Villaggi rasi al suolo tra Kunar e Nangarhar. Bilancio in rapido aumento, soccorsi in corsa tra montagne e strade interrotte.
Nel cuore della notte afghana una scossa di magnitudo 6.0 ha colpito l’est del Paese poco prima della mezzanotte locale, radendo al suolo interi villaggi tra Kunar e l’area di Jalalabad (Nangarhar). Il bilancio è già drammatico e in crescita: secondo il ministero dell’Interno dell’Emirato talebano, i morti sono almeno 622 e i feriti oltre 1.500; altre stime ufficiali parlano di 610 vittime e 1.300 feriti. Il quadro è fluido, ma una certezza c’è: l’onda d’urto ha colpito di notte e a bassa profondità, il mix più letale per un territorio povero e fragile.
Dove ha colpito e perché ha fatto così male
L’epicentro è stato localizzato circa 27 km a nord-est di Jalalabad, con ipocentro 8–10 km sotto la superficie: un sisma superficiale, quindi più distruttivo nelle costruzioni non rinforzate. La scossa principale delle 23:47 locali (19:17 UTC) è stata seguita da un aftershock 4.5 una ventina di minuti dopo, percepito fino a Kabul e alla capitale pakistana Islamabad.
Il colpo è arrivato mentre la gente dormiva, in un mosaico di case in mattoni crudi, pietra e legno, spesso prive di fondazioni e rinforzi. È esattamente il profilo edilizio che trasforma un “sei” di magnitudo in una catena di crolli a effetto domino. Non è un caso: l’Afghanistan siede sulla frizione tra placca Indiana ed Eurasiatica e lungo il corridoio sismico dell’Hindu Kush, dove i terremoti poco profondi sono ricorrenti.
La conta delle vittime: un bilancio che corre
Le cifre cambiano di ora in ora ma la tendenza è netta. Il ministero dell’Interno a Kabul ha ufficializzato 622 morti e oltre 1.500 feriti; poco prima la tv di Stato parlava di circa 500 vittime. L’Autorità provinciale di Kunar ha indicato 250 morti e 500 feriti solo nei distretti di Nur Gul, Soki, Watpur, Manogi e Chapadare, e tre villaggi “completamente rasi al suolo”. “Figures from just a few clinics show over 400 injured and dozens of fatalities”, ha dichiarato Sharafat Zaman, portavoce del ministero della Salute, avvertendo che il conto finale salirà.
Altre stime ufficiali indicano 610 morti e 1.300 feriti, con operazioni di soccorso ancora in corso e villaggi distrutti nella stessa cintura montuosa. I numeri divergono tra le istituzioni e convergono su un punto: mancano all’appello intere aree remote, dove strade e comunicazioni sono precarie.
Soccorsi tra montagne e strade interrotte
Le immagini mostrano elicotteri che evacuano i feriti verso Jalalabad mentre civili e miliziani talebani portano le barelle tra macerie di fango e pietra. A metà mattina, spiegano le autorità sanitarie, molte équipe non avevano ancora raggiunto i villaggi d’alta quota lungo il confine con il Khyber Pakhtunkhwa pakistano. Secondo fonti ufficiali, interi nuclei abitati sono collassati. “So far, no foreign governments have reached out to provide support for rescue or relief work”, ha riferito un portavoce degli Affari esteri dell’Emirato nelle prime ore, mentre arrivava l’appello ad agenzie umanitarie e partner internazionali.
Il precedente che pesa: un paese vulnerabile
La nuova tragedia arriva a meno di due anni dalla sequenza sismica che devastò Herat nell’ottobre 2023, con un bilancio oscillante tra ~1.500 morti nelle stime internazionali e oltre 4.000 secondo le autorità dell’Emirato. Quella serie, come oggi, mise a nudo la fragilità strutturale del costruito e la scarsità di mezzi per il soccorso. La geologia non si può cambiare, ma la vulnerabilità sì: i manuali e gli studi richiamano da anni l’urgenza di rinforzi e retrofitting anche su edifici bassi, che in Afghanistan restano la regola.
Cosa aspettarsi nelle prossime ore
Un sisma a 8–10 km di profondità in un’area montuosa, innescato di notte, lascia purtroppo prevedere un ulteriore incremento del bilancio man mano che i soccorritori raggiungono valli e villaggi isolati. Le repliche sono probabili e possono indebolire ulteriormente pareti già lesionate. Non è “catastrofismo”: è la lezione cruda dei terremoti recenti nel Paese e nella regione. La priorità immediata è ricerca e salvataggio, poi tende, acqua, presidi sanitari e un ponte aereo stabile verso gli ospedali di Jalalabad e Kabul.
Dichiarazioni e voci dal campo
“Figures from just a few clinics show over 400 injured and dozens of fatalities” — Sharafat Zaman, portavoce del ministero della Salute, .
“So far, no foreign governments have reached out to provide support for rescue or relief work” — Portavoce del ministero degli Affari esteri dell’Emirato, .
Cronologia essenziale dell’evento
- 23:47 locali di domenica (19:17 UTC): magnitudo 6.0 a 27 km ENE di Jalalabad, profondità 8–10 km.
- + ~20 minuti: aftershock 4.5 nella stessa area.
- Mattina di lunedì: bilanci ufficiali oscillano tra 610–622 morti e 1.300–1.500+ feriti; villaggi rasi al suolo in Kunar; elicotteri evacuano i feriti.
Due priorità si impongono subito
Questo terremoto non è “solo” un evento naturale: è l’ennesima stress-test a un Paese con risorse ridotte, infrastrutture fragili e accessi difficili. La magnitudo, da sola, non spiega la devastazione: l’orario notturno, la scarsa qualità costruttiva e l’ipocentro superficiale sono l’equazione del disastro. Due priorità si impongono subito: aprire corridoi logistici (elicotteri e mezzi 4x4) e mettere in sicurezza le repliche. Poi, finita l’emergenza, bisognerà avere il coraggio politico di finanziare davvero il rafforzamento antisismico diffuso: case basse, sì, ma rinforzate. È la differenza tra la vita e la morte in un Paese dove la terra trema spesso — e tornerà a farlo.