L’inflazione statunitense rialza la testa e mette in discussione le aspettative sui futuri tagli dei tassi da parte della Federal Reserve. A gennaio, il Consumer Price Index (CPI) è salito del 3% su base annua, un dato superiore alle previsioni degli analisti, che indicavano un rallentamento al 2,9%. Anche l’inflazione core, che esclude alimentari ed energia, ha mostrato segni di resistenza, attestandosi al 3,9%.
USA: inflazione sopra le attese, Fed cauta sui tassi. Trump incalza Powell
I numeri odierni confermano che la battaglia della Fed contro l’inflazione non è ancora vinta. Sebbene il dato sia in netto calo rispetto ai picchi del 2022, la traiettoria non è ancora chiara e la banca centrale non intende rischiare di allentare la presa troppo presto.
Powell frena sui tassi: "Prematuro tagliare ora"
L’inflazione sopra le attese ha subito rimescolato le carte sul tavolo della Federal Reserve. Se fino a qualche settimana fa il consenso di mercato prevedeva un possibile primo taglio dei tassi a marzo o maggio, il nuovo scenario rende più probabile un rinvio verso la seconda metà del 2024.
Il presidente della Fed Jerome Powell ha ribadito un messaggio di cautela, sottolineando che “è prematuro discutere di un allentamento della politica monetaria”, vista la persistenza di una certa pressione inflazionistica. Secondo Powell, la banca centrale vuole essere sicura che l’inflazione stia convergendo stabilmente verso il target del 2% prima di intervenire sui tassi.
Il capo della Fed ha anche risposto alle crescenti pressioni politiche, sottolineando che non ha alcuna intenzione di dimettersi, neanche se richiesto esplicitamente da esponenti politici. Un chiaro messaggio in direzione di Donald Trump, che nelle ultime settimane ha attaccato apertamente la politica della banca centrale.
Trump alza il pressing: "Giù i tassi subito"
Con le elezioni presidenziali all’orizzonte, il tema della politica monetaria sta diventando sempre più centrale nel dibattito politico. Donald Trump, ormai proiettato verso la nomination repubblicana, ha criticato duramente la Fed, sostenendo che i tassi di interesse elevati stanno danneggiando la crescita economica e mettendo sotto pressione il mercato immobiliare e i consumi.
"Bisogna abbassare i tassi immediatamente. La politica della Fed sta rallentando la ripresa e penalizzando le famiglie americane", ha dichiarato l’ex presidente, che già in passato aveva avuto scontri con Powell durante il suo mandato alla Casa Bianca.
Dall’altra parte, la Casa Bianca ha puntato il dito contro Biden, attribuendogli la responsabilità dell’aumento dei prezzi, accusandolo di aver alimentato una dinamica inflazionistica difficile da domare. Per i repubblicani, le misure di stimolo adottate dall’amministrazione democratica hanno contribuito a mantenere un’inflazione elevata, costringendo la Fed a mantenere una politica monetaria restrittiva più a lungo del previsto.
Mercati in tensione, il rischio di un rinvio sui tagli
I nuovi dati sull’inflazione hanno avuto un impatto immediato sui mercati finanziari. Wall Street ha aperto in calo, con gli investitori che temono un rinvio dei tagli ai tassi e una Fed più aggressiva nel mantenere il costo del denaro elevato più a lungo.
I rendimenti dei Treasury sono balzati in alto, con il decennale che ha raggiunto il 4,18%, segnalando aspettative di una politica monetaria più rigida nei prossimi mesi. Anche l’indice S&P 500 ha registrato una flessione, mentre il dollaro si è rafforzato rispetto alle altre valute principali, riflettendo le attese di un prolungamento della stretta monetaria.
Gli investitori guardano ora con attenzione alla prossima riunione della Fed in marzo, che sarà cruciale per capire le reali intenzioni di Powell e del board della banca centrale. I future sui Fed Funds hanno iniziato a prezzare un primo taglio solo a giugno o luglio, riducendo drasticamente le probabilità di un intervento già a maggio.
Le sfide della Fed e il rischio di uno scenario "higher for longer"
Il nuovo scenario economico pone Powell e la Fed di fronte a un dilemma: da un lato, i dati sull’occupazione e la crescita economica rimangono solidi, rendendo difficile giustificare un taglio dei tassi nel breve periodo. Dall’altro, un’inflazione che fatica a scendere potrebbe costringere la banca centrale a mantenere un approccio restrittivo più a lungo del previsto, con il rischio di penalizzare la crescita nel lungo termine.
L’incertezza è alimentata anche dal contesto globale. Con la Cina in rallentamento e l’Europa alle prese con una crescita debole, la politica monetaria statunitense gioca un ruolo ancora più centrale nei mercati internazionali. Un ritardo nei tagli potrebbe avere ripercussioni anche sulle altre economie, aumentando la pressione sulle banche centrali di tutto il mondo.
Per ora, la Fed mantiene un approccio cauto, ma il dibattito è destinato a infiammarsi nei prossimi mesi. Con Trump pronto a rilanciare il tema della politica monetaria come leva della sua campagna elettorale, Powell si troverà sempre più al centro dello scontro tra politica ed economia.