Pilota automatico e tequila bum bum, grazie

- di: Barbara Leone
 
Virgin Atlantic dice addio al binarismo di genere. Io adesso me la immagino la faccia a punto interrogativo di zia Berenice da Roccamandolfi mentre legge questa notizia. Vaglielo a spiegare a quest’amabile zietta classe 1932 che binarismo di genere non ha niente a che vedere con l’algebra e nemmeno con le stazioni dei treni. Ma con gli aerei sì. Perché la Virgin Atlantic è, per l’appunto, la compagnia aerea di Sir Richard Branson, un facoltoso imprenditore britannico famoso in tutto il mondo per le sue stramberie. Quelle che giusto uno con un patrimonio di oltre 4 milioni di dollari può permettersi. Tipo aprire un ristorante subacqueo a Portofino o farsi una gitarella nello spazio a bordo della sua personalissima navetta che, bontà sua, affitta ai turisti annoiati alla modica cifra di 200mila dollari per raggiungere 100 chilometri di altezza e godere di ben sei minuti d’assenza di peso. Insomma, un magnate decisamente fuori dagli schemi, da molti definito visionario e all’avanguardia. Prova ne sia l’ultima trovata messa in atto sui voli della sua compagnia aerea. Che, primi nel mondo, vedranno l’equipaggio arcobaleno.

Virgin Atlantic con equipaggio arcobaleno

No zio Natalino, non c’entra niente con la pioggia. Arcobaleno vuol dire che la compagnia avrà uniformi gender neutral. Fidati, è roba fine, nientepopodimenoche firmata da Vivienne Westwood (anch’ella stilista decisamente sui generis). Tradotto: potranno vestirsi come gli pare. All’occorrenza i maschietti indosseranno gonnella e tacchi, e le femminucce giacca e pantaloni. Non solo, perché pure i maschi (si può dire maschi, o è un’offesa?) si potranno truccare e sfoggiare capelli lunghi e tatuaggi. Inoltre sul cartellino identificativo del personale sarà facoltativo indicare il titolo di Mr, Miss, Mrs, Mx o qualunque dicitura preferita. Ma le novità riguardano anche i passeggeri: la prenotazione del biglietto aereo d’ora in poi prevederà anche un campo per il genere neutro e anche chi viaggia potrà chiedere al desk del check-in di avere un badge con il titolo preferito con il quale si vuole essere chiamati. Tutto questo perché, spiegano dall’azienda, “sosteniamo l'individualità dei nostri dipendenti”. Questi cambiamenti, dicono ancora dalla compagnia, sono il frutto di una recente indagine secondo la quale consentire ai propri dipendenti di esprimere la loro personalità sul posto di lavoro aumenta il loro benessere mentale del 49%, la loro felicità del 65% e crea una migliore esperienza sia per il personale sia per i clienti (24%). Numeri alla mano, adesso è tutto chiaro. Vero nonna Filomena? Dai su, pare complicato più della legge di Bilancio, ma in realtà è un concetto facile facile. Il genere non è una gabbia. E dunque uno si veste a sentimento, esattamente come quando tu cali gli spaghetti.

Quindi alla Virgin se uno steward o un pilota si sente a proprio agio con la gonna no problem. Idem per le femminucce, che a dire la verità in giacca e cravatta danno un po’meno nell’occhio. Cosa ne penseranno i passeggeri non è dato da sapere. Pare però che qualcun’altra compagnia aerea stia pensando di seguire l’esempio della Virgin. Come la British Airways, che starebbe pensando a una policy di inclusività anche tra i propri dipendenti. Tant’è vero che una sua portavoce avrebbe confermato che la compagnia sta “rivedendo la rigida politica relativa alle divise, ormai vecchia di decenni”. Sì, lo so nonno Gennarino che ci dobbiamo abituare a questo cambiamento. E’ la generazione gender fluid, non binaria, della serie faccio come me pare. E però, sommessamente e sempre se non s’offende nessuno, vorrei far notare che anche a me quando vado a lavorare mi piacerebbe stare col tutone modello Briget Jones. Ma mon si può. Ve l’immaginate la Gruber disquisire di politica e guerra con leggings e crocs? La caccerebbero all’istante. Vi diamo questa news: l’abito fa il monaco, anche nell’Anno Domini 2022. Perché da che mondo è mondo non puoi andare a lavorare in pigiama.

Ma è così necessario sbandierare ai quattro venti le proprie preferenze sessuali?

Pure le infermiere farebbero a meno delle divise, idem le guardie giurate e finanche i calciatori. Facciamo che ai prossimi Mondiali vediamo Ronaldo in boxer o gonnellino. Poi quello che uno fa in camera da letto sono affari suoi. Fin tanto che si tratta di maggiorenni consenzienti, ovvio. Ma è così necessario sbandierare ai quattro venti le proprie preferenze sessuali, e soprattutto farlo attraverso un simbolo forte qual è una divisa? Sinceramente mi sfugge il senso, e non credo aggiunga nulla alla sacrosanta causa dell’inclusione. Che poi, parliamoci chiaro, se solo voi maschietti sapeste quanto è scomodo indossare gonna e tacchi da mattina a sera vi passerebbe la voglia. Metti che casca l’aereo, mica mi sentirei così sicura ad abbracciarmi a uno steward in tailleur. Per non parlare dell’ultimo, ma non ultimo, particolare: col pelo o senza? Forse, e dico forse, questo gender fluid sta sfuggendo di mano. Sai che ti dico zia Lisetta? Che alla fine vestiti un po’ come ti pare. Pilota automatico e tequila bum bum, grazie.
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