Ambrosetti AM: "Mercati ancora sotto l'effetto di inflazione e rischio recessione"

- di: Alessandro Allegri, AD di Ambrosetti AM
 
I mercati finanziari sono tornati ad essere molto nervosi nel mese di agosto alimentati da un contesto economico ricco di complessità ed estremismi che non stanno trovando soluzioni immediate. Negli ultimi anni, infatti, l’economia globale è stata colpita da cambiamenti e shock molto diversi che si sono susseguiti in una continuità di eventi senza precedenti in termini di velocità di accadimento. Il profilo dunque dei mercati finanziari globali ha dovuto per forza adattarsi ed ha iniziato a prendere nuove forme e dinamiche. Il periodo pandemico ha creato profonde distorsioni a livello economico e finanziario che si sono autoalimentate a vicenda portando liquidità in eccesso, domanda forte ed offerta scarsa con tassi di interesse bassissimi. Ognuna di queste variabili è poi mutata, od è prossima a farlo, in modo molto rapido generando nuovi equilibri e disequilibri quasi in tempo reale. Oggi dunque gli investitori devono preoccuparsi di temi invalutabili fino a qualche mese fa, come un ritmo inflattivo con pochi precedenti che alimenta un potenziale rallentamento della domanda in un ambiente con costi di input elevati dati per certi. Le componenti che caratterizzano il rendimento di un portafoglio stanno dunque cambiando, certe correlazioni nelle varie fasi di Risk-on e Risk–off non saranno più garantite ed i rendimenti saranno sempre meno guidati da una direzionalità di lungo periodo ma caratterizzati da sotto periodi maggiormente differenziati per cui la pura gestione del beta risulterà insufficiente se non affiancata o sostituita dalla ricerca attiva di alpha. Dopo una prima metà dell'anno molto negativa, gli investitori stanno curando le ferite e riflettendo su come riallocare gli investimenti a lungo parcheggiati in liquidità. Gli eccessi ribassisti di azioni ed obbligazioni hanno registrato una importante inversione di tendenza nel mese di luglio fino ai primi giorni di agosto ma, come nelle attese, il bel tempo è durato poco e quella temporanea interruzione deve essere reincorniciata in un contesto su cui pesa ancora molto l’incertezza.

Gli azionari sono tornati dunque negativi (-3.6% MSCI World LC) sulla scia di una Fed disposta a correre il rischio di infliggere una grave sofferenza all’economia pur di allentare le pressioni sui prezzi. Equamente diffuse le vendite sugli indici Euro ed Usa, solo Topix ed Emergenti resistono alla negatività mentre a livello settoriale solo il comparto Energy segna un temporaneo risultato positivo (1.2%). Anche sulle obbligazioni è stato un mese molto impegnativo (-3% globale) con i saldi annui sui vari mercati ritornati ampiamente oltre il -10%. Ancora una volta, è stata soprattutto la volatilità a caratterizzare i movimenti con oscillazioni ben oltre le abitudini tipiche. Questo elemento di ampi movimenti e repentini cambi di direzione riteniamo caratterizzerà anche i mesi a venire in un contesto che resta impegnativo. L’incertezza e le tensioni non sembrano conoscere tregua nemmeno sul fronte materie prime. Se fino a qualche mese fa il principale fattore con cui confrontarsi era il prezzo del petrolio, nell’attuale scenario, la speculazione continua a spingere l’aumento dei prezzi del settore energia ma si concentra in particolare sul Gas, soprattutto in Europa che resta molto vulnerabile al tema con le autorità sempre più in difficoltà nel rispondere a tale minaccia. Il quadro viene ulteriormente complicato dall’ambito valutario che vede la prosecuzione della sovraperformance del dollaro; i progressi da inizio anno sono arrivati al 20% verso lo Yen mentre la parità raggiunta con l’Euro, per la prima volta negli ultimi vent’anni, si è generata con un movimento molto costante e dunque sufficientemente strutturato per durare nel tempo.

Il rischio recessione è tra i problemi che preoccupano maggiormente gli investitori e, sebbene al momento non se ne vedano ancora chiaramente i sintomi, la direzione presa sta portando verso quel tipo di scenario. Lo snodo fondamentale rimane il fatto di riuscire a misurare quanto risulterà profonda la contrazione economica e quanto sarà in grado di durare sul mercato, oltre a capire l’estensione geografica e settoriale della stessa.

Un trittico di elementi, dunque, che vede nella massimizzazione di queste variabili lo scenario peggiore. Ad oggi viene quotato come molto improbabile ma, in tal senso, più risulterà forte la pressione dell’inflazione, più sarà alto il rischio di inasprimento degli interventi da parte delle banche centrali e più una conseguente flessione economica rischierà di essere impattante. In questo ventaglio di configurazioni prospettiche potenziali, i dati recenti dei vari indicatori economici risultano meno peggio di quanto la narrativa attuale descriva. L'occupazione, i consumi e, in misura minore, la produzione industriale stanno ancora crescendo, ed anche in modo abbastanza robusto con il settore privato che si presenta solido e le prime evidenze sugli utili lo confermano. A causa dell'impennata dell'inflazione i consumatori si trovano ad affrontare un enorme shock negativo da riduzione del reddito reale, che non è stato ancora percepito nel complesso grazie al rilevante accumulo di risparmi in eccesso che sono stati in grado di mantenere alta la spesa, ma che rischia di pesare domani in maniera diffusa sulla fiducia. Per ora i bilanci famigliari restano piuttosto sani anche sotto un punto di vista ciclico, la qual cosa sostiene la visione a favore di un veloce recupero della crescita futura una volta che lo shock inflazionistico verrà attenuato. Un dato certo rimane, ovvero che la dinamica dell'inflazione sarà il fattore cruciale che modellerà l'economia e i mercati nel prossimo futuro. Se lo slancio dell'inflazione diminuirà, le flessioni conseguenti saranno più superficiali e meno impattanti. In questo complesso contesto non esiste un percorso certo che permetta di capire in anticipo le mosse delle Banche Centrali e ciò alimenta l’incertezza e la volatilità sui mercati sia azionari che soprattutto obbligazionari. Gli asset di rischio hanno solo in parte scontato la portata di questa decelerazione economica lasciando il contesto di riferimento molto incerto e questo non facilita la riallocazione delle risorse sugli strumenti più rischiosi sebbene l’abbondante liquidità disponibile rimanga il miglior argomento a sostegno dei mercati finanziari. Certamente lo slancio della crescita globale è in rallentamento, difficilmente rivedrà certi livelli post pandemia ed in tal senso è probabile una maggiore pressione negativa sui prossimi risultati aziendali che, necessariamente, si trasferirà, almeno temporaneamente, anche sulle valutazioni. Le azioni hanno corretto in queste ultime settimane una parte del recupero rialzista precedente non inficiando completamente quel movimento positivo ma alimentando comunque il rischio di qualche approfondimento, nel corso del mese di settembre, verso le aree di minimo precedentemente lavorate che rappresenterà un’occasione di acquisto più che un motivo di fuga. I portafogli avranno quindi un’intonazione iniziale neutrale ma la dinamicità necessaria per facilitare eventuali nuovi posizionamenti. Sui Bond prevale la tensione sul fronte tassi ma sui livelli raggiunti è attesa una temporanea stabilizzazione.

Il Dollaro resta ben posizionato per confermare gli attuali equilibri sebbene la valuta Euro mostri i primi segnali di tenuta anche nei confronti del franco svizzero che rimane ancora sopravvalutato su livelli non facilmente sostenibili dal mercato interno in termini di competitività, mentre lo yen dovrebbe proseguire nel suo percorso di sottostima soprattutto con la Bank of Japan che non sembra avere motivi per modificare la sua politica sui tassi. Le prospettive di breve per le materie prime rimangono complicate a causa del forte squilibrio esistente tra domanda e offerta ed il tema rischia di diventare strutturale in uno scenario in cui la deglobalizzazione risulta essere il trend primario emergente. Tuttavia, gran parte dell'impennata dei prezzi è stata determinata dalle strozzature nell'offerta a fronte di un boom di richiesta. Un futuro calo della domanda, a seguito di paure recessive, può facilmente causare una brusca inversione nei recenti eccessivi aumenti riportando le quotazioni su livelli più normali ma non eliminando di certo il rischio di elevata volatilità in generale sul comparto.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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