Rula e Giulia: se tacere è sinonimo di intelligenza

- di: Barbara Bizzarri
 
Rula Jebreal accusa Giorgia Meloni di avere un padre pregiudicato e, accecata dalla corsa al compiacimento in cui tanti si sono scatenati per sottolineare quanto l'idea di perdere un posto al sole e di abdicare al ruolo di benefici giullari li terrorizzi, non si accorge nemmeno di farle un favore sottolineandone la determinazione: questo la dice lunga sul livello giornalistico di chi, per intervenire a Sanremo e dire frasi di senso compiuto, ha avuto bisogno di una ghostwriter (neanche troppo ghost, in effetti) alla modica cifra di 25mila euro per un pastone di luoghi comuni e banalità che però propinato su un palco da una donna piacente fa il suo effetto per polli. Travolta dalle ovvie polemiche, la Jebreal si è appellata al giornalismo anglosassone: in pratica, invoca gli amici cui ha assicurato con questo beau geste la sua fedeltà canina, di salvarla dalla shitstorm che le si è abbattuta addosso. Strano che la fisioterapista o chi per lei stavolta non abbia considerato quanto in Italia chi non ha le spalle coperte sia socialmente defunto, quindi non ha fatto altro che ribadire come, nel Paese in cui essere figlio/amico/amante/coniuge sia l’unica cosa che conti davvero, Giorgia Meloni sia riuscita molto più di chi, pur avendo a disposizione mezzi e conoscenze, riesca appena a fare il delatore nonostante un pedigree di tutto rispetto.

Quando il tentativo di esprimersi in modo semiautonomo crea disagio soprattutto alla propria parte politica, sarebbe meglio riflettere prima di prestarsi a certi giochetti e tacere, invece di tenere il punto pur sapendo che si sarà scaricati in ogni caso. In Italia è estremamente difficile emanciparsi da situazioni sfavorevoli perché si è molto attenti al pedigree altrui e di conseguenza essere figlia di un pregiudicato, cresciuta da una madre sola a tutti gli effetti, arrangiarsi coi lavoretti tipo babysitter e avere comunque un obiettivo perseguito tanto lucidamente da diventare Presidente del Consiglio la dice lunga sulla grinta e sulla capacità di una persona, prescindendo dalla condivisibilità della sua ideologia politica: meminisse juvabit. 

Meloni mai ha approfittato della sua situazione familiare disastrata per scrivere l’ennesimo libro o per frignare in tv

Nata e cresciuta in uno dei quartieri più disastrati della Capitale, la tanto vituperata Giorgia è riuscita a farsi strada in un mondo prevalentemente maschile e forse perfino ostico, a differenza di chi anni fa l'ha fotografata di nascosto al ristorante per poi buttarla in pasto al web dandole della ricca lardosa (aveva appena partorito) fascista, rivelando al contempo la curiosa tendenza a frequentare gli stessi locali. Al di là dell’intento diffamatorio di chi dimostra di fare giornalismo di quart’ordine e di essere molto più fascista delle persone che accusa di fascismo, avverando in un colpo solo anche la nota profezia di Pasolini, dovremmo presumere che le colpe dei padri debbano ricadere sui figli? No, concede la twittarola, però Meloni è razzista e fa di tutti gli immigrati dei delinquenti. A parte la logica sfuggente di chi prima nomina il padre e poi infila il solito argomento buono per tutte le stagioni soltanto in Italia, dato che non ho mai sentito una sua parola di condanna al razzismo che relega messicani e cubani in USA a fare gli sguatteri forever ammesso che riescano a entrarci, ma zio Sam non perdona e mette alla porta e poi addio a matrimoni e impicci con artisti, banchieri e cineproduttori oggi in galera; il tweet incriminato offre anche un altro motivo di considerazione. Meloni mai ha approfittato della sua situazione familiare disastrata per scrivere l’ennesimo libro o per frignare in tv, ovvero quello che fanno i monetizzatori di disgrazia, a cominciare dalla stessa Jebreal che ha narrato la sua storia familiare fino allo sfinimento, tutti insieme piagnucolosamente in una affannosa ricerca di captatio benevolentiae sempre con la lacrimuccia a favor di telecamera in tasca. 

Squallido e banale, il ricorso difensivo finale della twittatrice: siete autocrati maschilisti, islamofobi e razzisti. Il razzismo va bene finché è unidirezionale (evidenziare che il padre della Meloni fosse coinvolto in traffici illegali non è forse razzismo? Oppure si tratta di una colpa inscritta nel DNA?) e si indossa con tutto, però detto da chi in Italia è riuscita a laurearsi in fisioterapia, e da fisioterapista è diventata giornalista, è una evidente, e funzionale, torsione della realtà. Sputare nel piatto dove si è mangiato riesce fin troppo bene dove a volte bastano una bella faccia o un bel didietro spesso intercambiabili per fare carriera, da notare però che nessuno finora le ha rinfacciato il suicidio della madre come un’onta genetica.  Aristotele insegna che soltanto una mente educata sa rispettare gli altri: purtroppo di menti aristotelicamente educate se ne vedono ben poche. In compenso abbonda gente che piagnucola pro domo sua più che per l’ardore politico, a ulteriore riprova che senza padri padroni in Italia non si muove foglia, in particolare quelle feuilles mortes che sono i cosiddetti influencers. E, a proposito di influencers, è bene spendere due paroline pure su chi per troppa astuzia arriva al paradosso di darsi la zappa con cui dovrebbe lavorare sui piedi: inutile nominare ancora la riordinatrice di armadi che cerca consensi con un teatrino ignobile  e  se qualcuno è tanto sprovveduto da crederle o da difenderla tanto peggio, del resto i piazzisti di IG parlano ai potenziali clienti, mica a una plebe che disprezzano con tutte le loro esigue forze da utili gingilli.

Aristotele insegna che soltanto una mente educata sa rispettare gli altri

L’influencer tanto amata dal mondo della moda è apparsa inghirlandata di fiori come una lapide in un video in cui spara a zero contro gli anziani rei di voler vivere e votare (lo hanno ricostruito loro ‘sto Paese ma chissenefrega, giusto?) e di indossare le mascherine che finora i suoi hanno propugnato come unica salvezza, e gli anziani eseguono perché appartengono a quelle generazioni che si fidano dello Stato, e lo Stato lo sa. La tizia no, perché è evidente che non conosce storia, savoir faire né democrazia, ma soltanto il suo tornaconto personale ammantato da una certa propensione al nazismo, eppure data l’età che dimostra, 40 o su di lì, al suo posto non farei tanto la splendida: da dove ti trovi ai 60 è un attimo, mia cara. Dopo il video che attribuisce la vittoria elettorale di FdI agli anziani cui secondo lei deve essere interdetto il diritto di voto e la prevedibile bagarre che ne è seguita, l’aspirante ammazzavecchietti ha fatto un altro video senza fiori ma con una libreria alle spalle utile per la marcia indietro quando ha capito che slappare in questo modo la Milano bene che le fa riordinare gli armadi è decisamente eccessivo, e ha detto di affermare cose che non pensa, oltre al solito pianto antico sulla violenza delle reazioni che ha ricevuto: sulla sua tirata da potenziale Mengele in pectore invece, stende un opportuno pietoso velo.  Quanta credibilità si può dare a una che nel disperato tentativo di far parlare di sé arriva persino a negare le sue stesse idee, c’avesse qualche parente schizofrenico per caso? Tanto poi ci pensa Rula a diffondere la notizia: nel frattempo, in un armadio ci si dovrebbe nascondere, sperando di non essere degradata, con l’età che avanza, a riordinare latrine.
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