L’America ha voltato pagina, o meglio, è tornata al punto di partenza. Donald Trump è di nuovo alla Casa Bianca e il suo messaggio non lascia spazio a interpretazioni: l’Europa deve pagare di più per la propria sicurezza e non può più contare sulla protezione incondizionata degli Stati Uniti. Washington non è più disposta a essere il garante globale senza un tornaconto economico e strategico adeguato.
Trump rimescola le carte, Macron prova a giocare la sua partita. Ma l’Europa è davvero pronta?
E qui entra in scena Emmanuel Macron, che non ha intenzione di fare la parte del comprimario. Durante la conferenza stampa alla Casa Bianca, il presidente francese ha sfidato apertamente la narrazione trumpiana, dichiarando che l’Europa ha coperto «il 60% dello sforzo totale» per sostenere Kiev. Un’affermazione che non è solo un dato contabile, ma un manifesto politico: l’UE non è più – o almeno non vuole più essere – l’appendice fragile dell’alleato americano.
Ma la realtà è più complessa. Perché se è vero che gli europei hanno mobilitato risorse imponenti, è altrettanto vero che l’architettura della sicurezza europea continua a dipendere dall’ombrello americano. E Trump lo sa bene.
Il gioco di Trump: meno NATO, più business
Non è un caso che il presidente americano abbia ripreso il suo vecchio cavallo di battaglia: la NATO. «Se non pagate, difendetevi da soli», ha detto ai partner europei, lasciando intendere che gli Stati Uniti potrebbero riconsiderare la loro presenza militare nel continente. Un déjà-vu della sua prima presidenza, quando arrivò a minacciare il ritiro dall’alleanza atlantica.
Ma questa volta il messaggio è ancora più netto. Trump non si accontenta di una semplice redistribuzione dei costi. Vuole che l’Europa rinegozi la sua posizione strategica su più livelli: dalle forniture militari agli accordi energetici, passando per il commercio e i rapporti con la Cina.
E qui il gioco si fa duro. Perché mentre Macron prova a presentare l’Europa come un blocco coeso, la realtà è un’altra. Berlino guarda con preoccupazione al futuro del commercio transatlantico. Roma cerca di non irritare troppo Washington. Varsavia e i Paesi baltici, spaventati dalla minaccia russa, sono più allineati a Trump che a Macron.
L’Europa, insomma, è divisa. E il presidente francese lo sa bene: la sua battaglia non è solo con Trump, ma con un continente che fatica a trovare una voce unica.
Il nodo Ucraina: chi pagherà il conto?
Il primo banco di prova sarà l’Ucraina. Washington ha già fatto capire che gli aiuti americani non saranno più scontati. E se gli Stati Uniti dovessero ridurre il loro impegno, il peso della guerra ricadrebbe inevitabilmente sulle spalle europee.
Qui Macron gioca d’anticipo e prova a blindare il sostegno a Kiev. Ma il problema non è solo economico. La guerra sta diventando un tema sempre più divisivo all’interno dell’UE. In Germania cresce la fronda che chiede di rivedere le sanzioni alla Russia. In Ungheria, Viktor Orbán continua a fare da ponte con Mosca. In Italia, il governo Meloni si muove con prudenza, attento a non esporre troppo il Paese su un dossier sempre più impopolare.
Trump osserva e aspetta. Sa che, con il passare del tempo, il sostegno europeo all’Ucraina potrebbe sgretolarsi sotto il peso delle difficoltà economiche e delle pressioni interne. E a quel punto sarà lui a dettare le condizioni, con un’Europa più debole e più ricattabile.
Macron contro tutti, ma ha davvero le carte in mano?
In questo contesto, Macron si ritrova a giocare una partita complessa. Da un lato, cerca di accreditarsi come il leader di un’Europa autonoma, capace di parlare con una sola voce. Dall’altro, deve fare i conti con la realtà: senza un consenso solido dentro l’UE, le sue dichiarazioni restano poco più che slogan.
C’è poi un altro elemento da considerare. Per quanto il presidente francese cerchi di smarcarsi, l’Europa continua a essere legata a doppio filo agli Stati Uniti. Militarmente, economicamente, strategicamente. E Trump lo sa. La sua strategia è chiara: esasperare le divisioni europee, spingere i governi a contrattare bilateralmente con Washington e ridimensionare il ruolo delle istituzioni comunitarie.
La domanda, dunque, non è se Macron riuscirà a tenere testa a Trump. Ma se l’Europa riuscirà a tenere testa a sé stessa. Perché il vero pericolo non è tanto la pressione americana, quanto l’incapacità del Vecchio Continente di darsi una direzione chiara.
E Trump, che conosce bene le debolezze europee, è pronto ad approfittarne.