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Trump affonda nei sondaggi: l’America si scopre sempre più divisa

- di: Bruno Legni
 
Trump affonda nei sondaggi: l’America si scopre sempre più divisa
Economia, migranti, proteste: fiducia a picco, moderati in fuga.
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Una presidenza sotto assedio
La presidenza Trump sta attraversando uno dei momenti più critici del secondo mandato. Secondo il sondaggio Quinnipiac del 9 giugno 2025, il gradimento complessivo del Presidente è sceso al 38 %, con un netto incremento del tasso di disapprovazione, oggi al 57 %. È il dato più basso da gennaio e segna un’inversione di tendenza rispetto alle prime settimane post-elezione, quando il gradimento era sopra il 45 %.
Più di tutto, però, è il segnale politico a preoccupare la Casa Bianca: la perdita di fiducia tocca ormai anche parte dell’elettorato moderato, quel “muro di centro” che aveva tenuto sotto controllo l’effetto polarizzazione nel 2024. Ora le crepe sono visibili e profonde.
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I numeri dell’economia non convincono più
L’America di Trump si scopre economicamente nervosa. Secondo un’indagine Reuters/Ipsos solo il 37 % degli americani approva la sua gestione dell’economia, mentre il 56 % teme una recessione nel secondo semestre. Il calo del potere d’acquisto, l’inflazione in risalita e il blocco degli investimenti internazionali — effetto collaterale del protezionismo trumpiano — cominciano a farsi sentire.
Il Dow Jones ha registrato una perdita cumulata del 7 % in sei settimane, con fughe di capitali verso il Sud-Est asiatico e nuove tensioni commerciali con l’Unione Europea. “La retorica muscolare non crea crescita”, ha attaccato la Nobel per l’economia Esther Duflo il 5 giugno al MIT Policy Forum di Boston. “Questa è una politica dirigista travestita da sovranismo”.
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Migranti, tra consenso e durezza
Sull’immigrazione Trump ha sempre goduto di un certo consenso, ma ora il vento cambia. Il recente blocco ai visti per studenti stranieri, la decisione di escludere Harvard dai fondi federali per le proteste nei campus e l’espulsione di oltre 15.000 migranti senza processo hanno incrinato l’immagine presidenziale.
Secondo CBS/YouGov il 54 % degli americani sostiene le espulsioni, ma solo il 40 % si dice soddisfatto dell’intera gestione della questione migratoria. Nel Midwest, dove Trump aveva vinto nel 2024 con margini risicati, il calo di approvazione è di 8 punti in due mesi.
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Proteste e soldati in strada: una miscela tossica
L’operazione “American Order”, che ha visto l’invio di oltre 4.000 tra militari e riservisti per sedare le proteste a Los Angeles, Denver, Atlanta e Chicago, ha segnato un punto di non ritorno. Le immagini di Marines in assetto da guerra nei campus universitari e gli arresti indiscriminati durante manifestazioni pacifiche hanno fatto il giro del mondo.
Secondo un sondaggio Washington Post/Schar School, il 47 % degli americani disapprova l’uso delle forze armate per reprimere le proteste, con punte del 63 % tra gli indipendenti e del 71 % tra gli under 35.
Il commento più duro è arrivato da Sunny Hostin su The View: “Questa è repressione di Stato. E ogni giorno ci avviciniamo a qualcosa che non è più democrazia”.
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Le reazioni: l’America è divisa
Il governatore della California, Gavin Newsom, ha definito l’intervento militare “un abuso di potere che nessuna Costituzione può tollerare”. Ha già presentato ricorso alla Corte Suprema, appoggiato da altri 14 Stati a guida democratica.
Anche Alexandria Ocasio-Cortez ha lanciato un duro attacco: “Stiamo perdendo l’anima della nostra democrazia. Trump ha trasformato i soldati in una milizia personale”. Più cauto il leader democratico al Senato Chuck Schumer, che invita a “non radicalizzare le opposizioni, ma riformare le istituzioni”.
Dall’altra parte, Ron DeSantis, ora segretario alla Sicurezza nazionale, ha rivendicato l’operazione: “L’alternativa sarebbe stata la guerra civile urbana. Trump ha mostrato leadership”. Un linguaggio che sa di militarismo più che di democrazia.
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La base repubblicana regge, ma scricchiola
Trump può ancora contare su una base repubblicana compatta: l’84 % degli elettori del GOP approva l’uso della forza e il 76 % ritiene giusta la stretta sui visti universitari. Ma è nei collegi fluttuanti che le cose si complicano. I democratici hanno riconquistato 3 distretti congressuali tra maggio e giugno in consultazioni speciali, con margini anche superiori al 10 %.
Un segnale? Forse sì. E lo sa anche Trump, che secondo indiscrezioni (NBC News) avrebbe già commissionato sondaggi riservati in Ohio, Wisconsin e Nevada per testare l’impatto delle proteste sulla sua presidenza.
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Stati Uniti in apnea
Il quadro è nitido: Trump ha radicalizzato la sua presidenza, affidandosi sempre più all’apparato militare e meno alle mediazioni politiche. Ma in questa “politica del comando”, perde consenso tra chi chiede protezione senza repressione, crescita senza guerre commerciali, ordine senza paura.
In gioco non c’è solo la sua rielezione, ma il modello democratico americano. Un sondaggio Gallup del 3 giugno mostra che il 62 % degli americani teme che “la democrazia stia regredendo”. Il dato più alto dal 1973.
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L’America è spaccata, e stavolta non basta un tweet
Nel 2024 Trump era stato rieletto promettendo “legge e ordine”. Ma, a un anno dalla vittoria, l’America è più caotica, più arrabbiata, più sola. I sondaggi non sono numeri: sono crepe. E oggi, la frattura tra l’uomo alla Casa Bianca e il Paese che dovrebbe rappresentare non è mai stata così profonda.

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