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Cacciari: la scuola deve insegnare a pensare, non solo a servire

- di: Jole Rosati
 
Cacciari: la scuola deve insegnare a pensare, non solo a servire
Massimo Cacciari lancia un allarme: senza pensiero critico e formazione culturale, i giovani resteranno smarriti e la scuola rischia di diventare inutile.

Il quadro culturale secondo Cacciari

Nella sua analisi più recente, apparsa su Fortune Italia, Massimo Cacciari non usa mezzi termini. Per il filosofo, dietro l’apparente modernità di un Paese che parla di startup, intelligenza artificiale e meritocrazia, si nasconde una resa culturale senza precedenti. Secondo Cacciari, la scuola è l’unico “salvagente” capace di proteggere i giovani da una realtà che altrimenti rischiano soltanto di subire.

Quali compiti per l’istituzione scolastica

Comprendere la complessità

Cacciari sottolinea che la scuola deve insegnare ai giovani a leggere la realtà in tutti i suoi aspetti: culturale, sociale, economico, politico. Non basta formarli per un mestiere. Serve che sviluppino capacità di analisi, giudizio critico e discernimento.

Resistere all’adattamento passivo

Il filosofo rifiuta l’idea di un’istruzione che si limita a garantire occupazione immediata. La scuola non deve ridursi ad anticamera del lavoro, ma restare luogo di pensiero, riflessione e cultura. “Una scuola finalizzata solo al servizio della produzione è oggi la più inutile del mondo”, afferma Cacciari.

Riscoprire il ruolo della politica

Per Cacciari la politica resta un’arte necessaria. “Gli algoritmi non risolveranno i conflitti tra Stati, imperi e poteri”, afferma. Di qui la necessità di leggere i classici del pensiero politico e giuridico e di educare i giovani alla partecipazione attiva.

Superare l’illusione della meritocrazia

Cacciari definisce la meritocrazia un’ideologia vuota se non si affrontano le disuguaglianze di partenza. “In Italia nulla funziona davvero in modo meritocratico”, sostiene, indicando pratiche come raccomandazioni e criteri di valutazione opachi.

Criticità e riflessioni

Tecnologia come forma della vita: per Cacciari, le tecnologie non sono solo strumenti, ma plasmano il modo stesso di pensare e la percezione del reale. Il flusso digitale, dice, è ormai la nostra unica realtà.

Giovani fragili: isolamento, precarietà e difficoltà a costruire un futuro delineano una generazione che vive senza bussola culturale, privata di un orizzonte chiaro.

Quali sono le resistenze

Il sistema scolastico è gravato da carenze infrastrutturali, mancanza di risorse e disparità territoriali. Le politiche educative privilegiano test e inserimento professionale a breve termine, trascurando la formazione critica a lungo periodo. Intanto, cresce la richiesta di competenze tecniche immediatamente spendibili sul mercato globale.

Implicazioni per il futuro

  • Rivedere i curricula e reintegrare filosofia, scienze umane e storia del pensiero come fondamenti della formazione.
  • Investire nella formazione dei docenti, perché stimolino il pensiero critico.
  • Finanziare ricerca, cultura e infrastrutture scolastiche per ridurre le disuguaglianze.
  • Riconoscere che il valore della scuola non si misura solo nell’occupabilità immediata, ma nella capacità di formare cittadini consapevoli.

La scuola non è uno strumento al servizio del mercato, ma uno spazio pubblico essenziale per coltivare libertà e pensiero

Cacciari ricorda con forza che la scuola non è uno strumento al servizio del mercato, ma uno spazio pubblico essenziale per coltivare libertà e pensiero. “Se la scuola continua a tradire il suo stesso nome, meglio chiuderla”, ammonisce. Per il filosofo, senza una vera rinascita culturale, l’Italia rischia di restare un Paese vecchio, cieco e senza futuro.

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