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Ue indaga su Google per l’uso dei contenuti degli editori

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Ue indaga su Google per l’uso dei contenuti degli editori

La Commissione europea apre un altro fronte nella lunga partita di regolazione che da anni la oppone ai colossi digitali statunitensi. Questa volta sotto la lente c’è Google, sospettata di aver utilizzato i contenuti prodotti da editori, siti d’informazione e creator di YouTube per addestrare i propri sistemi di intelligenza artificiale generativa, senza autorizzazione e senza compenso. Una questione che non riguarda soltanto il copyright: riguarda la concorrenza, la trasparenza e l’equilibrio di potere nel nuovo ecosistema dell’IA.

Ue indaga su Google per l’uso dei contenuti degli editori

Secondo Bruxelles, Google potrebbe aver alimentato servizi come “Panoramiche AI” e le nuove risposte conversazionali integrate nella Ricerca attingendo a testi giornalistici, analisi, approfondimenti e materiali protetti dal diritto d’autore. Il problema non è solo che gli editori non vengono pagati: è che non possono nemmeno rifiutare l’uso dei propri contenuti senza temere un calo della visibilità online, poiché gran parte del traffico passa inevitabilmente dalla Ricerca. Un modello che rischia di trasformare l’obbligo di consenso in un automatismo privo di alternative reali.

Il caso YouTube, dove i creator diventano training data
La seconda preoccupazione riguarda la piattaforma video più usata al mondo. I creatori che caricano contenuti su YouTube devono accettare clausole ampie sull’uso dei loro materiali, incluse quelle che consentono a Google di impiegarli per scopi di addestramento dell’IA. In cambio, però, non ricevono alcuna remunerazione.
A questo si aggiunge un ulteriore squilibrio: mentre Google può utilizzare internamente tutti i contenuti caricati, gli altri sviluppatori di IA non possono farlo. La piattaforma, per la sua stessa natura, diventa così un bacino di informazioni gigantesco a cui solo un attore ha accesso. È questo che preoccupa l’Antitrust: se la base dati non è equa, il mercato non può esserlo.

L’effetto leva che rischia di consolidare un monopolio invisibile
Il vantaggio competitivo che deriva dal disporre di enormi quantità di dati non è teorico: è il cuore delle tecnologie generative. Più materiali si utilizzano, più i modelli diventano potenti, capaci, attrattivi per utenti e imprese. Se una sola piattaforma può nutrirsi di tutta la produzione editoriale e audiovisiva globale, mentre i concorrenti sono esclusi, il mercato si polarizza inevitabilmente. Google diventa un “gatekeeper” non solo della Ricerca, ma dell’intero mondo dei contenuti utili all’addestramento. È qui che l’Europa vede il rischio di un danno sistemico.

Editor i e creator tra diritti sbilanciati e assenza di tutela
Da anni editori e autori denunciano la difficoltà di far valere i propri diritti nel mondo digitale. Con l’arrivo dell’IA generativa, la questione cambia dimensione: non si tratta più solo di visibilità o di citazioni, ma di accesso a interi archivi, usati come materia prima per sistemi che generano testi, immagini e video in grado di competere con i contenuti originari. Senza regole chiare, il rischio è che gli autori diventino fornitori involontari di valore, mentre i colossi dell’IA si appropriano del prodotto finale.

Perché questa indagine è diversa dalle altre
L'Europa ha già imposto multe miliardarie a Google per abusi di posizione dominante, ma il terreno dell’IA è più scivoloso. Qui non si tratta solo di competizione economica: si parla del controllo sulla conoscenza, sulla cultura, sull’informazione.

L’indagine potrebbe costringere Google a:

- Introdurre meccanismi di opt-out realmente efficaci;

- Pagare i titolari dei contenuti utilizzati;

- Limitare o cambiare l’uso di materiali raccolti senza consenso;

- Rendere trasparenti i dataset di addestramento.

Un intervento del genere avrebbe conseguenze enormi sull’intero settore, ben oltre il singolo caso.

Washington osserva, Bruxelles guida la battaglia regolatoria

Non è un dettaglio da poco che questa iniziativa arrivi mentre negli Stati Uniti il dibattito sulla regolazione dell’IA è ancora acerbo. L’Europa, già con il DMA e l’AI Act, sta tentando di definire standard globali. Ma la tensione geopolitica è evidente: sempre più spesso le indagini Ue colpiscono big tech americane, alimentando la percezione di uno scontro transatlantico sul terreno strategico del digitale.
Nel caso Google, l’Europa non contesta la tecnologia: contesta il modo in cui viene costruita.

Il valore dei contenuti nell’epoca dell’algoritmo

Questa vicenda mette in luce un’idea semplice e insieme rivoluzionaria: nell’era dell’IA, i contenuti umani sono risorse strategiche, come lo sono state un tempo le materie prime industriali. Chi li controlla, controlla lo sviluppo dell’intelligenza artificiale. La domanda che Bruxelles pone — chi li usa, a quali condizioni e con quale compenso — è destinata a diventare una delle più importanti del prossimo decennio.

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