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La Sapienza ancora prima al mondo per gli studi classici, ma le università italiane arretrano nel ranking globale

- di: Sveva Faedda
 
La Sapienza ancora prima al mondo per gli studi classici, ma le università italiane arretrano nel ranking globale

Per il quinto anno consecutivo, l’Università La Sapienza di Roma si conferma il miglior ateneo al mondo per gli studi classici e la storia antica, consolidando un primato che ribadisce l’eccellenza italiana in questo ambito accademico. A sancirlo è l’edizione 2025 del QS World University Rankings by Subject, uno dei più autorevoli report globali che valutano la qualità degli istituti di istruzione superiore.

La Sapienza ancora prima al mondo per gli studi classici, ma le università italiane arretrano nel ranking globale

La leadership della Sapienza nel settore degli studi classici rappresenta un riconoscimento di grande prestigio, testimoniando l’altissimo livello della ricerca e dell’insegnamento nelle discipline umanistiche. Questo risultato si inserisce in un contesto più ampio che vede l’Italia al settimo posto nel mondo per la qualità complessiva delle università e al secondo in Europa, dietro la Germania.

Un sistema accademico in difficoltà: le sfide dell’università pubblica
Tuttavia, il quadro generale non è altrettanto positivo. Nessun ateneo italiano è riuscito a rientrare tra le prime cento università a livello globale. Il miglior piazzamento è quello del Politecnico di Milano, che si attesta al 111º posto nella classifica generale. Anche l’Alma Mater di Bologna si distingue, posizionandosi tra le prime 150 università mondiali.

Altri istituti italiani hanno ottenuto buoni risultati in specifici settori disciplinari:

L’Università Iuav di Venezia continua a essere un punto di riferimento nel campo dell’architettura e del design.

La Bocconi si distingue per l’economia e la gestione aziendale.

L’Università di Pisa conferma il suo valore in ambito scientifico.

Nonostante questi successi, il posizionamento complessivo del sistema accademico italiano mostra segni di arretramento. A dominare il ranking globale sono ancora gli Stati Uniti, con Harvard e il Massachusetts Institute of Technology (MIT) ai vertici. L’assenza delle università italiane tra le prime cento evidenzia un divario crescente rispetto ai migliori atenei del mondo, suggerendo la necessità di investimenti e strategie più incisive per rafforzare la competitività del sistema universitario nazionale.

Ma cosa sta causando questo arretramento? Un elemento chiave è il sottodimensionamento delle risorse finanziarie destinate agli atenei pubblici rispetto ad altri Paesi europei e nordamericani. Le università italiane, in particolare quelle pubbliche, soffrono per la riduzione dei finanziamenti statali, che si traduce in un minor numero di docenti per studente, infrastrutture spesso obsolete e una minore capacità di attrarre talenti dall’estero.

Pubblico vs privato: chi offre una migliore formazione?
Nel confronto tra università pubbliche e private, emergono differenze significative che possono influenzare la qualità della formazione e le prospettive occupazionali degli studenti.

Le università pubbliche in Italia, come La Sapienza, l’Università di Bologna o il Politecnico di Milano, vantano un alto livello di ricerca e una tradizione accademica consolidata, oltre a una grande varietà di corsi di studio. Tuttavia, soffrono di sovraffollamento delle aule, carenza di finanziamenti e talvolta di processi burocratici lenti che ostacolano l’innovazione e la rapidità di adattamento ai cambiamenti del mercato del lavoro.

D’altro canto, le università private come la Bocconi, la LUISS o la Cattolica possono contare su maggiori risorse economiche, corsi di laurea più specializzati e un forte legame con le imprese. La loro forza risiede nella qualità dell’insegnamento, nella possibilità di offrire esperienze internazionali e nell’elevato tasso di occupazione dei laureati. Tuttavia, il costo elevato delle rette rende questi atenei accessibili solo a una fascia ristretta della popolazione, limitando la loro inclusività.

Un dato interessante è quello relativo all’occupabilità post-laurea: secondo diverse analisi, i laureati delle università private hanno generalmente una maggiore probabilità di trovare lavoro rapidamente e con stipendi più elevati rispetto a quelli delle università pubbliche, grazie a percorsi formativi più mirati e a network consolidati con il mondo aziendale. Tuttavia, le università pubbliche offrono una formazione più ampia e multidisciplinare, con una ricerca di altissimo livello in molte discipline.

Investire nell’università per il futuro del Paese
Il declino delle università italiane nei ranking internazionali sottolinea l’urgenza di investimenti strutturali. Serve una politica universitaria più ambiziosa, che garantisca finanziamenti adeguati, incentivi alla ricerca e maggiore internazionalizzazione. Senza un deciso intervento per rafforzare il sistema pubblico, il divario con gli atenei stranieri rischia di ampliarsi ulteriormente, penalizzando le nuove generazioni e il futuro dell’Italia nel panorama accademico globale.

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