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Russia: Prigozhin ferma i miliziani ormai sulla strada di Mosca, ma in cambio di cosa?

- di: Diego Minuti
 
Russia: Prigozhin ferma i miliziani ormai sulla strada di Mosca, ma in cambio di cosa?
Poche ore di paura, incertezza, ipotesi e mediazioni e il golpe (sempre che lo si possa chiamare così) di Evgenij Prigozhin è rientrato, lasciandosi alle spalle ''qualcosa'' che ha comunque stravolto il sistema di potere di Vladimir Putin, il quale ora dovrà necessariamente confrontarsi con chi, sino ad oggi, lo ha sostenuto e che lo ha scoperto improvvisamente debole.

Grazie alle garanzie che gli ha dato il dittatore bielorusso Lukhashenko, il capo del gruppo Wagner ha deciso di fermare i suoi miliziani, lanciati a passo di carica verso Mosca, peraltro senza incontrare alcun ostacolo da parte dei soldati russi, quando la capitale era a circa 200 chilometri. Un'avanzata impetuosa che, come ha detto lo stesso Prigozhin, non è costata nemmeno un goccia di sangue e che, quindi, s'è dimostrata una minaccia lasciata aleggiare sul Cremlino e non invece un pericolo reale. 

Alla notizia che i blindati di Wagner correvano verso Mosca sono state adottate misure minime di contrasto (con ostacoli sulle autostrade che, dal Sud, portano alla regione moscovita) e sicurezza (gli edifici della Capitale ritenuti obiettivi sensibili isolati e protetti). Ma niente di più, quasi che tutti sapessero, pur non confessandolo, che quella lanciata da Prigozhin era una sfida su parole e contenuti e non affidata alle armi. 

Così è stato e lo stesso sconcertante epilogo ne è una conferma. L'annuncio che Evgenij Prigozhin ha fermato i suoi e che ora si sposterà in Bielorussia è un capolavoro di ''dizinformazia'', perché non spiega, non dice assolutamente nulla. Cosa farà, domani, Prigozhin in Bielorussia?  Si accontenterà  di fare il ''pensionato'', seppure in armi, mentre davanti ai suoi miliziani si prospetta un duplice scenario, restare con la Wagner o entrare a fare parte dell'esercito russo?  E Lukhashenko come gestirà la sua ingombrante presenza entro i territori di uno Stato ormai ridotto a fantoccio che dipende, in tutto e per tutto, dalla Russia, a cominciare dalla difesa?

Domande che avranno risposte tra qualche tempo, nemmeno tanto lontano, quando sarà chiara la contropartita che Prigozhin ha avuto per finire la sua azione. Ragionevolezza impone di credere che a lui non siano bastate solo le assicurazioni di impunità, anche per i suoi soldati, posto che le richieste iniziali vertevano tutte sul ribaltamento degli attuali assetti di potere a Mosca. A cominciare dall'allontanamento del ministro della Difesa, Shoigou, e del capo di Stato maggiore, Gerasimov. I quali, almeno sino a oggi, restano ai loro posti.  Quindi, cosa è stato promesso al capo di Wagner? Quali gli argomenti che lo hanno convinto a fermarsi? 

Potrebbe essere stata, ad esempio, l'assicurazione che Wagner resterà come entità autonoma - respingendo il tentativo del Cremlino di arruolarne nell'esercito i super-addestrati miliziani, necessari per la campagna ucraina -, dandogli quindi la possibilità di continuare nei suoi lucrosi affari in Medio Oriente e Africa? Prigozhin, con il suo tentativo, se ha dimostrato la fragilità del gigante russo, ha confermato che lui e il suo gruppo sono funzionali al Cremlino, che non può fare a meno di loro sia sul terreno, che nelle operazioni di intossicazione dell'opinione pubblica. Le ''fabbriche di troll'' messe in piedi da Prigozhin sono state una delle armi più determinanti nel braccio di ferro da, da anni, Putin sta affrontando con l'Occidente, ben sapendo che qualche lavoro sporco deve essere fatto da soggetti non direttamente legati alla Russia. Come Wagner.

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