Dal supermercato al divano, dallo smartphone allo schermo: 66 miliardi per il digitale italiano e una concentrazione di potere che fa riflettere.
In una traiettoria che più rapida non si può, l’Italia cambia volto sul fronte dei consumi digitali: nella ricerca dell’Consumers’ Forum viene stimata una spesa annuale per acquisti online, pay-tv e contenuti on demand che raggiungerà circa 66 miliardi di euro a fine 2025.
Dieci anni fa, nel 2015, gli italiani che utilizzavano l’e-commerce erano circa 17,7 milioni, oggi sono stimati in 35,2 milioni: la spesa è passata da 16,6 miliardi a 62 miliardi (+273 %) in questo arco temporale. Particolarmente impressionante è la crescita del food & grocery online: da 377 milioni di euro del 2015 agli stimati 4,9 miliardi del 2025, un aumento dell’ordine del +1.200 %.
Crescita ovunque e nuovi modelli di consumo
L’e-commerce in Italia non solo registra volumi sempre più alti ma mostra anche nuovi segnali: secondo il report dell’Consorzio Netcomm, nel primo semestre del 2025 sono state generate oltre 393 milioni di spedizioni B2C, con un incremento dell’8 % rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente.
Contemporaneamente, le famiglie italiane stanno rivedendo il rapporto con l’intrattenimento domestico: gli abbonamenti a servizi pay-tv o streaming, che nel 2015 contavano circa 7 milioni di utenze, oggi sono stimati intorno ai 21 milioni (+200 % in dieci anni), mentre la spesa per contenuti digitali supera i 3,7 miliardi di euro l’anno.
Domani su schermo: il divano è smart
«Le piattaforme sono diventate indispensabili per milioni di italiani anche per le operazioni più semplici – un acquisto, una prenotazione, o guardare la tv», dichiara Furio Truzzi, presidente di Consumers’ Forum. «Un potere che preoccupa e che richiede norme più efficaci sul fronte della tutela dei consumatori, delle imprese, della privacy e della concorrenza; e maggiori poteri in capo alle authority che vigilano su tali piattaforme».
In parole povere: non siamo più semplici spettatori o acquirenti, ma utenti integrali in un ecosistema digitale che plasma abitudini, consumi e relazioni.
Le big tech e il potere che cresce più delle sanzioni
È qui che viene il colpo: tra il 2022 e il 2025, le quattro principali aziende del mondo digitale – Google LLC, Meta Platforms Inc., Apple Inc. e Amazon .com Inc. – hanno accumulato sanzioni per oltre 22,5 miliardi di dollari (circa 19,4 miliardi di euro) da autorità di controllo nel mondo per violazioni della privacy, ostacoli alla concorrenza e pratiche sleali.
Eppure: nel solo terzo trimestre del 2025, queste stesse aziende riportano ricavi per 436 miliardi di euro a livello aggregato e utili netti pari a 86,4 miliardi di euro. Le multe? «Una goccia nel mare», commenta il report.
Questo fa scattare un campanello d’allarme: non è solo questione di numeri, ma di concentrazione di potere, ecosistema dominante e potenziale compressione di scelte libere da parte degli utenti e delle imprese. Come osserva il citato rapporto, «la desertificazione che preoccupa» riguarda il fatto che molte imprese finiscono per orbitare attorno all’ecosistema dei giganti invece di sviluppare alternative.
Quali rischi dietro il boom digitale?
• In primo luogo, la questione della privacy e dei dati personali: la raccolta massiva di informazioni, i cosiddetti “dark pattern”, gli algoritmi che orientano le scelte senza trasparenza, sono tornati al centro del dibattito regolatorio.
• In secondo luogo, il tema della concorrenza e della capacità delle autorità di regolamentazione (Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, Autorità per le Garanzie nelle Comunicazioni, ecc.) di intervenire in un mercato digitale sempre più complesso.
• Infine, la questione dell’accesso equo per le imprese: quando poche piattaforme controllano la “porta digitale”, le barriere all’entrata rischiano di crescere, e con esse le difficoltà per chi vuole innovare o competere su pari condizioni.
Verso un mercato più maturo ma anche più fragile
Del resto, se è vero che l’e-commerce in Italia mostra segnali di maturazione – ad esempio, secondo l’Osservatorio Netcomm +3,4 % per le imprese con canale digital nel 2025 – è altrettanto vero che permangono criticità: internazionalizzazione contenuta, forte concentrazione, e un bilanciamento tra canali online e offline che rimane ancora da definire.
La ricetta è dunque duplice: da un lato sfruttare la potenza delle tecnologie digitali e la loro capacità di innovare; dall’altro costruire un quadro regolatorio e competitivo che tuteli users, imprese e equilibrio di mercato.
Quali scenari per il prossimo futuro?
– Il food delivery e il grocery online, che hanno registrato la crescita più esplosiva, continueranno a spingere su logistica, sostenibilità e reperibilità rapida. Il +1.200 % in dieci anni racconta una corsa che non si esaurisce.
– Il mercato dell’intrattenimento on-demand diventa centrale: piattaforme sempre più personalizzate, modelli ibridi pay/adv/free, e la televisione classica che si trasforma in mosaico di schermi.
– Le piattaforme digitali assumono ruolo di gatekeeper: il controllo sull’interfaccia utente, dati, logistica, pagamenti è sempre più integrato – e con esso cresce la necessità di regole condivise.
– Infine, la regolazione digitale, l’intervento delle autorità e la consapevolezza dei consumatori emergeranno sempre più come componenti decisive per un ecosistema sano. Il rapporto “Consumerism 2025” dell’Consumers’ Forum dedica grande attenzione proprio al ruolo delle autorità indipendenti.
In sintesi: l’Italia ha messo in moto un digitale che non è più solo un canale “in più”, ma una dimensione centrale dei consumi. Ma dietro il boom si nasconde un bivio: o una trasformazione che includa veramente imprese e cittadini (non solo le piattaforme dominanti), oppure un mercato che rischia di diventare oligopolio – con costi e rischi ben evidenti.