizio sanitario nazionale e della riqualificazione del patrimonio tecnologico e automazione dei processi sanitari?
Da una parte abbiamo il concetto numerico: è emersa l’esigenza di avere un numero più elevato di infermieri, medici e specialisti. I numeri devono, però, andare necessariamente di pari passo con la formazione e, da questo punto di vista, evidenziamo ancora una forte differenza fra l’Italia e gli altri Stati europei. In realtà sanitarie altamente specializzate e tecnologicamente avanzate è fondamentale avere figure adeguatamente formate. Innovazione tecnologica, sviluppo del digitale e formazione del personale devono andare di pari passo e devono viaggiare insieme per portare avanti questo cambiamento.

Si è parlato tanto, nei mesi scorsi, di una visione della Servizio sanitario nazionale che ha al suo centro gli ospedali, e di un’altra visione che invece punta sui servizi territoriali. Quale dovrebbe essere, a suo parere, la combinazione ottimale tra queste due visioni?
La parola d’ordine dovrebbe essere legata al concetto di appropriatezza. Abbiamo visto le mancanze della medicina territoriale e abbiamo implementato un modo diverso di gestire alcune prestazioni, con la definizione di nuovi percorsi diagnostici terapeutici e la promozione di un’assistenza domiciliare che arrivi anche alla diagnostica. Questo significa che entrambe le realtà, ospedali e assistenza territoriale, sono strategiche e complementari e il paziente può e deve trovare le risposte alle sue esigenze nel setting a lui più adeguato. Gli ospedali spesso soffrono l’arrivo al pronto soccorso di pazienti che potrebbero essere gestiti sul territorio e altresì spesso sono in difficoltà nel dimettere un paziente che, seppur guarito, necessita di un’assistenza domiciliare. In assenza di una sinergia efficace tra ospedale e territorio il carico del sistema sanitario ricade pesantemente sugli ospedali che vanno poi in sofferenza. Per quanto riguarda i finanziamenti, è necessario ottimizzare le risorse ma è altresì necessario trovare i fondi per recuperare le liste di attesa tenendo conto della situazione di oggi, particolarmente critica per gli arretrati dei pazienti che non sono stati gestiti in questo anno e mezzo di pandemia.

Capitolo ricerca scientifica: qual è l’obiettivo che avete cercato di cogliere e quale il piano d’azione per poterlo realizzare? E sul fronte dell’equilibrio tra manager sanitari e livello politico cosa si può e si deve migliorare?
Abbiamo voluto valorizzare la rete degli Irccs, una rete unica sul territorio internazionale: non c’è alcuno Stato che abbia degli Istituti e delle strutture ospedaliere di ricerca così come le ha identificate il nostro Ministero della Salute. Questo network di IRCCS merita di essere valorizzato per l’eccellenza che rappresenta nell’attività di ricerca di base e di ricerca traslazionale, cioè la capacità di trasferire al paziente i risultati del laboratorio ( e viceversa) sia rispetto allo sviluppo di farmaci e device sia per l’implementazione di modelli organizzativi che potrebbero essere utilizzati dal Ministero per migliorare i processi organizzativi al fine di garantire cure più efficaci e percorsi assistenziali più moderni. Questo processo virtuoso porta con sé un ulteriore valore aggiunto: la possibilità di trasformare le idee in brevetti e arrivare a fondare nuove startup che contribuiscano al rilancio dell’economia (tra l’altro in questo momento ci sono anche moltissimi investitori esteri che hanno fondi da investire nel settore del bio e medtech. Si tratta, quindi, di valorizzare delle competenze che già esistono oggi all’interno degli Irccs per raggiungere risultati anche nel breve termine. Per quanto riguarda la scelta dei manager sanitari abbiamo pensato alla creazione di un albo nazionale con profili altamente formati che costituiscano un pool di esperti tra i quali gli enti regionali possono individuare le figure più capaci e formate per garantire il processo di trasformazione in atto nel mondo sanitario nel medio e lungo periodo. E’ importante anche valorizzare figure più giovani con respiro internazionale e dare più spazio alle donne. Abbiamo imparato che un ospedale deve essere flessibile, potersi trasformare come avvenuto in pandemia. Per questo chi lo guida deve essere una persona competente in materia, non solo un bravo manager.

Lei è AD dell’Irccs Ospedale San Raffaele e dell’Irccs Istituto Ortopedico Galeazzi. Quale valore aggiunto, quali sensibilità e visione derivanti dalla sua competenza ed esperienza professionale pensa di aver portato nel Tavolo ‘Sanità’ di TFI?
Il mio contributo è stato il punto di vista di un ospedale di ricerca e ho molto insistito sul valore degli Irccs a livello sovraregionale perché per la loro natura e struttura non sono realtà locali ma competono a livello internazionale. Ho trasmesso anche l’esperienza che deriva dal confronto costante coi clinici e le esigenze dei loro pazienti. Pensiamo, ad esempio, al progetto di telemedicina che il San Raffaele ha sviluppato in questo anno e mezzo di pandemia, con più di 10mila pazienti iscritti. Il valore aggiunto è stato inquadrare le difficoltà dei pazienti e le esigenze dei clinici e implementare un progetto come la telemedicina che ci ha permesso di raggiungere anche regioni d’Italia che pativano il fatto di non poter sfruttare la mobilità in questa fase emergenziale. Un altro tema sul quale mi sono molto spesa riguarda la capacità di creare valore dalle idee che nascono all’interno di un ospedale: il San Raffaele ha prodotto 533 brevetti ed è il primo centro ospedaliero italiano in questo settore. Questo nostro contributo può diventare fondamentale per il sistema. Ho cercato, quindi, data la mia esperienza specifica come amministratore di questi due ospedali, di offrire elementi concreti a questa Task Force al fine di parlare per esperienze dirette.
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