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Washington ricatta le aziende europee: via le politiche inclusive o stop contratti. Francia si ribella, Italia zitta

- di: Bruno Coletta
 
Washington ricatta le aziende europee: via le politiche inclusive o stop contratti. Francia si ribella, Italia zitta
È una pretesa che puzza di fondamentalismo e puzza forte. L’amministrazione Trump ha chiesto formalmente alle aziende europee che lavorano con il governo americano – comprese imprese italiane – di cancellare ogni politica di diversità, equità e inclusione (DEI), pena l’esclusione dagli appalti. Una minaccia nuda e cruda, veicolata attraverso le ambasciate Usa a Parigi, Madrid e presto Roma. Ecco cosa significa oggi avere rapporti con un’America piegata al fanatismo culturale dei suoi elettori evangelici.
Il caso è esploso in Francia, dove l’ambasciata statunitense ha inviato lettere a società come Orange – partecipata pubblica – chiedendo di certificare il pieno allineamento all’ordine esecutivo firmato da Donald Trump il 21 febbraio: stop a ogni agevolazione basata su genere, etnia, disabilità o orientamento sessuale. “Un’ingerenza inaccettabile”, ha replicato con fermezza il governo Macron, annunciando che “Francia ed Europa difenderanno i propri valori”.

“O con noi o fuori”: l’estorsione trumpiana
Secondo quanto riportato da Reuters e El País, le lettere pretendono un riscontro entro cinque giorni: le aziende devono dichiarare nero su bianco di non adottare alcun criterio inclusivo per assunzioni o promozioni, pena l’esclusione dai bandi. Se non accettano, dovranno fornire “motivazioni dettagliate” da inoltrare all’ufficio legale dell’amministrazione americana. Un ricatto in piena regola, mascherato da procedura federale.
Il diktat si estende ora all’Italia. Interpellata dal Corriere della Sera, l’ambasciata Usa a Roma ha rifiutato di commentare “singole operazioni”, limitandosi a confermare che “le procedure sono in linea con le politiche del governo federale”. Tradotto: anche alle imprese italiane verrà chiesto di adeguarsi al nuovo corso oscurantista della Casa Bianca.

La crociata reazionaria di Trump
L’ordine esecutivo firmato da Trump bolla le politiche DEI come “pericolose, degradanti e immorali”. Secondo il testo, “minano l’unità nazionale” e “negano i valori americani del duro lavoro e del merito individuale”. Un linguaggio da teocrazia sudista, non da potenza liberale. Ma è esattamente questa la direzione imboccata da Washington: imporre un’ideologia che nega l’esistenza stessa della discriminazione, riscrivendo la realtà per via amministrativa.
Persino la CIA, il Pentagono e le agenzie federali sono state costrette a cancellare ogni programma di inclusione. Ora la guerra culturale si esporta, con lo stesso spirito con cui un tempo si esportava la democrazia. Non più valori universali, ma dogmi confessionali, direttamente dettati dal blocco MAGA: Make America God Again.

L’Europa davanti allo specchio

La Francia ha reagito con fermezza. Il ministero del Commercio estero ha denunciato “le ingerenze americane nelle politiche di inclusione delle imprese francesi”, legando l’offensiva anche alle recenti minacce di dazi. Ma altrove regna il silenzio. Né Berlino né Roma hanno finora assunto una posizione pubblica. Un vuoto politico pericoloso, che incoraggia Washington a continuare la sua offensiva.
Eppure la posta in gioco è altissima. Accettare che un governo straniero possa decidere quali valori debbano ispirare la gestione delle risorse umane in Europa significa rinunciare alla propria sovranità culturale e legittimare l’esportazione di un modello regressivo e autoritario.

Quando i diritti diventano “reati”
Le politiche DEI non sono una moda woke. Sono il frutto di decenni di lotte per l’uguaglianza e l’equità. In molti Paesi europei sono diventate prassi ineludibile, perché fondate sul riconoscimento delle diseguaglianze sistemiche. Per Trump, invece, sono “discriminazione illegale”. È una torsione ideologica che criminalizza chi prova a correggere gli squilibri, trasformando in “favoritismo” ogni forma di giustizia sociale.
Questa dottrina fa presa perché parla il linguaggio dell’America bianca, maschilista e cristiana. È il collante del blocco elettorale che ha riportato Trump al potere. Ma è anche la più grande minaccia alla credibilità internazionale degli Stati Uniti. Lo scrive il Wall Street Journal – non certo un foglio progressista – nel suo editoriale intitolato Che cosa ha MAGA contro l’Europa?”. La risposta è chiara: tutto ciò che è aperto, libero, diverso.

Un bivio per l’Occidente

L’alleanza atlantica non è mai stata così fragile. Non solo sul piano militare ed economico, ma ora anche sul terreno dei valori. L’America che chiede agli alleati europei di abiurare l’inclusione è la stessa che sdogana il razzismo, la misoginia e l’autoritarismo. È tempo che l’Europa lo riconosca e agisca di conseguenza.
Difendere le politiche DEI non è un atto simbolico. È un obbligo morale e strategico. È la prova di maturità di un continente che non può più accettare di prendere ordini da una superpotenza malata di estremismo religioso.

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