Rourke: “Avrei potuto gestire meglio la mia carriera” (magari anche la faccia)

- di: Barbara Bizzarri
 
Mickey Rourke era davvero un bel vedere, fuori dal Caffè Roma a Beverly Hills. Mi ero trasferita da poco a Los Angeles, lo incontravo spesso e me lo ricordo come se fosse ieri: atletico, prestante, con tutto il suo ciondolame da motorcycle boy addosso e reduce da anni di successi, dal patinato Nove e Settimane e ½ a Harley Davidson & Marlboro Man (titolo che adesso solleverebbe un polverone da ogni parte del politically correct) fino all’erotico, e controverso, Orchidea Selvaggia. Certo, erano gli anni Novanta, eravamo tutti più giovani e il ricordo è sempre più bello della realtà, però lui, diciamocelo, aveva il suo fascino molto bohémien e sembrava lanciatissimo verso una carriera da A-list. Poi, cosa sia accaduto e perché, è difficile da dire: la supermodella Carré Otis, sua ex moglie, nonché coprotagonista di Orchidea Selvaggia, nella sua autobiografia mai pubblicata in Italia, racconta abusi di droghe e un uomo tormentato, vittima dei suoi demoni interiori, ossessivamente geloso e dedito alla boxe in una sorta di cupio dissolvi che non lo ha mai abbandonato. I primi interventi di chirurgia plastica furono dovuti, si disse, proprio agli effetti dei continui incontri sul ring che, uno dopo l’altro, avevano avuto inesorabilmente ragione della sua bellezza: fratture di zigomi, naso, denti, mandibola, costole incrinate e una parabola lavorativa discendente, dovuta, si dice, anche a un carattere non facile, che lo porta a interpretare film mediocri, il sequel di Nove Settimane e ½ fra tutti: neanche Kim Basinger quando era in piena bancarotta aveva mai osato tanto. Intervento dopo intervento, Rourke diventa un altro, ma forse era proprio quello che voleva: dall’oblio lo ripesca Darren Aronofsky nel 2008 con The Wrestler, che il regista ammise di aver scritto ispirandosi alla storia di un uomo solo, ruvido, disperato. Sfiora l’Oscar, proprio lui che aveva detto:”gli Oscar sono buoni soltanto per chi lecca i culi giusti”.

Carré Otis, nella sua autobiografia mai pubblicata in Italia, racconta abusi di droghe e un uomo tormentato

Se è vero, non averlo vinto è coerente con quella che è sempre stata la sua personale battaglia contro l’estabilishment hoollywoodiano. L’ultima grana è stata con la Marvel, accusata dall’attore di aver rovinato il suo personaggio in Iron Man 2. Nonostante gli studios abbiano accettato tutte le sue richieste per caratterizzare al meglio Whiplash, il suo personaggio, tra cui un uccelletto perennemente sulla spalla, acconciatura da samurai e accento russo, e che Robert Downey Jr., altro protagonista del film, abbia accettato di decurtare il suo compenso da dieci milioni di dollari per dare ai 250mila dollari offerti a Rourke quel twist da star in più, l’attore li ha liquidati con un lapidario:” sono produttori di film di fumetti senza cervello”. Un capolavoro di diplomazia che presumibilmente lo terrà lontano dalla saga per il prossimo millennio, però per fortuna c’è l’Europa (almeno per il cinema). Infatti, Rourke è fra i protagonisti del nuovo film di Roman Polanski, The Palace, di cui è stato battuto il primo ciak in Svizzera: un suo post su Instagram di elogio al regista è stato però duramente criticato dai fans a causa delle pendenze penali di Polanski negli USA, dove lo attendono a galere aperte con l’accusa di aver violentato una tredicenne nel 1978. A quasi 70 anni - li compirà a settembre - e nonostante i continui interventi chirurgici, fra cui un ritocco all’attaccatura dei capelli che, tempo fa, ha fatto scatenare il web con prese in giro di ogni tipo, fra cui impietosi paragoni fra l’aspetto dell’attore e Michael Myers, protagonista del franchise di Halloween (ma si sa come è il pubblico: oggi sull’altare, domani nella polvere), Rourke oggi è particolarmente apprezzato dalle nuove generazioni di registi: “Mi valutano per ciò che so fare e non per quello che si dice di me - ammette l’ex sex symbol -  È vero, avrei potuto gestire meglio la mia carriera a Hollywood, ma sono stato in guerra con tutti, nel mondo del cinema. Esiste un detto nella boxe, “ti alzi quando puoi”, ed è quello che ho fatto io”.
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