Il brutto inverno dell’Arca di Noè

- di: Barbara Leone
 
Ogni famiglia ha il suo cammino e la sua storia, come ce l’ha ogni persona. Andrebbero incorniciate le parole pronunciate venerdì da Papa Francesco nella Sala Clementina del Palazzo Apostolico. Parole vibranti di verità, e traboccanti di lungimirante saggezza. Un discorso impeccabile, quello che Francesco ha rivolto alle delegazioni del Forum delle associazioni familiari ricevute in udienza, e che risuona in tutta la sua urgenza allorché il Santo Padre dice: “Siamo in un brutto inverno demografico, bruttissimo, un inverno demografico grave e dobbiamo reagire con tutte le nostre forze, con il nostro lavoro, le nostre idee”. Poi, però, una nota stonata. Sempre la stessa. “Il segretario mi ha detto che l’altro giorno passava per piazza San Pietro e ha visto una signora con il carrello dei bambini ma dentro c’era un cagnolino... è un simbolo. Ci vogliono figli, abbiamo bisogno dei figli!”. Non è la prima volta che il Papa parlando del calo delle nascite allude, con severo sconcerto, a chi condivide la sua vita con un animale. Già lo scorso gennaio se n’era uscito così: “Oggi la gente non vuole avere figli, almeno uno. E tante coppie non vogliono. Ma hanno due cani, due gatti. Sì, cani e gatti occupano il posto dei figli”.

Non contento, tempo qualche mese (e più precisamente ad agosto) rincara la dose: “Qui è l’inverno demografico europeo: invece dei figli preferiscono avere cani, gatti, che è un po’ l’affetto programmato: io programmo l’affetto, mi danno l’affetto senza problemi. E se c’è dolore? Beh, c’è il medico veterinario che interviene, punto”. E no, Papa carissimo. Punto anche no! Non auguro nemmeno al mio peggior nemico lo strazio che si prova quando si decide di far addormentare un cane o un gatto. Mi creda, Santità, è un’esperienza traumatica e atroce. Altro che punto, ti lascia strascichi e segni indelebili addosso. E che manco puoi raccontare, perché è uno di quei rari casi in cui vale davvero “se non ci passi non lo puoi capire”. Ma al di là di questo, mi resta oscuro, ed anche alquanto indigesto, il motivo per cui il vicario di Cristo insista tanto sull’argomento cani. Puntuale come le cambiali, ogni qual volta affronta il tema della denatalità usa come paragone dialettico i cani e i gatti. Quasi fosse colpa loro che non si fanno figli in Italia. Non si scappa. Ce lo deve infilare sempre in mezzo. E dire che si potrebbero usare mille altre figure retoriche, e reali, che minacciano la paternità nel nostro Paese. Tipo gli affitti delle case alle stelle, il lavoro che scarseggia, i salari da fame, il precariato, l’ottusa burocrazia che strangola il cuore di chi vorrebbe adottare un figlio. Quante creature disperate e sole si potrebbero aiutare se solo non esistessero i millemila ostacoli disseminati sulla via dell’adozione?  Spesso la maternità di pancia non arriva, e quella maternità mancata si risolve donando amore a chi non ne ha. Umani e non. Perché un amore non esclude l’altro. Anzi.

Difficilmente chi empatizza con gli animali resta indifferente nei confronti dell’umano dolore. Viceversa, non di rado donne e uomini compassionevoli nei confronti del prossimo non ci pensano un attimo ad abbandonare un cane o a fargli del male. E’ così difficile capire che siamo tutti, indistintamente, figli di Dio? Quello stesso Dio che ha messo sulla Terra i nostri fratelli animali per renderci migliori. Perché è proprio grazie alla loro purezza che noi ci avviciniamo a Lui. I nostri fratelli animali, Santità carissima, sanno insegnare molto più di una qualsivoglia dottrina. E lo fanno attraverso il linguaggio degli occhi, la sincerità, la compassione, la disponibilità del cuore, la purezza. Una purezza che conservano intatta fino alla morte, al contrario di noi. Avere un cane o un gatto a casa è fonte di amore, apprendimento, a volte di salvezza. Ti aiutano a percepire il tempo, la presenza, la consapevolezza che tutto accade qui e ora. E che la vita non dipende dall’avidità del denaro e del potere, ma dal riconoscere il senso del nostro esserci per gli altri e con gli altri: uomini, animali e piante. Tutto ciò che è vita. Le pare poco, Santità? Certo che non sono figli, ma son capaci di tale e tanto amore incondizionato che è impossibile non considerarli membri della nostra famiglia.

Per qualcuno, è l’unica che c’è. Proprio perché, come Lei ha meravigliosamente detto stamani, ogni famiglia ha il suo cammino e la sua storia. L’amore di Dio, la sua parola, la sua luce la si può portare anche amando un cane o un gatto. Perché dividere sempre in fazioni, alludere, seminare dubbi e sospetti e sminuire legami solo perché, evidentemente, non se ne ha piena consapevolezza? Ricordo con tenerezza le immagini di Papa Ratzinger che offriva cibo e coccole ai gatti del Vaticano. Proprio lui, così austero e severo, si scioglieva come neve al sole per un ronf  ronf di quei piccoli felini che ogni sera lo attendevano. E lei, che porta il nome di San Francesco d’Assisi, uno che parlava pure con le api e i lupi, ha tutto quest’astio? Dica la verità: quand’era bambino è stato morso da un volpino! Diversamente non si spiega questo mal celato ed insistente livore da parte del rappresentante di Cristo. E spiace. Spiace infinitamente. E per la cronaca: quasi sempre i cagnolini nei passeggini hanno problemi di deambulazione o di salute. C’è ben altro di cui scandalizzarsi in questo Paese. Magari la signora era anziana, e quel cane era il suo unico affetto. Chi siamo noi per giudicare? Una famiglia felice è fatta di figli e di cani, gatti, pesci rossi criceti… se la ricorda l’Arca di Noè?
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