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Dazi USA, l’allarme dai Colli Euganei: “Così rischiamo l’abbandono dei vigneti”

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Dazi USA, l’allarme dai Colli Euganei: “Così rischiamo l’abbandono dei vigneti”

Nei Colli Euganei la preoccupazione cresce di giorno in giorno. L’ombra dei dazi americani sul vino italiano non si traduce solo in cifre da calcolare nei bilanci delle aziende, ma in un pericolo reale per la sopravvivenza di interi vigneti. Le tariffe annunciate dagli Stati Uniti rischiano infatti di mettere in ginocchio una filiera che, già fragile per i costi elevati di coltivazione, potrebbe non reggere l’ennesimo colpo. Marco Carraro, presidente del Consorzio, lo dice con chiarezza: “Coltivare la vite sui nostri colli aspri e scoscesi ha costi molto elevati, che spesso vengono a malapena coperti dalla vendita delle uve. Se il mercato internazionale dovesse penalizzarci con nuovi ostacoli, molti produttori non riuscirebbero più a sostenere il lavoro e l’alternativa sarebbe l’abbandono dei vigneti”.

Dazi USA, l’allarme dai Colli Euganei: “Così rischiamo l’abbandono dei vigneti”

I Colli Euganei non sono una zona vitivinicola qualsiasi. Si tratta di un territorio che intreccia storia, cultura e natura in una cornice di rara bellezza. Ogni filare è il risultato di generazioni che hanno trasformato pendii ripidi e terreni difficili in paesaggi modellati dalla mano dell’uomo. Qui, lavorare la terra significa fare i conti con condizioni morfologiche complesse: salite, pendenze, superfici ridotte che rendono impossibile la meccanizzazione spinta tipica delle pianure. Ogni vite richiede cura manuale, ogni vendemmia è frutto di fatica e dedizione. Per questo i costi sono molto più alti rispetto ad altre aree vitivinicole. E proprio per questo, spiega Carraro, “preservare la viticoltura in contesti così estremi ha un valore culturale che va oltre il semplice mercato. È un patrimonio che appartiene non solo ai produttori, ma a tutta la collettività”.

Il rischio dell’abbandono
Se i margini economici continueranno ad assottigliarsi, il pericolo è concreto: le vigne potrebbero essere lasciate a se stesse. Non si tratta di un’ipotesi remota. Già in passato, in momenti di crisi, interi appezzamenti in zone difficili da coltivare sono stati abbandonati, con conseguenze visibili nel paesaggio e ricadute ambientali non indifferenti. La vite, infatti, non è solo fonte di vino, ma anche di equilibrio per i terreni, di tutela del paesaggio e di presidio contro il dissesto idrogeologico. Se le colline restassero spoglie, il danno andrebbe ben oltre quello economico.

L’appello alle istituzioni

Il settore vitivinicolo guarda quindi con grande attesa alle decisioni di Governo e Commissione europea. “Se si deciderà di intervenire con misure a sostegno della filiera – continua Carraro – sarà fondamentale non limitarsi ad aiutare le imprese esportatrici. Bisogna guardare a tutta la catena produttiva, sostenendo anche i viticoltori, soprattutto quelli che operano in contesti ambientali delicati e di grande pregio come i nostri Colli Euganei e molte altre zone d’Italia”. Non è soltanto una questione economica: è la sopravvivenza di un tessuto sociale, culturale e paesaggistico che rischia di sgretolarsi sotto il peso di tariffe decise a migliaia di chilometri di distanza.

Una sfida che va oltre i numeri
Il dibattito sui dazi spesso si concentra su cifre, percentuali e proiezioni di mercato. Ma tra le colline venete il tema assume una dimensione diversa. Qui ogni bottiglia racconta la storia di chi l’ha prodotta, ogni filare è un pezzo di identità locale. Perdere anche solo una parte di questo patrimonio significherebbe cancellare secoli di tradizioni, rinunciare a un presidio culturale che ha contribuito a rendere l’Italia una delle capitali mondiali del vino. Il rischio non riguarda soltanto i consumatori americani che pagheranno bottiglie più care, ma interi paesaggi che potrebbero mutare irreversibilmente.

Il vino come custode del territorio

Difendere i vigneti dei Colli Euganei significa, in definitiva, difendere molto di più di un prodotto commerciale. Significa tutelare l’ambiente, mantenere vivo un presidio agricolo che impedisce il degrado e l’abbandono delle colline, proteggere un paesaggio che da sempre attira turisti, studiosi e appassionati. E significa, soprattutto, salvaguardare la dignità di chi, con il proprio lavoro, continua a credere nella viticoltura come forma di vita e non solo di reddito. Per questo il richiamo dei produttori non è soltanto un grido d’allarme, ma un invito a riflettere su quale futuro vogliamo per i nostri territori.

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