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Trump detta, Seoul firma: il patto da 450 miliardi che ribalta i dazi

- di: Marta Giannoni
 
Trump detta, Seoul firma: il patto da 450 miliardi che ribalta i dazi
Trump detta, Seul firma: il patto da 450 miliardi che ribalta i dazi
La Corea del Sud accetta il 15% di tariffe sulle sue esportazioni verso gli Usa, apre a merci americane e promette maxi investimenti. In cambio, Trump annuncia dazi zero per gli Stati Uniti e si intesta ogni decisione.
(Foto: il presidente sudcoreano Lee Jae Myung, a sinistra, con il premier britannico Starmer, a destra).

Un’intesa squilibrata in stile “America First”: più che un accordo, una resa

L’annuncio è arrivato con toni trionfali su Truth Social: “Un accordo commerciale completo con la Corea del Sud”, ha scritto il presidente Donald Trump il 30 luglio 2025, alla vigilia della scadenza unilaterale da lui imposta per l’imposizione di nuovi dazi. Ma a leggere bene i dettagli, l’intesa assomiglia più a un diktat che a una trattativa fra pari.

Seul accetta dazi del 15% sulle esportazioni verso gli Stati Uniti, mentre Washington mantiene il suo mercato completamente aperto ai prodotti americani. Non solo: la Corea del Sud si è impegnata a realizzare investimenti per 450 miliardi di dollari in territorio statunitense, di cui 350 miliardi saranno “controllati dagli Usa” e “selezionati personalmente” da Trump, come ha precisato lui stesso. Altri 100 miliardi riguarderanno l'acquisto di GNL o altri prodotti energetici made in USA.

L’intesa verrà formalizzata durante la visita del presidente sudcoreano Lee Jae Myung alla Casa Bianca nelle prossime due settimane. Ma i contenuti principali sono già stati annunciati dallo stesso Trump e confermati da fonti coreane.

L’accordo in cifre: dazi e denaro

Il patto stabilisce che gli Stati Uniti impongano dazi del 15% su tutte le merci sudcoreane, incluse auto, elettronica, semiconduttori e tessile. Ma i prodotti americani – dalle automobili ai camion, dai prodotti agricoli ai macchinari industriali – entreranno in Corea del Sud senza dazi, limiti o restrizioni. L’unica eccezione riguarda carne bovina e riso, che continueranno a essere soggetti a regolamentazioni locali.

Quanto agli investimenti, la somma complessiva annunciata è 450 miliardi di dollari, di cui 100 per il settore energetico. I restanti 350 miliardi, definiti “controllati dagli Stati Uniti”, dovrebbero finanziare progetti nei settori tecnologie verdi, cantieristica navale, infrastrutture per i microchip e ricerca nucleare avanzata.

Trump accentra, Lee concede

“Abbiamo negoziato un accordo incredibile. Gli Stati Uniti non pagano nulla, la Corea ci apre le sue frontiere commerciali e versa centinaia di miliardi per investimenti che gestiremo noi. È una vittoria per il popolo americano”, ha scritto Trump su Truth.

Ma in Corea del Sud le reazioni sono contrastanti. Il presidente Lee Jae Myung, eletto a giugno, ha difeso l’intesa come “una garanzia di stabilità per le nostre esportazioni verso il mercato più grande del mondo”. Tuttavia, l’opposizione sudcoreana ha parlato di “accordo sbilanciato e umiliante” e chiesto che il parlamento venga coinvolto prima della ratifica definitiva.

Una linea che si ripete: l’asse Tokyo-Bruxelles-Seul

L’accordo con Seul ricalca lo schema già visto con Giappone e Unione Europea: minacce di dazi pesantissimi, poi marcia indietro in cambio di aperture commerciali e investimenti miliardari. Con il Giappone, a giugno, Trump aveva negoziato un’intesa simile: dazi limitati, impegni energetici, accesso prioritario al mercato americano per le imprese Usa. Con l’Europa, la tensione è ancora alta dopo l’imposizione di dazi al 25% su auto e componentistica, con Berlino e Bruxelles impegnate a trovare un compromesso che eviti il collasso del settore automotive.

L’analista commerciale Jacob Funk Kirkegaard ha definito la strategia di Trump “una forma di neo-mercantilismo in salsa autoritaria. Il potere contrattuale non è basato su standard o regole condivise, ma su paura e pressione politica bilaterale”.

Il nodo energetico e il ritorno al GNL

Uno degli elementi centrali è l’acquisto da parte sudcoreana di 100 miliardi di dollari di gas naturale liquefatto (GNL) o “altri prodotti energetici americani”. L’obiettivo di Trump è rilanciare l’industria energetica Usa, messa in difficoltà dalla transizione green e dalle politiche ambientali degli stati democratici. La Corea, fortemente dipendente da fonti fossili esterne, ha accettato l’accordo per evitare sanzioni, ma l’Associazione coreana per l’energia pulita ha criticato “l’assenza totale di impegni per l’idrogeno verde o le rinnovabili”.

Un’America sempre meno multilaterale

Ciò che più colpisce è la natura bilaterale, punitiva e personalistica dell’accordo. Gli investimenti saranno “selezionati da me, in quanto presidente”, ha ribadito Trump. Nessun riferimento a organismi multilaterali, a norme dell’OMC, né a organismi di garanzia indipendenti.

Secondo l’editorialista economico Paul Krugman, “l’accordo con Seul è l’ennesima dimostrazione che sotto Trump l’America non vuole più regole: vuole controllo, profitto diretto e sottomissione dei partner”.

Un patto asimmetrico, che alza la posta globale

In attesa dell’incontro bilaterale alla Casa Bianca, previsto per il 12 agosto, l’accordo con la Corea del Sud alza l’asticella anche per altri Paesi. Sarà difficile per l’Unione Europea, già alle prese con i dazi su auto e champagne, ottenere condizioni migliori. E il messaggio per Pechino è chiarissimo: se vuoi vendere in America, devi pagare in anticipo, accettare squilibri e lasciarti gestire.

La Corea del Sud ha perso la sua sovranità economica

Quello che Trump definisce un “accordo storico” con Seul è, nei fatti, una forzatura bilaterale da 450 miliardi a senso unico. La Corea del Sud incassa l’accesso al mercato americano, ma in cambio si assume oneri giganteschi e cede parte della sua sovranità economica. Il presidente Lee accetta, forse perché costretto dal peso geopolitico. Ma resta la domanda: che tipo di partner è un’America che ti chiede di investire a comando per non essere punito?

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