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Dazi e tensioni commerciali, Washington accelera: partono le lettere ai Paesi coinvolti

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Dazi e tensioni commerciali, Washington accelera: partono le lettere ai Paesi coinvolti

Gli Stati Uniti hanno dato ufficialmente il via al nuovo round di tensioni commerciali con l’invio delle prime lettere ufficiali ai Paesi coinvolti nella vertenza sui dazi. Secondo fonti diplomatiche, sono dieci le nazioni contattate nella prima tornata, mentre la scadenza fissata per i negoziati è il 9 luglio. Una mossa che rischia di compromettere gli equilibri economici globali e di innescare una nuova ondata di instabilità finanziaria, proprio mentre l’Europa mostra segni di affaticamento sui mercati. A conferma del clima teso, le principali borse europee hanno aperto in territorio negativo: Milano ha perso lo 0,76%, mentre anche Francoforte e Parigi registrano cali.

Dazi e tensioni commerciali, Washington accelera: partono le lettere ai Paesi coinvolti

L’iniziativa americana arriva dopo settimane di segnali e avvertimenti. Il Dipartimento del Commercio ha avviato una revisione approfondita dei regimi di importazione di alcuni Paesi europei e asiatici, con l’obiettivo di contrastare le pratiche considerate sleali o non in linea con gli accordi multilaterali. La decisione di procedere formalmente con le notifiche bilaterali è stata presa in una riunione ristretta della Casa Bianca, guidata dal presidente Trump. La strategia punta a esercitare pressione negoziale e ottenere concessioni rapide, sfruttando il peso economico statunitense e l’incertezza dei mercati globali.

Borse in calo e timori sul fronte europeo
L’Europa, già provata dalle ripercussioni della guerra in Ucraina e dalle difficoltà energetiche, risente immediatamente della nuova frizione commerciale. A Piazza Affari il calo dello 0,76% viene interpretato come un primo segnale di nervosismo, in attesa di comprendere quali saranno i Paesi effettivamente colpiti dai nuovi dazi e quali settori saranno interessati. Anche il settore del lusso e dell’automotive, tradizionalmente esposto al mercato statunitense, mostra una certa debolezza. L’effetto domino si estende a tutto il comparto manifatturiero, con ripercussioni potenziali sul PIL dell’Eurozona.

La Cina risponde con tariffe sul brandy
Come in un gioco di specchi, anche la Cina ha reagito con decisione. Pechino ha annunciato che da domani saranno applicate tariffe ‘antidumping’ sull’importazione del brandy europeo, una misura che colpisce direttamente i produttori francesi ma che rischia di trascinare con sé l’intero comparto vitivinicolo del Vecchio Continente. Le autorità cinesi hanno giustificato la decisione con la necessità di proteggere il mercato interno da pratiche di concorrenza sleale, ma l’impressione generale è che si tratti di una risposta diretta alle pressioni occidentali e alle iniziative parallele contro l’industria tecnologica cinese.

Una rete di scontri incrociati
La guerra dei dazi non è più solo una questione bilaterale tra Stati Uniti e Cina. L’espansione del conflitto commerciale sta investendo una pluralità di attori e settori, con implicazioni che vanno ben oltre la logica del protezionismo. Washington appare determinata a ricalibrare i rapporti economici internazionali sulla base di criteri di reciprocità e tutela del lavoro domestico, mentre Pechino reagisce colpendo in modo mirato le eccellenze simboliche dell’Europa. Intanto, Bruxelles si prepara a un confronto duro e difficile: i margini di mediazione sembrano ridotti e il rischio di escalation è concreto.

Il calendario dei negoziati
Il termine per evitare l’entrata in vigore delle nuove tariffe è fissato per il 9 luglio. Entro quella data, ogni Paese coinvolto dovrà rispondere formalmente alle accuse mosse dagli Stati Uniti e, se possibile, proporre contromisure o concessioni. Tuttavia, il margine temporale è stretto e le distanze politiche sembrano ampie. La Commissione europea ha già convocato una task force per elaborare una strategia comune, ma tra gli Stati membri emergono visioni divergenti: da un lato chi vuole difendere a tutti i costi il libero scambio, dall’altro chi vede nei dazi una possibile protezione per le imprese locali.

Il rischio sistemico
Gli analisti economici guardano con preoccupazione al possibile impatto sistemico di questa nuova fase di conflitto commerciale. A differenza delle crisi precedenti, l’attuale tensione arriva in un contesto post-pandemico fragile, con la crescita rallentata e l’inflazione ancora elevata in molte aree del mondo. Una guerra dei dazi estesa potrebbe innescare reazioni a catena nei mercati valutari, nei flussi di investimento e nella logistica globale, già sotto pressione per le recenti turbolenze geopolitiche. Il Fondo Monetario Internazionale ha lanciato un primo monito: “Serve responsabilità da parte di tutti gli attori”.

Il ruolo dell’Italia e le attese
Per l’Italia, il rischio è duplice: da un lato la penalizzazione diretta di alcuni settori export – in particolare agroalimentare e meccanica – e dall’altro l’effetto di ricaduta sulle catene di fornitura europee. Il governo segue con attenzione l’evolversi della situazione, mentre le imprese chiedono chiarezza e un’azione concertata da parte delle istituzioni europee. Il ministro delle Imprese e del Made in Italy ha dichiarato che “l’Italia farà valere le proprie ragioni nei tavoli internazionali, ma non può permettersi di rimanere sola”.

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