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Donne: Le mie rughe raccontano chi sono

- di: Jole Rosati
 
Donne: Le mie rughe raccontano chi sono
L’età come forza, non come vergogna: la bellezza della maturità.
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Le rughe: segni di vita, non di decadenza
Ogni solco sulla pelle è un capitolo. Un sorriso intenso, una notte insonne, una preoccupazione per un figlio, una gioia improvvisa. Le rughe non sono segni di resa, ma impronte del tempo che abbiamo vissuto pienamente. Eppure, in un mondo che idolatra l’eterna giovinezza, ci viene chiesto di nasconderle, coprirle, annullarle. Di negare ciò che siamo diventate.
Le mie rughe raccontano chi sono. Non voglio cancellarle, ma celebrarle”, ha dichiarato l’attrice Isabella Rossellini (foto), 72 anni, in un’intervista al Guardian. “Ogni età ha la sua bellezza. Non esiste un solo modo di essere donna, e di certo non esiste un’età giusta per esserlo.”
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Quando la giovinezza è un diktat
L’ageismo, ovvero la discriminazione legata all’età, è un meccanismo subdolo ma potente. Colpisce uomini e donne, ma con un’intensità decisamente maggiore per le seconde. Una ricerca pubblicata dal World Economic Forum nel marzo 2025 mostra come oltre il 67% delle donne over 50 in Europa si senta “invisibile” nel mondo del lavoro e nella rappresentazione mediatica. Il 48% dichiara di aver subito commenti denigratori sull’aspetto fisico da parte di colleghi, amici o familiari.
Nel settore della moda, fino a pochi anni fa, una modella “matura” era considerata una rarità. Oggi qualcosa sta cambiando: campagne come quelle di Dove, Zalando o Gucci iniziano ad abbracciare la diversità dell’età. Ma i numeri parlano chiaro: secondo un’analisi dell’agenzia Hevoluta, su 1.000 spot televisivi italiani trasmessi nell’ultimo anno, solo il 3,2% ha incluso donne over 60 come protagoniste positive e attive.
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Il corpo che cambia, lo sguardo che evolve
Il corpo della donna invecchia sotto gli occhi di tutti. E per questo viene giudicato, valutato, confrontato. “Ogni volta che salgo sul palco, qualcuno commenta il mio viso”, ha raccontato la cantante Fiorella Mannoia, 70 anni. “Non si parla della mia musica, ma delle mie rughe. Questo è patriarcato invecchiato male”.
Invecchiare non è una colpa. È un privilegio che troppe donne non hanno. Eppure, nel racconto dominante, l’età è vista come una perdita: di freschezza, di desiderabilità, di rilevanza. In realtà, l’età può essere uno spazio di potere, consapevolezza, libertà.
Come scrive la filosofa Maura Gancitano nel suo libro Specchio delle mie brame: “Ogni ruga che cerchi di cancellare è un pezzo della tua storia che decidi di negare. Invece, dovremmo imparare a parlarne come si parla di trofei”.
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Dalla chirurgia estetica all'orgoglio estetico
Non è una colpa ricorrere a trattamenti estetici. Ma diventa un problema se l’unico modo per “esistere” socialmente è non sembrare mai ciò che si è. Secondo il Rapporto Isaps 2024 (International Society of Aesthetic Plastic Surgery), l’Italia è al settimo posto al mondo per interventi di ringiovanimento facciale. Il 92% di questi riguarda pazienti donne. E più della metà ha meno di 45 anni.
Non è un caso, ma una spia sociale”, afferma la sociologa Chiara Saraceno, intervenuta alla Conferenza europea sull’ageismo e i media. “Ci viene insegnato che il valore di una donna è legato alla sua estetica. E che questa estetica ha una data di scadenza. Rompere questo schema è una sfida culturale prima ancora che politica.”
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Il movimento pro-age e la rivoluzione silenziosa
C’è però un vento nuovo. Un movimento trasversale, spesso non gridato ma tenace: il pro-age. Non si tratta solo di accettare il tempo che passa, ma di rifiutare la narrazione della vergogna. Celebrità come Andie MacDowell, Helen Mirren e la nostra Ornella Vanoni sono diventate icone non per come hanno sfidato il tempo, ma per come lo hanno attraversato con grazia e ironia.
“I miei capelli bianchi non sono una resa, sono un manifesto”, ha detto MacDowell a Vogue nel 2024. “E le mie rughe sono la mia autobiografia in faccia.”
Anche in Italia, progetti come #bellacomesei e #agepride stanno raccogliendo testimonianze e storie di donne che rifiutano il binomio “vecchia=inutile”. Le community crescono, i libri aumentano, i podcast si moltiplicano. Il cambiamento parte dal linguaggio, e passa per lo specchio.
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Rappresentare, non addolcire
Nel 2025, il festival del cinema di Berlino ha premiato il film La pelle che abito della regista francese Claire Delorme, con protagonista una donna di 68 anni alle prese con un nuovo amore e un nuovo lavoro. Un film raro, per coraggio e onestà. “Non volevo rendere la vecchiaia simpatica, volevo renderla reale”, ha dichiarato Delorme alla stampa.
Questa è forse la chiave: non addolcire l’invecchiamento, ma rappresentarlo con autenticità. Non più donne mature come madri sofferenti o nonne sorridenti. Ma professioniste, amanti, ribelli, protagoniste.
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La forza dell'età
Ogni ruga è una battaglia vinta. Ogni cambiamento è una conquista. Le donne che oggi scelgono di non cancellare i segni del tempo stanno cambiando la narrazione collettiva. Con le parole, con i gesti, con la pelle.
In un’intervista a Vanity Fair la scrittrice Dacia Maraini ha detto:A 88 anni mi sento libera come non lo sono mai stata. Nessuno mi dice più cosa devo fare. Il corpo cambia, ma la mente può volare molto più in alto. Le rughe? Sono la mappa della mia libertà.”
Ecco, forse è questo che le rughe raccontano. Non solo chi siamo state, ma chi abbiamo scelto di essere.

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