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Asia in altalena tra Fed e scivolone tech

- di: Matteo Borrelli
 
Asia in altalena tra Fed e scivolone tech
Asia in altalena tra Fed e scivolone tech
Borse miste, euro in corsa e petrolio nervoso mentre i futures europei guardano a Oracle e alla nuova Fed.

L’Asia chiude la seduta in ordine sparso, con Tokyo in rosso, Cina ancora debole e India in controtendenza, sullo sfondo di una combinazione esplosiva: il taglio dei tassi della Fed, il crollo di Oracle che riaccende i dubbi sui profitti legati all’intelligenza artificiale e un dollaro più morbido che ridisegna gli equilibri sui cambi.

Nel complesso, l’indice azionario più ampio dell’area, l’MSCI Asia Pacific ex Japan, resta in calo di circa mezzo punto percentuale, segnale di un rally post-Fed già in gran parte assorbito e di un’attenzione che torna a concentrarsi sui risultati societari e sui rischi geopolitici.

Tutte le chiusure in Asia-Pacifico

Ecco il quadro completo delle chiusure in Asia e nel Pacifico, con una netta prevalenza dei segni meno e poche isole di forza:

Indice Variazione (%)
Nikkei 225 (Tokyo) -0,92%
S&P/ASX 200 (Sydney) +0,15%
DJ New Zealand (Wellington) -0,29%
Shanghai Composite -0,70%
SZSE Component (Shenzhen) -1,18%
China A50 -0,72%
DJ Shanghai -0,79%
Hang Seng (Hong Kong) -0,17%
Taiwan Weighted -0,43%
SET (Bangkok) -1,14%
KOSPI (Seul) -0,59%
IDX Composite (Jakarta) -0,34%
Nifty 50 (Mumbai) +0,52%
BSE Sensex (Mumbai) +0,47%
PSEi Composite (Manila) +0,46%
Karachi 100 -0,21%
VN 30 (Ho Chi Minh City) -0,52%

Tokyo zavorrata da Oracle e dai timori sull’AI

Il movimento più simbolico arriva dal Nikkei 225, che chiude in flessione di quasi l’1%, appesantito dal violento sell-off sulla galassia tecnologica e in particolare sui titoli legati all’intelligenza artificiale. Il crollo di oltre l’11% di Oracle nelle contrattazioni successive alla chiusura di Wall Street ha spinto al ribasso i futures su S&P 500 e Nasdaq 100, scesi in Asia rispettivamente di quasi un punto e di oltre l’1%, trascinando con sé i grandi nomi dell’IT giapponese.

A soffrire in particolare è SoftBank Group, molto esposto ai progetti data center in partnership con Oracle, che a Tokyo perde oltre il 7% e diventa uno dei principali pesi sull’indice. Gli operatori leggono nel warning sui margini dell’AI un campanello d’allarme: l’ondata di investimenti infrastrutturali non sta ancora traducendosi in profitti stabili e questo rende il settore vulnerabile a ogni delusione sugli utili futuri.

Dal lato macro, la mossa della Federal Reserve, che ha ridotto il tasso sui Fed funds di 25 punti base portandolo nel corridoio 3,50–3,75%, ha dato inizialmente sostegno ai listini. Ma, come sottolineano diversi strategist, l’effetto euforia è stato breve: i mercati avevano già prezzato buona parte del taglio e ora guardano soprattutto al ritmo dei passi successivi e alla risposta delle altre banche centrali, a partire dalla Bank of Japan.

Cina e Hong Kong tra stimoli, tassi in calo e crescita fragile

In Cina continentale la seduta si chiude con un nuovo arretramento: Shanghai Composite a -0,70%, SZSE Component di Shenzhen a -1,18%, China A50 a -0,72% e DJ Shanghai a -0,79%. Il mercato continua a scontare una crescita interna meno brillante del previsto e la percezione che gli stimoli finora annunciati da Pechino non siano ancora sufficienti a riaccendere in modo duraturo sentiment e flussi.

A Hong Kong l’Hang Seng lima un -0,17% dopo una partenza più tonica. Il quadro resta misto: da un lato il taglio dei tassi deciso dall’Hong Kong Monetary Authority, che ha seguito la Fed portando il tasso base intorno al 4%, favorisce finanziarie e real estate; dall’altro pesano ancora la debolezza del comparto immobiliare cinese e le prese di profitto sui tecnologici dopo il recupero delle ultime settimane.

Asia emergente: India brilla, Sud-est asiatico sotto pressione

L’India è il volto più brillante della seduta. A Mumbai il Nifty 50 avanza di circa lo 0,5% e il BSE Sensex di quasi lo 0,5%, sostenuti dai titoli finanziari e dai colossi dei consumi interni. Gli investitori leggono il taglio della Fed come un fattore che potrebbe mantenere favorevole il differenziale dei tassi a favore dell’India e continuare ad attirare flussi esteri, pur con un rupee temporaneamente più fragile.

Più debole il quadro nel Sud-est asiatico: il SET di Bangkok scivola di oltre l’1%, il PSEi di Manila limita i rialzi a meno dello 0,5%, mentre l’IDX Composite di Jakarta arretra di un terzo di punto. Su questi mercati pesano sia l’incertezza sui prezzi delle materie prime, cruciali per le bilance commerciali della regione, sia il flusso intermittente di capitali esteri, che resta sensibile a ogni oscillazione dei Treasury americani.

In Pakistan il Karachi 100 chiude in leggero calo, riflettendo un clima di prudenza alimentato da fragilità macro e bisogno di riforme, mentre il VN 30 vietnamita perde oltre mezzo punto, compresso tra solidi dati di export e timori per la domanda globale di elettronica e tessile.

Australia e Nuova Zelanda: materie prime e tassi guidano il sentiment

Nel Pacifico il quadro è meno uniforme. In Australia l’S&P/ASX 200 chiude in lieve rialzo (+0,15%), aiutato dai titoli minerari e da una percezione di politica monetaria ormai vicina al picco, mentre in Nuova Zelanda il DJ New Zealand scende di quasi lo 0,3%, penalizzato dalla debolezza dei consumi e da un mercato immobiliare ancora in fase di aggiustamento.

A completare il quadro regionale, il Taiwan Weighted cede lo 0,43% e il KOSPI di Seul perde circa lo 0,6%, entrambi appesantiti dalle prese di profitto sui big dei semiconduttori dopo il forte rally degli ultimi mesi.

Valute: euro sopra 1,17, yen in recupero, yen-yuan osservati speciali

Sul fronte valutario la reazione al taglio dei tassi della Fed è netta: il dollaro si indebolisce e lascia spazio al rimbalzo delle principali controparti. L’euro rompe al rialzo un’area tecnica importante e si spinge oltre 1,17 dollari, sui massimi da circa due mesi, sostenuto anche dai commenti della presidente Bce Christine Lagarde su possibili revisioni al rialzo delle stime di crescita dell’area euro.

Lo yen si rafforza e torna in area 155–156 contro il dollaro, dopo aver toccato nelle scorse settimane livelli di forte debolezza. Il mercato sconta ormai un’elevata probabilità che la Bank of Japan compia un nuovo passo nella normalizzazione della politica monetaria già nella prossima riunione, mentre cresce l’attenzione anche sul rapporto yen–yuan, dove la valuta giapponese ha toccato un minimo storico che alimenta timori di inflazione importata.

I cambi più legati al ciclo globale, come dollaro australiano e dollaro neozelandese, oscillano in un range ristretto: la prospettiva di tassi USA più bassi è in parte bilanciata da prezzi dell’energia ancora volatili e da dati macro domestici non entusiasmanti.

Materie prime: petrolio nervoso, gas debole, oro in altalena

Il comparto energia resta una delle variabili più sensibili. I contratti sul Brent si muovono attorno a 62 dollari al barile, dopo un’oscillazione che ha visto prima un rimbalzo legato al sequestro, da parte degli Stati Uniti, di una petroliera sanzionata al largo del Venezuela, e poi una piccola correzione sulla scia dei dati sulle scorte americane e dei timori per la domanda globale.

Il WTI viaggia poco sotto i 59 dollari al barile, in un contesto in cui gli operatori tentano di capire se il recente calo dei prezzi rappresenti un semplice aggiustamento tecnico o l’inizio di una fase più duratura di debolezza. Gli analisti notano come i segnali provenienti dall’Opec+ e dalle trattative di pace sull’Ucraina possano spostare rapidamente il baricentro delle aspettative.

Il gas naturale negli Stati Uniti si attesta intorno a 4,6 dollari per MMBtu, in lieve calo rispetto alla vigilia, complice un clima invernale finora meno rigido del previsto e scorte che restano su livelli relativamente confortevoli rispetto alla media storica.

Sul fronte dei metalli preziosi, l’oro oscilla attorno a 4.200 dollari l’oncia, in lieve calo dopo il picco toccato nelle sedute precedenti. Il metallo giallo resta comunque sostenuto dalle aspettative di ulteriori tagli dei tassi nel 2026 e dalla domanda di copertura contro l’incertezza geopolitica. L’attenzione degli operatori si sposta anche sull’argento, che si muove su livelli storicamente elevati grazie alla doppia natura di bene rifugio e componente chiave per tecnologie green e fotovoltaico.

Futures europei in leggero calo, Wall Street guarda a Oracle

In attesa dell’apertura delle Borse del Vecchio Continente, i futures europei segnalano un avvio prudente. I contratti sull’Euro Stoxx 50 gravitano attorno a 5.700 punti, in leggero ribasso rispetto alla chiusura precedente, mentre i futures sul DAX tedesco si muovono in area 24.000 punti con una flessione nell’ordine di qualche decimo di punto percentuale. Più tonici i futures sul FTSE 100 di Londra, che restano marginalmente in territorio positivo dopo il buon recupero delle ultime sedute.

Oltreoceano, i futures su S&P 500 e Nasdaq 100 restano in calo, appesantiti dal tonfo di Oracle e dal rinnovato scetticismo sulla redditività a breve termine degli investimenti in intelligenza artificiale. Il comparto tech, protagonista del rally di quest’anno, torna così al centro del dibattito: per una parte del mercato siamo in una fase di semplice consolidamento dopo un rally forse eccessivo, per altri i multipli restano tirati e vulnerabili a ogni sorpresa negativa sugli utili.

In parallelo, le criptovalute vivono una nuova ondata di volatilità, con Bitcoin sceso sotto la soglia psicologica dei 90 mila dollari, complice il brusco raffreddamento dell’appetito per il rischio legato proprio alla correzione dei titoli AI. Un segnale che, per molti desk, conferma come la fase attuale sia ancora dominata da posizionamenti tattici più che da convinzioni di lungo periodo.

Prossime tappe: dati sul lavoro USA e riunioni delle banche centrali asiatiche

Lo sguardo degli operatori è già rivolto alle prossime scadenze macro. Il dato sulle buste paga non agricole USA di metà dicembre sarà cruciale per capire se il percorso di tagli della Fed potrà proseguire nel 2026 con il ritmo attualmente prezzato dal mercato. Un rallentamento più marcato del mercato del lavoro darebbe ulteriore spazio ai ribassi dei tassi, con potenziali effetti positivi per gli asset rischiosi ma anche nuove pressioni sul dollaro.

In Asia, l’attenzione si concentra sulle prossime riunioni di Bank of Japan e delle principali banche centrali emergenti, chiamate a bilanciare il sostegno alla crescita con la difesa della stabilità valutaria. Il recente indebolimento del dollaro offre un po’ di ossigeno, ma la volatilità resta elevata e i policymaker sanno che ogni mossa della Fed può rimescolare le carte.

Per ora, il messaggio che arriva dalle piazze asiatiche è chiaro: il taglio della Fed è stato accolto con favore, ma non basta a spazzare via i dubbi su profitti, tecnologia e crescita globale. E finché questi interrogativi resteranno sul tavolo, è probabile che l’Asia continui a muoversi in ordine sparso, tra rimbalzi selettivi e nuove ondate di volatilità.

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