Donald Trump si prepara a un possibile faccia a faccia con Vladimir Putin. Il presidente americano, in un momento in cui i dossier internazionali si fanno sempre più incandescenti, ha lasciato intendere che la sua disponibilità al dialogo con il leader del Cremlino è totale. “Dipende solo da lui se imporremo sanzioni”, ha dichiarato in una conferenza stampa alla Casa Bianca, rilanciando l’iniziativa diplomatica in una fase in cui le tensioni con Mosca sembrano aver raggiunto un nuovo picco.
Trump apre a un incontro con Putin: “Sanzioni? Dipende solo da lui”
Secondo quanto trapela da fonti diplomatiche, l’amministrazione Trump avrebbe autorizzato il proprio inviato speciale, Jason Witkoff, a presentare a Mosca una proposta negoziale articolata: riconoscimenti territoriali parziali nei territori contesi e una graduale revoca delle sanzioni occidentali in cambio di una de-escalation militare. Una mossa che segnerebbe una svolta sostanziale rispetto all’approccio dell’amministrazione precedente, molto più rigido nei confronti del Cremlino.
Putin frena sull'incontro a tre: “Non ci sono le condizioni”
L’entusiasmo americano per una ripresa del dialogo non trova però, al momento, un’accoglienza piena a Mosca. Putin, interpellato dalla stampa russa, ha dichiarato che “non ci sono le condizioni” per un incontro a tre con Trump e Zelensky, come pure si era ipotizzato negli scorsi giorni. Una frenata che segnala tutte le difficoltà del momento: da un lato la Russia è sotto pressione economica e politica per via delle sanzioni internazionali, dall’altro il Cremlino intende negoziare da una posizione di forza, senza cedere al pressing occidentale.
Il presidente russo ha anche smentito indirettamente l'urgenza di un colloquio con Zelensky, ribadendo che un incontro bilaterale con Trump resta possibile ma non scontato. Il quadro resta dunque fluido, con l’ultimatum posto da Washington che scade oggi e che potrebbe condizionare le prossime mosse dei due leader.
Meloni si muove: telefonate con Trump, Zelensky e il principe Al Nahyan
In parallelo, anche l’Italia prova a ritagliarsi un ruolo nella mediazione. La presidente del Consiglio Giorgia Meloni ha avuto in giornata colloqui separati con Trump, con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky e con il principe ereditario degli Emirati Arabi Uniti, Mohammed bin Zayed Al Nahyan. “Serve una pace giusta e duratura”, ha affermato Meloni, sottolineando l’urgenza di un percorso negoziale che porti a una stabilizzazione dell’area.
Fonti di Palazzo Chigi parlano di una “forte convergenza” tra l’Italia e gli Stati Uniti sul metodo: pressioni calibrate su Mosca, incentivi alla trattativa, coinvolgimento di attori terzi arabi per facilitare la transizione. Il coinvolgimento degli Emirati – già centrali nei colloqui sulla crisi energetica – viene letto come un tentativo di allargare il fronte dei mediatori, nella speranza di aggirare l’impasse tra i due schieramenti.
L’Europa osserva, divisa sulle sanzioni
Mentre a Washington si definisce il profilo di un eventuale compromesso, l’Unione Europea appare più cauta. Alcuni governi, come quello tedesco e francese, restano contrari a qualsiasi concessione territoriale alla Russia, temendo il precedente geopolitico. Altri, come l’Ungheria e la Slovacchia, spingono invece per un’intesa rapida che permetta di archiviare il conflitto e di alleviare le conseguenze economiche interne.
Nel frattempo, le condizioni sul campo restano critiche. Le forze ucraine, pur continuando a difendere le posizioni nel Donbass, ammettono difficoltà logistiche, mentre le truppe russe rafforzano le linee difensive. Il timore condiviso è che, in assenza di uno scatto diplomatico, la guerra possa trascinarsi ancora per mesi, con conseguenze imprevedibili anche sul piano politico interno nei principali paesi coinvolti.
Trump accelera, il tempo stringe
Trump, sempre più proiettato verso la campagna elettorale, sembra voler bruciare le tappe sul fronte internazionale. Fonti vicine al presidente americano confermano che la finestra per un accordo potrebbe chiudersi “entro l’autunno”, quando entrerà nel vivo la corsa per la riconferma alla Casa Bianca. In quel contesto, la gestione della crisi russo-ucraina potrebbe diventare uno degli assi portanti della sua narrazione: l’uomo forte che chiude le guerre e riporta l’ordine.
Tuttavia, il rischio di un’escalation resta concreto. Un passo falso potrebbe riportare le tensioni al punto di rottura. E se Putin rifiuterà ogni compromesso, lo scenario di nuove sanzioni e isolamento internazionale tornerà all’orizzonte. Per ora, i riflettori restano puntati su Washington e Mosca. I prossimi giorni saranno decisivi.