Wall Street ha starnutito e l’Asia si è messa la sciarpa: yen in forza, immobili cinesi sotto pressione, petrolio che risale e un’Europa che si prepara a partire in leggero progresso.
Il colpo d’occhio: rischio ridotto, liquidità sottile
L’ultima settimana “piena” prima delle festività si apre con un umore prudente: gli investitori abbassano la leva e si mettono in modalità difensiva in vista di una raffica di decisioni di politica monetaria e dati macro.
Il mercato, in sostanza, preferisce arrivare ai verdetti con il serbatoio mezzo pieno e non con la spia rossa accesa.
Sullo sfondo pesa il mix di timori sulla Cina (immobiliare ancora fragile) e attese sulla Bank of Japan (il mercato scommette su un ulteriore passo verso la normalizzazione). E mentre l’azionario asiatico scivola,
i “beni rifugio” continuano a fare la loro passerella: oro tonico e yen in rafforzamento.
Tutte le chiusure in Asia e Pacifico
Ecco l’elenco completo delle chiusure odierne (variazione percentuale):
Nikkei 225 -1,23%;
S&P/ASX 200 -0,72%;
DJ New Zealand +0,34%;
Shanghai -0,55%;
SZSE Component -1,09%;
China A50 -0,61%;
DJ Shanghai -0,49%;
Hang Seng -1,44%;
Taiwan Weighted +0,62%;
SET (Thailandia) +0,28%;
KOSPI -1,84%;
IDX Composite (Indonesia) +0,43%;
Nifty 50 (Mumbai) -0,09%;
BSE Sensex (Mumbai) -0,05%;
PSEi Composite (Filippine) +0,35%;
Karachi 100 +0,50%;
VN 30 (Vietnam) -0,10%.
Il rosso più acceso si è visto in Corea del Sud, con un KOSPI in calo marcato, mentre Hong Kong ha pagato di nuovo la sensibilità ai titoli growth e alle notizie sul comparto immobiliare cinese.
In Giappone l’aria di possibile stretta BoJ continua a sostenere lo yen ma rende più nervosa la Borsa, soprattutto sui comparti più esposti al cambio.
In Australia il mercato ha accusato una seduta pesante con vendite sui grandi minerari: la combinazione di ribassi su alcuni metalli industriali e cautela globale ha riportato gli operatori con i piedi per terra.
Le notizie che hanno mosso i listini
Tokyo: il tema è sempre lo stesso, ma ogni giorno cambia l’intensità. Lo yen si rafforza mentre cresce l’attenzione per la riunione BoJ: tra segnali su salari e prezzi e indiscrezioni operative (come la gestione delle partecipazioni),
il mercato legge un messaggio: la banca centrale vuole tenersi pronta a “stringere” ancora. Risultato? Export più sotto pressione e listino che fatica.
Hong Kong e Cina continentale: l’immobiliare torna a fare rumore. Il dossier più sensibile riguarda grandi nomi del settore alle prese con scadenze e negoziazioni sul debito: ogni notizia su pagamenti rinviati o accordi mancati
diventa immediatamente un accelerante per l’avversione al rischio. E se le politiche di sostegno esistono, il mercato continua a chiedere “prove sul campo”, cioè stabilizzazione dei prezzi delle case e domanda più robusta.
Wall Street come metronomo: il rimbalzo dei future USA è stato moderato dopo una seduta precedente più storta del solito per diversi big tech e nomi legati all’AI. Il messaggio che rimbalza tra le sale operative è netto:
l’intelligenza artificiale resta un tema di fondo, ma le valutazioni non concedono sconti quando arrivano trimestrali o guidance meno “perfette”.
Valute: yen in evidenza, dollaro più morbido
Sul mercato dei cambi la scena se la prende lo yen: in avvio di settimana si è rafforzato fino a 155,08 per dollaro.
L’idea è semplice: se la BoJ si muove ancora verso tassi più alti, il differenziale con gli Stati Uniti si restringe e la valuta giapponese ritrova tono.
Indicazioni di livelli (prezzi indicativi di mercato in avvio di settimana):
EUR/USD 1,1739;
USD/JPY 155,88 (con yen poi rafforzato in giornata);
GBP/USD 1,3379;
AUD/USD 0,6643;
NZD/USD 0,5798;
USD/CHF 0,7961;
USD/CAD 1,3770.
Nel frattempo lo yuan è rimasto in area di forza relativa (vicino ai massimi dell’anno secondo diversi desk), ma il mercato continua a guardare con attenzione a qualsiasi segnale di stress sul credito e sul mattone:
quando l’immobiliare tossisce, i cambi emergenti tendono a trattenere il fiato.
Materie prime: petrolio in ripresa, gas nervoso, oro in passerella
Petrolio: i prezzi hanno rialzato la testa. Il Brent è salito a 61,45 dollari al barile e il WTI a 57,75 dollari.
A spingere non è tanto l’ottimismo sulla domanda, quanto il solito ingrediente che non manca mai: rischio geopolitico e timori di interruzioni dell’offerta.
Gas: in Europa il riferimento più seguito resta il TTF, che si muove intorno a 27,68 euro/MWh.
Negli Stati Uniti il natural gas è indicato in area 4,16 dollari per MMBtu.
Oro: continua la corsa alimentata da dollaro più debole e rendimenti in calo. Il prezzo spot è salito a 4.320,65 dollari l’oncia, mentre i future viaggiano attorno a 4.354 dollari.
Alcuni analisti, guardando ai prossimi dati sul lavoro USA, indicano una fascia obiettivo più in alto se i numeri dovessero suggerire un raffreddamento dell’economia.
Anche l’argento resta su livelli elevati: 62,48 dollari l’oncia.
Futures: Europa vista in lieve rialzo, USA prudenti
In proiezione d’apertura, i futures europei si muovono con un tono leggermente positivo:
Euro Stoxx 50 futures circa 5.775;
DAX futures circa 24.305;
FTSE 100 futures in area 9.700–9.720;
CAC 40 futures circa 8.106.
Negli Stati Uniti i future restano più cauti ma impostati al rialzo: S&P 500 futures indicati in crescita moderata (circa +0,3% nelle prime ore di scambio), con il mercato che si posiziona in vista dei prossimi dati.
Cosa guardano i trader: le tre micce della settimana
1) Banche centrali: il calendario è affollato e ogni conferenza stampa può cambiare l’umore. La BoJ è osservata speciale, mentre in Europa il mercato pesa anche le aspettative sulla Bank of England.
2) Dati USA “in ritardo” ma cruciali: lavoro e inflazione restano i fari per capire quanto spazio ci sia per ulteriori tagli dei tassi nel 2026.
3) Cina e immobiliare: finché il settore non mostra una stabilizzazione credibile, qualsiasi rischio di stress sul debito rimane una tassa sul sentiment dell’Asia (e, a cascata, sulle commodity cicliche).