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Concordato preventivo biennale: lo puoi revocare, ma senza sapere cosa succede dopo

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Concordato preventivo biennale: lo puoi revocare, ma senza sapere cosa succede dopo

Il concordato preventivo biennale, introdotto come pilastro della nuova stagione fiscale italiana, si rivela uno strumento tanto innovativo quanto opaco. Il meccanismo consente al contribuente di aderire a una proposta fiscale precompilata dall’Agenzia delle Entrate, basata sull’intelligenza artificiale e su modelli predittivi. Ma se da un lato l’adesione garantisce certezza e stabilità per due anni, dall’altro la possibilità di revoca unilaterale prima della scadenza si scontra con un paradosso: chi rinuncia, lo fa senza sapere a cosa va incontro. Nessuna simulazione, nessuna anticipazione di quanto si dovrebbe pagare in regime ordinario. Il risultato è un’incertezza paralizzante che vanifica in parte la finalità stessa dello strumento.

Concordato preventivo biennale: lo puoi revocare, ma senza sapere cosa succede dopo

La norma prevede che il contribuente possa comunicare la revoca del concordato entro il 15 ottobre dell’anno d’imposta in corso. Tuttavia, l’Agenzia delle Entrate non è tenuta – per ora – a rendere noto l’importo stimato della tassazione che deriverebbe dalla revoca. Il contribuente è quindi chiamato a prendere una decisione complessa senza conoscere le reali conseguenze economiche. Questo approccio, criticano molti esperti, tradisce il principio della trasparenza amministrativa. Non si tratta di un’opzione tecnica, ma di una scelta che ha un impatto diretto sulla gestione aziendale, sulla liquidità e sulla programmazione finanziaria.

Commercialisti e imprese chiedono certezze
L’assenza di un calcolo alternativo ufficiale, almeno a livello simulativo, pone le partite Iva e i professionisti di fronte a un dilemma: restare nel concordato con il rischio di pagare più del dovuto, oppure revocare senza sapere se si andrà incontro a una maggiore pressione fiscale. I commercialisti denunciano che il sistema impone un salto nel buio. “Chiediamo che il contribuente sia messo nelle condizioni di scegliere in modo informato – afferma il presidente dell’Ordine di Milano – altrimenti si mina la fiducia nel nuovo patto fiscale”. Alcune associazioni di categoria, tra cui Confartigianato e CNA, hanno già chiesto un intervento correttivo per colmare il vuoto informativo.

Il nodo dei dati predittivi e l’asimmetria informativa
Il cuore del problema risiede nei dati. Il concordato si fonda su una stima predittiva dell’Agenzia, ma il contribuente non ha accesso alla logica con cui questi dati sono elaborati. Né può sapere se eventuali eventi eccezionali, come una crisi aziendale, saranno tenuti in conto. La discrezionalità resta tutta in mano all’amministrazione finanziaria, mentre il contribuente è costretto a decidere su basi incomplete. La presunta semplificazione si trasforma così in una nuova forma di asimmetria informativa che rischia di indebolire il rapporto tra fisco e contribuente proprio nel momento in cui si vorrebbe renderlo più collaborativo e trasparente.

Un patto che rischia di non reggere alla prova della realtà

La sfida è quella di rendere il concordato uno strumento di fiducia reciproca. Ma senza strumenti di valutazione comparativa, senza trasparenza algoritmica e senza possibilità di simulare gli effetti della revoca, il rischio è che si trasformi in un vincolo percepito come arbitrario. In attesa di chiarimenti ufficiali e di un eventuale intervento normativo, la revoca del concordato resta una mossa alla cieca. E nel fisco italiano, più che in ogni altro ambito, la cecità non è mai una buona consigliera.

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