M’Ama non m’Ama

- di: Barbara Bizzarri
 
La Capitale ormai vanta un degrado terzomondista, fra sfigati che si sentono Diana cacciatrice e sparano ai cinghiali mentre fendono la folla in corsa, autobus che prendono fuoco, mura imbrattate ovunque, dal centro storico alla periferia più degradata e, soprattutto, la solita spazzatura che regna sovrana in ogni pertugio: però non è mica colpa dell’azienda preposta alla rimozione dei rifiuti se i suoi dipendenti sono particolarmente cagionevoli di salute, quasi fossero fanciulle ottocentesche, poco aduse a tollerare i miasmi dell’Urbe. In particolare, uno di loro ha collezionato ben 51 certificati da parte dei medici dell’ospedale romano Cristo Re: il pover’uomo sembrerebbe davvero il bersaglio di una sorte infausta. Si inizia con la gastroenterite, poi un forte mal di testa e, a seguire, qualche attacco fulminante di dissenteria: probabilmente, l’ovvia conseguenza di vedere Roma ridotta in questo stato. Come se non bastasse, anche l’influenza, la febbre di stagione e infine un persistente senso di spossatezza sono intervenuti a tormentare il protagonista di questa vicenda. A soli 45 anni il sistema immunitario di un dipendente dell’Ama sembra decisamente precario, quasi quanto i mezzi aziendali che, nonostante gli sforzi, spesso e volentieri defungono in mezzo alle strade martoriate della città, forse impressionati dai gabbiani altezza Gundam di Odaiba e dalle lavatrici buttate nelle fenditure dei marciapiedi. In ogni caso, i colleghi dell’azienda municipalizzata che si occupa di rifiuti in soli due anni si sono visti recapitare una serie preoccupante di certificati, vergati a penna come decenni fa, che, invocando non meglio specificate “patologie varie”, proponevano un’unica soluzione: “riposo”.

Una diagnosi che non è piaciuta alla Procura di Roma, che classificherebbe la disfunzione ignota del novello Argante in furberia acuta, altrimenti detta “truffa e falso”, secondo la prognosi legale. Perché in realtà, sostiene il Pubblico Ministero Mario Pesci, il dipendente Ama sarebbe stato sano, sanissimo. Anzi, i dottori non avrebbero mai neanche visitato quell’uomo. «Non mi ricordo di lui e quella firma nei certificati non è la mia», è il mantra dei medici chiamati a testimoniare in aula. Una dottoressa ha persino specificato che nell’ospedale viene utilizzato un sistema informatico per emettere i certificati del pronto soccorso. Il dipendente sembra comunque non essere nuovo a questo tipo di accuse, visto che qualche tempo fa è stato assolto in un procedimento speculare. Tuttavia, la patologia sconosciuta di cui soffre il tapino parrebbe altamente contagiosa: sono decine i dipendenti Ama costretti a casa da qualche malanno, in gran parte miracolosamente guariti in tempi di bonus per poi riprecipitare nel baratro. Strana sorte quella dell’azienda che per conto di Roma Capitale dovrebbe occuparsi dei rifiuti e si rivela invece funestata da una scelta quantomeno sfortunata dei dipendenti, dai malati cronici ai cleptomani che rubavano carburante dagli impianti nelle officine e nei depositi per poi usarlo per le proprie auto oppure rivenderlo, per non parlare, anzi, per parlarne, degli scandali come quello, esecrabile, delle false cremazioni al cimitero Flaminio di Roma, il tutto mentre i dirigenti apicali, come da copione, si triplicavano gli stipendi per questa curiosa peculiarità italica di banchettare sul Titanic fino all’ultimo flutto. Svariate lettere di licenziamento forse potrebbero essere la cura definitiva per liberare dall’agonia questo pachiderma farraginoso e inutile che, pur non essendo in grado di ottemperare ai suoi doveri, può dilapidare danari in spot sui canali nazionali, invece di investire in altri scopi più pratici. In teoria, se un’azienda non funziona dovrebbe essere eliminata e lo stesso varrebbe per Ama, che decisamente non ci ama.
Seguici su:
Il Magazine
Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
Iscriviti alla Newsletter
 
Tutti gli Articoli
Cerca gli articoli nel sito:
 
 
Vedi tutti gli articoli