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Campi Flegrei, tregua apparente: come funziona il monitoraggio del bradisismo e chi controlla il vulcano invisibile

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Campi Flegrei, tregua apparente: come funziona il monitoraggio del bradisismo e chi controlla il vulcano invisibile

Il fenomeno che interessa l’area dei Campi Flegrei non è un semplice sciame sismico: è il risultato di un processo geologico chiamato bradisismo, un lento e progressivo sollevamento (o abbassamento) del suolo dovuto alla dinamica dei fluidi sotterranei. In particolare, nella caldera flegrea – una delle più grandi e attive del mondo – il suolo si solleva perché gas e fluidi magmatici risalgono nelle camere ipogee, esercitando pressione. A differenza dei terremoti tettonici, in cui l’energia si libera in pochi istanti, qui l’energia si accumula in modo graduale, producendo variazioni misurabili anche nell’ordine di millimetri al mese.

Campi Flegrei, tregua apparente: come funziona il monitoraggio del bradisismo e chi controlla il vulcano invisibile

Il suolo, ad esempio, a Pozzuoli si sta sollevando con un ritmo medio di 2 centimetri al mese da oltre un anno. In alcune fasi il tasso è arrivato anche a 15 cm l’anno, come nel biennio 1983-84, quando l’area fu evacuata per il rischio di eruzione. Quello che sta avvenendo ora è una nuova crisi bradisismica, la più intensa dal punto di vista sismico da oltre quarant’anni, e la più monitorata della storia recente.

Chi monitora: l’Osservatorio Vesuviano e il Dipartimento della Protezione Civile

La sorveglianza scientifica dell’area è affidata all’Osservatorio Vesuviano dell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia (INGV), uno dei centri di eccellenza italiani nella vulcanologia. Gli scienziati dell’Osservatorio operano su tre livelli: sismologico, geodetico e geochimico. Ciò significa che analizzano in tempo reale la sismicità locale, le variazioni altimetriche del suolo, e la composizione dei gas vulcanici emessi in superficie (soprattutto anidride carbonica e zolfo).

Oltre 60 stazioni sismiche e GPS sono distribuite nel territorio flegreo, collegate in rete per trasmettere dati 24 ore su 24. Le centraline GPS rilevano i sollevamenti del suolo al millimetro, mentre i sismometri registrano microeventi anche di magnitudo inferiore a 1.0. Le analisi geochimiche vengono effettuate nelle fumarole di Solfatara e Pisciarelli, dove la temperatura e il flusso di gas possono essere indicatori indiretti di dinamiche profonde.

Questi dati vengono raccolti, elaborati e trasmessi al Centro di Competenza della Protezione Civile nazionale, che lavora in sinergia con le prefetture, i sindaci dei Comuni interessati, e il Centro di Coordinamento dei Soccorsi (CCS) presso la Prefettura di Napoli. Ogni variazione anomala attiva immediatamente un protocollo operativo predefinito, con scenari di rischio aggiornati e verifiche sulla vulnerabilità del territorio.

Come si analizza una scossa nei Campi Flegrei

Quando una scossa come quella di ieri – magnitudo 4.4, ipocentro a circa 3 km di profondità – si verifica, il primo elemento che gli scienziati valutano è la localizzazione epicentrale in relazione ai condotti vulcanici noti. Si cerca di capire se l’evento è legato a una rottura tettonica locale o a un fratturamento di rocce dovuto a sovrappressione dei gas. I sismologi analizzano anche la frequenza e la distribuzione temporale degli eventi, perché un aumento di scosse ravvicinate in profondità basse può indicare un’accelerazione del fenomeno.

I dati raccolti vengono confrontati con modelli geofisici che simulano il comportamento della caldera. Se emergono discrepanze, l’INGV convoca riunioni straordinarie per valutare un cambio di livello di allerta, che può passare da verde (base) a giallo (attenzione), arancione (preallarme) e rosso (allarme). Attualmente l’area dei Campi Flegrei si trova in livello giallo, il che implica vigilanza costante e presenza attiva della Protezione Civile nelle operazioni di supporto alla popolazione.

Il piano d’emergenza e la mappatura della vulnerabilità

Sul fronte della prevenzione, le amministrazioni locali, in coordinamento con la Regione Campania, stanno implementando il Piano Nazionale di Emergenza per i Campi Flegrei, che prevede un sistema di evacuazione per oltre 500.000 persone, suddivise in comuni a rischio in base alla distanza dal cratere. Il piano include: individuazione delle “zone rosse” da evacuare in caso di allarme rosso, simulazioni periodiche con la popolazione, verifica della tenuta degli edifici, e aggiornamento costante della mappa del rischio.

Parallelamente, gli ingegneri delle Università di Napoli e delle strutture tecniche regionali stanno effettuando rilievi strutturali sugli edifici storici e sulle infrastrutture pubbliche. Le case più vulnerabili, soprattutto nei centri storici, vengono catalogate con priorità per eventuali interventi di messa in sicurezza o evacuazione preventiva.

Tecnologia, scienza e gestione dell’incertezza

Quello dei Campi Flegrei è uno dei sistemi di monitoraggio più sofisticati al mondo. Ma la scienza del vulcanismo calderico resta una frontiera aperta. Non esistono modelli predittivi certi. Per questo il lavoro degli scienziati è un equilibrio continuo tra dati e probabilità, tra segnali e scenari. Il margine d’errore è strutturale. Ed è proprio in questa incertezza che si gioca la sfida più grande: proteggere mezzo milione di persone sapendo che ogni giorno il vulcano può restare fermo. O risvegliarsi.

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