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Boom di elettriche, mercato fermo: l’Europa riscrive le regole

- di: Bruno Coletta
 
Boom di elettriche, mercato fermo: l’Europa riscrive le regole
Boom di elettriche, mercato fermo: l’Europa riscrive le regole
In Italia le full electric corrono spinte dagli incentivi Isee, ma il mercato resta fiacco. Intanto Berlino guida l’offensiva per salvare le ibride oltre il 2035 e Bruxelles prepara un piano automotive che può cambiare le regole del gioco.

In Italia elettriche da record, ma il mercato resta al palo

Il dato è secco e difficilmente contestabile: a novembre il mercato italiano dell’auto ha messo insieme 124.222 immatricolazioni, praticamente in linea con lo stesso mese del 2024, con una variazione trascurabile attorno allo zero. Da gennaio a novembre le nuove targhe si fermano a 1,42 milioni di unità circa, con un calo superiore al 2% su base annua e un distacco che resta pesante rispetto all’epoca pre-Covid, quando nel 2019 si erano superati abbondantemente 1,9 milioni di immatricolazioni.

Dentro questo quadro fiacco, però, una voce stona – in positivo. Le auto 100% elettriche hanno vissuto un mese di novembre dirompente: oltre 15.000 nuove immatricolazioni in trenta giorni, pari a una crescita superiore al 130% rispetto a novembre dell’anno precedente e a una quota di mercato mensile che si spinge poco sopra il 12%, più del doppio rispetto a dodici mesi prima.

Su base annua, il parco delle elettriche si è fatto ormai solido: le immatricolazioni full electric da inizio 2025 hanno superato la soglia delle 80.000 unità, con uno stock circolante che sfiora le 354.000 vetture. Numeri ancora lontani da quelli dei principali Paesi del Nord Europa, ma ormai sufficienti a far parlare di una piccola rivoluzione in corso.

Il superbonus Isee che ha cambiato la partita

La vera svolta è arrivata con i nuovi incentivi auto 2025 legati all’Isee, entrati a regime in autunno dopo mesi di discussione. Il meccanismo è semplice ma molto incisivo:

  • per chi ha un Isee fino a 30.000 euro è previsto un contributo fino a 11.000 euro sull’acquisto di un’auto elettrica, in presenza di rottamazione;
  • chi ha un Isee tra 30.000 e 40.000 euro può ottenere uno sconto fino a 9.000 euro;
  • le microimprese attive nel trasporto merci possono accedere a un contributo pari a una quota del prezzo del veicolo, entro un tetto massimo prefissato.

Il risultato è visibile tanto nelle statistiche quanto nelle concessionarie: nella sola finestra di novembre si stima che tra 7.000 e 9.000 targhe elettriche abbiano beneficiato del bonus, con tempi di attesa che in alcuni casi si sono allungati per la corsa all’incentivo.

Il rovescio della medaglia è altrettanto chiaro: senza questo “paracadute” pubblico, il mercato sarebbe finito ben più in basso. Gli analisti sottolineano che, al netto degli incentivi, il dato di novembre avrebbe mostrato una flessione superiore al 2%. Non a caso, il Centro Studi specializzati segnalano che il 2025 dovrebbe chiudersi attorno a 1,5 milioni di immatricolazioni, un livello giudicato “infimo” per un Paese con la storia automobilistica dell’Italia.

In parallelo, il presidente dell’associazione dei costruttori nazionali ha lanciato un campanello d’allarme: “È paradossale che le quattro auto elettriche più vendute in Italia non siano prodotte in Europa”, ha osservato, sottolineando il rischio di mettere la domanda interna al servizio soprattutto di produttori extraeuropei.

Stellantis tra medaglie e avvertimenti

Nel borsino dei costruttori, Stellantis resta il campione di casa, ma la fotografia è meno rassicurante di quanto dica il solo dato di novembre. Il gruppo ha immatricolato nel mese 31.733 vetture, con una crescita del 3% anno su anno e una quota di mercato salita al 25,6%, in aumento rispetto al 24,8% di dodici mesi prima.

Sui primi undici mesi, però, il conto è ancora in rosso: le auto vendute dal gruppo in Italia sono poco sotto le 400.000 unità, con una flessione di circa il 7% sullo stesso periodo dell’anno precedente e una quota di mercato che scende dal 29,4% a poco più del 28%.

Nonostante le difficoltà, Stellantis piazza ancora tre modelli nella top ten delle auto più vendute nel Paese, con la Fiat Panda stabilmente in cima alle classifiche e altri modelli come Jeep Avenger e Citroën C3 a presidiare il segmento di massa.

Ma la vera novità è l’alleanza con la cinese Leapmotor, di cui Stellantis è azionista e partner industriale. Il brand cinese, appena sbarcato in Europa, ha già messo a segno oltre 2.200 immatricolazioni in Italia nel solo mese di novembre, conquistando circa l’1,8% del mercato: un esordio che racconta molto della rapidità con cui i produttori asiatici stanno entrando nello spazio tradizionalmente occupato dalle case europee.

L’assalto cinese: BYD, Chery e gli altri

Il fenomeno non riguarda solo Leapmotor. Negli ultimi dodici mesi il mercato italiano ha visto una vera esplosione delle vendite dei brand cinesi: BYD ha registrato aumenti a tre cifre, con tassi di crescita che superano il 500% anno su anno, mentre le marche del gruppo Chery, come Omoda e Jaecoo, mostrano incrementi analoghi, vicino al 400%.

Per i costruttori europei, questo significa subire una pressione doppia: da un lato i vincoli regolatori e gli impegni climatici, dall’altro la concorrenza di prodotti spesso più economici, che arrivano su mercati già in rallentamento. Non stupisce, quindi, che la tutela della filiera automobilistica sia diventata un tema politicamente esplosivo, soprattutto in Paesi come Germania e Italia, dove l’auto vale centinaia di migliaia di posti di lavoro.

Merz guida la controffensiva tedesca

Sul fronte politico, il protagonista delle ultime settimane è il cancelliere tedesco Friedrich Merz. Alla vigilia del nuovo piano europeo per l’auto, il capo del governo di Berlino ha rotto gli indugi, annunciando l’invio di una lettera alla presidente della Commissione Ursula von der Leyen per chiedere di alleggerire lo stop ai motori termici dal 2035.

Nel documento, Merz chiede esplicitamente di consentire la vendita di auto ibride plug-in e di vetture con doppio sistema di propulsione anche oltre il 2035, a condizione che le emissioni residue vengano compensate, per esempio tramite obblighi più stringenti sulle filiere dei carburanti o sui crediti di CO₂. Per il cancelliere, la chiave è una regolazione: “neutrale dal punto di vista tecnologico, flessibile e realistica” che non vincoli l’Europa a una sola soluzione, ma permetta di combinare batteria, biocarburanti, e-fuels e ibridi evoluti.

Merz insiste su un punto politico preciso: “Per garantire la competitività del nostro settore automobilistico in un futuro climaticamente neutro, servono regole europee che tengano insieme protezione del clima, forza industriale e innovazione”. Un messaggio che intercetta le preoccupazioni dei Länder tedeschi, che hanno approvato all’unanimità la richiesta di maggiore flessibilità, temendo un impatto pesantissimo su occupazione e investimenti.

Nella stessa direzione si muove anche una parte dell’industria. L’amministratore delegato di Stellantis, Antonio Filosa, ha espresso apprezzamento per la posizione tedesca, osservando che l’Europa ha davanti a sé “un’enorme opportunità per ripensare le regole, conciliando decarbonizzazione, difesa dell’industria e accessibilità economica per i cittadini”.

Cosa prepara Bruxelles: il pacchetto automotive

Dentro questo braccio di ferro, la Commissione europea sta mettendo a punto il cosiddetto “pacchetto automotive”, che dovrebbe essere presentato il 10 dicembre e rappresenterà la prima vera verifica politica della linea tracciata dal Green Deal nel settore trasporti.

Le anticipazioni circolate a Bruxelles e nelle capitali europee convergono su alcuni punti chiave:

  • apertura alla tecnologia “range extender”, cioè auto elettriche con piccoli motori termici di supporto, nelle quali il propulsore a combustione non muove direttamente le ruote ma ricarica la batteria in marcia;
  • riconoscimento dei carburanti a basse emissioni (biocarburanti avanzati o e-fuels) all’interno dei target di CO₂, con criteri più chiari per definirne la sostenibilità;
  • maggiore flessibilità per i costruttori che producono principalmente in Europa, con incentivi aggiuntivi e possibili margini di tolleranza sulle soglie di emissione in cambio di investimenti in impianti e occupazione nel territorio europeo;
  • una revisione del calendario e delle modalità di attuazione dello stop alla vendita di nuove auto con emissioni di CO₂ dal 2035, senza però modificarlo formalmente nel breve periodo: l’ipotesi è di intervenire soprattutto sugli strumenti di attuazione e controllo.

La Commissione ha già chiarito che la revisione complessiva delle norme sulle emissioni non arriverà prima del 2026, ma il pacchetto di dicembre è destinato a dare un segnale immediato a governi e costruttori, indicando fino a che punto Bruxelles è disposta a concedere margini alla “neutralità tecnologica” invocata dalla Germania.

I nodi aperti per l’Italia: industria, lavoro, infrastrutture

Per l’Italia, l’incrocio tra boom delle elettriche incentivate e mercato complessivo stagnante apre diversi dossier delicati.

Il primo riguarda l’industria nazionale. Il sistema produttivo italiano dipende in larga misura dalle scelte di Stellantis e dal ruolo che verrà assegnato agli stabilimenti sul territorio, in un momento in cui il gruppo deve decidere dove localizzare le produzioni di nuova generazione, dalle citycar elettriche alle piattaforme per i veicoli a batteria e ibridi plug-in.

Il secondo nodo è quello delle infrastrutture di ricarica. Accanto all’esplosione della domanda di auto elettriche, la rete di colonnine cresce ma non con la stessa velocità, soprattutto nelle aree interne e nel Mezzogiorno. Il rischio è di alimentare un mercato drogato dagli incentivi, ma frenato nella vita quotidiana da tempi di ricarica lunghi e disponibilità limitata di punti di rifornimento rapidi.

Infine, c’è il tema della tenuta sociale. Una parte consistente del parco circolante italiano è composta da auto anziane, spesso oltre i dieci anni di età. Come ha osservato uno dei principali osservatori del settore, “una politica che spinge solo sulla nuova tecnologia senza accompagnare il ricambio del parco rischia di lasciare milioni di automobilisti su vetture sempre più vecchie e meno sicure”.

2035 non è domani, ma non è più lontanissimo

Sulla carta, il 2035 sembra un orizzonte ancora distante. Nella pratica, per i cicli industriali dell’auto, è dietro l’angolo. Un modello progettato oggi potrebbe restare in listino anche dieci anni, e gli investimenti in piattaforme e motori si ammortizzano su archi temporali analoghi.

Per questo lo scontro in corso tra Bruxelles, Berlino e le altre capitali non è un esercizio accademico, ma la definizione concreta del perimetro in cui si muoveranno costruttori, fornitori e lavoratori dell’automotive europeo nel prossimo decennio.

Due scenari si confrontano in modo sempre più netto:

  • da un lato chi punta su una transizione rapida e quasi esclusivamente elettrica, confidando nel calo dei costi delle batterie e in una diffusione accelerata delle infrastrutture;
  • dall’altro chi sostiene una neutralità tecnologica ampia, con il mantenimento sul mercato di ibridi plug-in, motori termici ad alta efficienza e carburanti sintetici, considerati strumenti necessari per proteggere l’occupazione e accompagnare le fasce di popolazione che non possono permettersi un’elettrica nuova, neppure con il bonus.

L’unica cosa certa, per ora, è che gli incentivi funzionano: quando il bonus è generoso e mirato, le elettriche decollano e spingono una domanda che altrimenti rimarrebbe in apnea. Ma il conto di questa scelta – in termini di finanza pubblica, equilibrio industriale e dipendenza tecnologica dall’estero – arriverà molto presto sul tavolo dei governi.

Conclusione: tra boom elettrico e braccio di ferro europeo

L’Italia entra nell’inverno 2025 con un’immagine doppia: da una parte le concessionarie affollate di clienti che, grazie al bonus Isee, scelgono la loro prima auto elettrica; dall’altra i grafici del mercato che restano piatti, i costruttori europei che chiedono regole meno rigide e i governi che si confrontano su come non perdere la partita globale dell’auto.

La mossa di Merz per salvare le ibride oltre il 2035, il pacchetto automotive di Bruxelles e le strategie dei grandi gruppi – da Stellantis ai colossi tedeschi – diranno se il boom di novembre è l’inizio di una traiettoria stabile o solo un colpo di fiato alimentato dagli incentivi.

Nel frattempo, una cosa è già chiara: l’elettrico non è più una nicchia, ma il terreno principale su cui si decide il futuro dell’industria automobilistica europea, del lavoro e – non da ultimo – del portafoglio degli automobilisti. 

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