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Tumori, lo sport entra nella terapia: così il microbiota attiva le cellule T e rafforza l’immunoterapia

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Tumori, lo sport entra nella terapia: così il microbiota attiva le cellule T e rafforza l’immunoterapia

Per anni l’attività fisica è stata considerata un fattore di prevenzione. Oggi la ricerca mostra che può diventare parte integrante della strategia terapeutica contro i tumori. Un nuovo studio internazionale, presentato in ambito oncologico e già destinato ad avere ricadute cliniche, ha individuato il meccanismo che collega movimento ed efficacia delle difese immunitarie: l’esercizio modifica la composizione del microbiota intestinale e induce la produzione di un metabolita capace di potenziare le cellule T citotossiche, quelle direttamente coinvolte nell’attacco alle cellule maligne. È un passaggio che trasforma il concetto di “beneficio generale” in un’azione immunologica misurabile e replicabile.

Tumori: il microbiota attiva le cellule T e rafforza l’immunoterapia

Il microbiota funge da cerniera tra attività fisica e sistema immunitario. Alcuni batteri intestinali, stimolati dall’esercizio costante, aumentano la sintesi di metaboliti che raggiungono i linfonodi, dove modulano la maturazione e la funzionalità delle cellule T. In questo modo l’organismo diventa più pronto a riconoscere e colpire le cellule tumorali. È un paradigma nuovo: non si tratta di una reazione indiretta legata al miglioramento del tono generale, ma di una cascata biochimica che coinvolge immunità innata e adattativa. L’attività fisica, di fatto, si comporta come un cofattore terapeutico.

Un effetto che si somma alle immunoterapie
Il dato più rilevante è l’effetto sinergico osservato sui pazienti che già ricevono immunoterapia. Le cure che agiscono “sbloccando” le difese immunitarie possono trovare nello stile di vita un amplificatore biologico. L’esercizio non sostituisce i farmaci ma aumenta la capacità delle cellule T di attivarsi e di mantenere nel tempo la risposta. Non è necessario uno sforzo agonistico: ciò che conta è la continuità. Per la medicina oncologica questo significa poter associare ai piani farmacologici un “allenamento prescrittivo”, calibrato in base alla fragilità del paziente, con un impatto non solo metabolico, ma immunologico.

Prevenzione e terapia diventano un continuum
La novità sta nell’abbattere la barriera tra prevenzione e cura. Finora si riteneva che il movimento fosse utile soprattutto prima dell’insorgenza della malattia; i nuovi dati mostrano che resta efficace anche quando la patologia è in corso. L’esercizio regolare riduce l’infiammazione cronica di basso grado, migliora l’ossigenazione dei tessuti e crea un microambiente meno favorevole alla progressione tumorale. La modulazione del microbiota integra questo effetto, trasformando l’intestino in una sorta di “laboratorio immunitario” collegato in tempo reale alla risposta terapeutica.

Cosa può cambiare nei protocolli clinici
Il passo successivo sarà tradurre questi risultati in linee guida. In alcune strutture oncologiche si sta già sperimentando l’inserimento di programmi di attività fisica supervisionata all’interno dei percorsi personalizzati, soprattutto nelle terapie a base di anticorpi monoclonali e farmaci checkpoint. I ricercatori ritengono che in futuro la prescrizione di movimento potrà essere dosata come un farmaco, con intensità, frequenza e durata commisurate allo stato clinico e alla risposta immunitaria. Ciò richiederà un coordinamento più stretto tra oncologi, nutrizionisti, fisiologi dell’esercizio e servizi di supporto territoriale.

Un tassello nuovo nella medicina di precisione
L’effetto microbiota-sistema immunitario non è uniforme per tutti: proprio per questo la nuova frontiera è l’integrazione tra profilo batterico individuale e personalizzazione della cura. La medicina di precisione non riguarda più solo il bersaglio molecolare del tumore, ma anche l’ambiente biologico in cui la terapia agisce. Lo sport, da fattore esterno, diventa elemento interno alla risposta terapeutica. È un cambio di prospettiva che allinea stili di vita, biologia e farmacologia, aprendo uno scenario in cui muoversi non significa soltanto prevenire, ma migliorare l’esito delle cure.

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