Giovedì a Istanbul si consumerà uno degli snodi più delicati del conflitto ucraino. Lo ha annunciato Volodymyr Zelensky, che in un discorso tenuto nella tarda serata ha ribadito quanto sia determinante l’incontro in programma con la delegazione russa: “Può segnare la fine della guerra”, ha dichiarato.
Zelensky crede nella tregua, Trump rilancia: Istanbul crocevia della guerra in Ucraina
L’ottimismo del presidente ucraino si accompagna a una nuova fase diplomatica, alimentata anche dalla dichiarazione del presidente americano Donald Trump, in carica da oltre cento giorni: “Credo che la Russia accetterà una tregua di 30 giorni. Potrei essere presente a Istanbul”. L’idea che Trump intervenga di persona al vertice non è affatto remota, anzi viene definita plausibile da diverse fonti del Dipartimento di Stato, mentre a Kiev si attende con prudenza la conferma di Mosca.
Il ruolo delle cancellerie europee e la posizione italiana
Nelle stesse ore, a Londra si è tenuta la riunione del gruppo di Weimar, dove il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha guidato il confronto tra i sei maggiori paesi dell’Europa centro-occidentale. L’esito più rilevante è stato l’annuncio di una task force Ue-Kiev per rafforzare il coordinamento diplomatico e logistico con l’Ucraina.
Il progetto, sostenuto anche da Germania e Francia, prevede un coinvolgimento diretto delle strutture comunitarie nella preparazione del negoziato. Intanto Giorgia Meloni, da Roma, ha ribadito la linea italiana: “L’unica pace possibile è quella che garantisce sicurezza e piena sovranità all’Ucraina”. La premier ha insistito sulla necessità di non cedere al ricatto russo e ha sottolineato come l’Italia continui a lavorare a stretto contatto con Washington e le principali capitali alleate.
Mosca frena e accusa il linguaggio europeo
Dal Cremlino, la risposta è più opaca. Dmitrij Peskov, portavoce ufficiale della presidenza russa, ha affermato che il linguaggio usato dai leader europei “è inopportuno e poco costruttivo”, lasciando intendere che Mosca non considera ancora maturi i tempi per una tregua. Dietro le parole di circostanza, però, si muove un’attività intensa sul piano dell’intelligence e dei contatti multilaterali. Gli osservatori più esperti notano che la Russia, pur rifiutando di apparire indebolita, è sotto pressione su più fronti: dalle sanzioni economiche al logoramento progressivo del fronte orientale, fino all’isolamento crescente nei consessi internazionali. La riapertura di canali con Pechino e alcuni segnali distensivi intercettati nei colloqui informali con la Turchia sembrano confermare l’interesse del Cremlino a sondare una tregua condizionata.
Trump e la strategia americana per il Medio Oriente e l’Europa
Trump, che ha annunciato la possibilità di recarsi personalmente a Istanbul, prepara nel frattempo una missione diplomatica che lo porterà nei prossimi giorni a Riad, Abu Dhabi e Doha. Obiettivo: saldare un asse strategico tra le monarchie del Golfo e l’amministrazione statunitense, offrendo garanzie di stabilizzazione non solo per il fronte mediorientale, ma anche come piattaforma di influenza per il negoziato ucraino. Da settimane la Casa Bianca lavora a una rete di impegni incrociati che coinvolge anche Israele, Egitto e il Qatar. In questo contesto, il ritorno di Trump alla ribalta internazionale non è solo formale: rappresenta un cambio di passo nella gestione delle crisi, in linea con un approccio più muscolare ma anche più diretto rispetto agli anni precedenti.
Meloni e Tajani nel baricentro diplomatico europeo
L’Italia ha intensificato nelle ultime ore la propria azione diplomatica. Tajani è stato tra i promotori della proposta di task force, mentre Meloni ha ribadito il ruolo “costruttivo ma fermo” che Roma intende mantenere. Il governo italiano considera strategico l’asse con Polonia, Grecia e Spagna, e sta lavorando a una piattaforma di consultazione permanente sui temi della sicurezza europea, a partire dall’evoluzione del conflitto in Ucraina. L’ipotesi di una tregua a tempo determinato, accompagnata da un tavolo permanente sotto egida Onu-Ue, è quella più sostenuta da Palazzo Chigi, ma non trova ancora consenso pieno a Berlino e Parigi.