Il premio 'Imbecille dell'anno' ha un vincitore, un avvocato gabbato dall'intelligenza artificiale

- di: Bianca Balvani
 
Da qualche parte nel mondo ci deve pure essere un premio all'Imbecille dell'anno, un riconoscimento per chi ha fatto della stupidità la cifra della sua quotidiana esistenza. E di dizioni, per un premio del genere, me ne verrebbero in mente parecchie, considerato che a tutte le latitudini esistono persone che fanno di tutto per apparire, al resto del mondo, appunto imbecilli. Ora, a giudizio della mia personale giuria (composta solo da me) il premio per il 2023 deve - non può, deve - essere assegnato ad uno stimato, sino a ieri, avvocato di New York, Steven Schwartz che, in un' aula di giustizia della Grande Mela, ha rappresentato un uomo che aveva citato una compagnia area perché, durante un volo, era stato ferito ad un ginocchio da un carrello delle bevande sfuggito al controllo di un'hostess.

Il premio 'Imbecille dell'anno' ha un vincitore, un avvocato gabbato dall'intelligenza artificiale

Una causa che, apparentemente, non avrebbe dovuto avere storia: i fatti erano quelli esposti dal querelante; la difesa della compagnia si poteva limitare solo a parlare di accidentalità, con un tasso di responsabilità vicina allo zero, peraltro appellandosi - questo l'argomento su cui fidava - al fatto che la denuncia era stata presentata oltre i limiti di tempo concessi. Insomma, una sentenza in fatto quasi già scritta prima dell'inizio del processo, con qualche margine esiguo di manovra per la difesa in materia di termini. Ma all'avvocato Schwartz evidentemente piace non solo vincere, ma umiliare la controparte. Per questo, presentatosi in aula, ha esibito una massa impressionante di precedenti che, a suo giudizio, avrebbero dovuto spazzare via ogni tentativo della difesa.

L'elenco di sentenze (e quindi precedenti) esibito dall'avvocato Schwartz è stato notevole, per mole e argomentazioni (venivano citati processi simili, con imputate altre compagnie aeree, americane e no). Forse troppo impressionante, per non ingenerare il dubbio che tutto andava in un senso, che, dalla documentazione presentata, la vicenda aveva già scritto l'esito. E dal dubbio alla verifica il passo è stato breve, e con un esito che ha sbalordito tutti, a cominciare forse dallo stesso avvocato quando si è avveduto che le sentenze da lui citate non esistevano.

E perché mai un avvocato avrebbe esibito sentenze fasulle? Per il solo motivo che, come ha poi lui stesso ammesso, per le ricerche piuttosto che rivolgersi a qualche paralegale o praticante, ha chiesto aiuto a ChatGTP, nella certezza che questo ''meccanismo'' che si basa sull'intelligenza artificiale (ti rivolgi a lui come se fosse una persona e non come una macchina) lo avrebbe aiutato a raccogliere la documentazione che a lui serviva.
Solo che ChatGPT, quando non ha risposte a quesiti specifici, ne costruisce, quasi a volere evitare che su di essa si possano formulare giudizi negativi. Insomma, al tirare delle somme, tutte e sette le sentenze esibite dall'avvocato Schwartz a sostegno della sua linea sono risultate desolatamente inventate. Con la massima ''buona volontà'' (semmai ne possiamo accreditarne a una macchina, seppure sofisticata) , ma pur sempre inventate.

Non sappiamo quale sia stato il verdetto della corte che, lo diciamo ad intuito, non è che deve averla presa bene, pur se con la massima comprensione verso un avvocato esperto che, magari per mancanza di tempo, ha scelto la scorciatoia dell'intelligenza artificiale rispetto al lavoro umano.
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Italia Informa n° 1 - Gennaio/Febbraio 2024
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