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Dazi Usa, studio Teha: per l’Italia impatto da 9 miliardi

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Dazi Usa, studio Teha: per l’Italia impatto da 9 miliardi
Dazi Usa, studio Teha: per l’Italia impatto da 9 miliardi
Colpiti automotive, farmaceutico, meccanica e agroalimentare. Effetti gestibili, ma servono strategie di lungo periodo.

La nuova stagione della politica commerciale statunitense, guidata dal presidente Donald Trump, si traduce in un colpo miliardario per l’economia italiana. Secondo lo studio del Teha Club sugli effetti della cosiddetta Trumpnomics sulle filiere europee e italiane, l’impatto complessivo dei dazi introdotti nei mesi estivi potrebbe arrivare a 9 miliardi di euro. Una cifra che, nello scenario in cui le imprese assorbissero parte dei costi aggiuntivi, scenderebbe a 6,7 miliardi, ma che resta comunque significativa.

Settori più colpiti

I comparti messi sotto pressione sono quelli che più rappresentano il Made in Italy nel mondo: automotive, farmaceutico, meccanica e agroalimentare. Le nuove tariffe vanno dal 15% fino a picchi del 200% su prodotti simbolici come vini e champagne europei. Per l’industria italiana, specialmente quella legata alle filiere dell’agroalimentare e della componentistica auto, il rischio non è solo legato alla contrazione immediata dell’export, ma anche alla perdita di quote di mercato difficilmente recuperabili.

L’accordo di agosto e il tetto del 15%

Un passaggio importante è stato l’accordo UE–USA del 21 agosto 2025, che ha fissato un tetto tariffario del 15%. Una misura che garantisce maggiore stabilità rispetto a una politica di dazi variabili, ma che comunque rappresenta un costo rilevante per imprese e consumatori.

“Il quadro resta complesso, perché a fronte di una maggiore prevedibilità, le aziende devono ripensare intere strategie di posizionamento, soprattutto nei mercati più sensibili al prezzo.” — Teha Club

La resilienza del sistema-Paese

Nonostante l’impatto stimato, l’Italia presenta fattori di resilienza strutturale. La diversificazione geografica delle esportazioni — con sbocchi solidi in Europa, Asia e Medio Oriente — riduce la dipendenza dal mercato statunitense. Inoltre, la bassa sostituibilità dei prodotti italiani, soprattutto nei settori di eccellenza come il design, il vino e la farmaceutica, offre un margine di protezione: “Molti beni italiani non possono essere rimpiazzati facilmente da alternative di altri Paesi, anche con dazi più alti.” — Studio Teha Club

Instabilità e incertezza

Il vero nodo, però, non è soltanto l’entità dei dazi, ma la modalità con cui vengono introdotti. Negli ultimi mesi la Casa Bianca ha alternato annunci repentini a misure improvvise, alimentando un clima di incertezza che rende difficile pianificare. Per le imprese italiane, ciò significa ritardi negli investimenti, prudenza nelle assunzioni e minore capacità di programmare la crescita a medio termine.

“La volatilità normativa è un costo nascosto che spesso pesa più del dazio stesso.” — analisti di settore

L’Europa alla prova

Gli effetti non si limitano all’Italia. Tutta l’Europa è coinvolta: dall’automotive tedesco alla tecnologia olandese, dai vini francesi alla farmaceutica svizzera. In questo contesto, la compattezza dell’Unione europea diventa decisiva per negoziare condizioni più favorevoli e per evitare il rischio di frammentazione tra i vari Paesi membri. L’accordo di agosto è stato possibile grazie a un fronte comune, ma il tema di fondo resta: fino a che punto l’Europa accetterà di adattarsi alla nuova linea protezionista americana?

Le reazioni delle imprese

Dal fronte imprenditoriale arrivano segnali contrastanti. Alcune aziende italiane guardano con preoccupazione all’impatto immediato sui bilanci, mentre altre sottolineano che la forza del marchio Made in Italy potrebbe attenuare la contrazione della domanda. Confindustria richiama la necessità di un sostegno coordinato a livello europeo: “Non possiamo affrontare da soli una sfida di questa portata.” — portavoce di Confindustria. Le associazioni di categoria, in particolare quelle dell’agroalimentare e della meccanica, chiedono strumenti di credito agevolato e politiche di supporto per diversificare i mercati di sbocco.

Strategie per il lungo periodo

Lo studio del Teha Club è netto: l’impatto dei dazi è gestibile, ma solo con una visione di lungo periodo. Serve una politica industriale in grado di sostenere la competitività delle imprese attraverso innovazione, digitalizzazione e internazionalizzazione. Puntare su mercati alternativi, dall’Asia al Medio Oriente, sarà cruciale per bilanciare la contrazione sul fronte americano.

Un autunno di incertezze

Il 2025 segna dunque un cambio di fase per l’economia internazionale. Il protezionismo Usa non appare come una parentesi, ma come un paradigma destinato a durare. Per l’Italia, la sfida è trasformare questo scenario da minaccia a occasione di rilancio, rafforzando la propria presenza globale. Per ora, la certezza è una: i dazi costeranno almeno 9 miliardi, e la capacità del sistema-Paese di reagire determinerà se questo peso resterà un ostacolo temporaneo o diventerà un freno strutturale. 

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