Commessa rifiuta acquisto a cliente russo, il web boicotta Bottega Veneta

- di: Barbara Bizzarri
 
A Firenze la commessa di una boutique del luxury brand Bottega Veneta ha rifiutato l’acquisto di una giacca a un cliente russo, però con l’accortezza di spiegare che se il malcapitato dava i soldi a un amico e la acquistava per interposta persona nulla da ridire (un po’ quello che accade per comprare il gas e il carbone, insomma). Il video dello shopping mancato ha fatto il giro del web: ovviamente sui social si è scatenato l’inferno e il boicottaggio del brand. In effetti sarebbe stato più comprensibile se fosse accaduto altrove, ma mentre a San Pietroburgo gli shopping malls continuano imperterriti a vendere la merce del brand importata prima delle sanzioni e a quanto pare non ricondotta all’ovile europeo, nel Bel Paese la mission è, in generale, interpretare e applicare le regolamentazioni europee con solerzia da mastini, anche se, in illo tempore, tutti zitti  sulle misure, alcune sacrosante vedi carceri, per cui l’UE ci ha richiamati all’ordine (in quel caso, chissenefrega). Qualcosa, evidentemente, induce nazioni e persone a comportarsi come Tafazzi, prendendosi a bottigliate.

Pur volendo ignorare che tutte le sanzioni alla Russia hanno rafforzato il rublo e abbattuto il dollaro e di conseguenza l’euro, adesso assistiamo a scenette degne di Camillo Mastrocinque da parte di brand che con i compratori russi si sono rimessi più di un osso, per dirla in gergo, e se aspettano le ricchezze americane e europee stanno freschi. Sarà interessante notare come i puri e duri si riposizioneranno con tutti gli acquirenti dell’area BRICS, a partire da Chanel che ha chiuso le boutiques in Russia provocando l’immediata reazione delle influencers autoctone che hanno fatto a pezzi le loro borse in seguitissime dirette IG. La domanda che sorge spontanea è, a che punto siamo arrivati, per rifiutare un acquisto sulla base del passaporto, mentre, come da costume, ce ne siamo sempre fregati di tutto il resto? Sospetto che si tratti di una nazione di ipocondriaci cui è bastata una pandemia per passare con nonchalance dallo scontrino da 5 euro anziché gli effettivi 400, ad appuntarsi sul petto il distintivo dei controllori a oltranza. Certo, il tapino non stava acquistando un chilo di pane, ma dove è finita la libertà individuale in questo becero caso di razzismo al contrario, in cui si impedisce a un individuo di comprare quello che vuole per la sua nazionalità?

Come scrisse qualcuno il cui fantasma aleggia ancora sul continente, evidentemente dobbiamo essere di nuovo sollevati dalla schiavitù della libertà e i cori contro il razzismo valgono soltanto per pochi eletti mentre gli altri, poco remunerativi, possono andare alla deriva.  Non mi risulta siano stati adottati provvedimenti analoghi per chi bombarda lo Yemen da anni, anzi, generalmente gli si bacia l’orlo della veste: esistono guerre di serie A e B oppure misure da far ingoiare, e servirà un colpevole quando le città si trasformeranno in scenari aberranti tra gentrificazione, disagio sociale e neanche uno straccio di lampione a illuminare l’orrore. Si deve restare umani, è vero, ma solo con certo tipo di umanità, e chi proviene da Paesi al di fuori delle rotte buone e giuste, può essere umiliato anche se magari non è neppure d’accordo con le azioni del suo governo. Nell’attuale schizofrenia generalizzata, cosa manca per mettere un freno all’inarrestabile deriva di cervelli? Speriamo l’incredibile, assurda ipocrisia di un Truman Show sceneggiato male e recitato peggio, di cui non si riesce purtroppo a vedere la fine.
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