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Il discorso di Draghi divide i commentatori e deve fare riflettere Giorgia Meloni

- di: Diego Minuti
 
Il discorso di Draghi divide i commentatori e deve fare riflettere Giorgia Meloni
Con un pizzico di non celato nazionalismo, noi italiani cadiamo spesso nella convinzione che la nostra sia una lingua melodiosa, dolce, chiara molto più di altre. Non è esattamente così, però a noi piace pensarlo. Dimenticando però che esistono le sfumature, quegli arzigogoli della mente che vogliono focalizzare l'attenzione di chi legge o ascolta su un argomento differente da quello di cui si parla o scrive.
Il preambolo, la premessa, l'incipit, chiamiamolo come più ci aggrada, è necessario per cercare di capire i meccanismi di elaborazione che hanno indotto i commentatori a dare contenuti diversi ad uno stesso discorso, come se sia possibile che asserzioni pronunciate da Mario Draghi, con la seriosità distaccata che è propria del personaggio, possano essere interpretate in modo assolutamente antitetico, quasi che il presidente del Consiglio (che pure ha un suo particolare senso dell'umorismo) si sia divertito a lasciare indizi contrastanti per il solo gusto di fare impazzire la maionese della politica nostrana.

Mario Draghi ha parlato durante il Meeting di Rimini 2022

Quindi resta ben difficile pensare che Draghi, nel suo disquisire sulla situazione politica ed economica del Paese, quella di oggi, di ieri e del futuro, abbia da un lato ''legittimato'' il centro-destra (dicendo una verità ovvia: chi vince le elezioni poi governa) e, dall'altro, ha messo in guardia l'Italia dal cadere preda di falsi idoli, come sovranismo e autarchia. E se si pensa che, almeno sino a questa mattina, di sovranismo traboccano le parole di molti esponenti del centro-destra, non foss'altro per flirtare con governi autarchici come pure esistono nella democratica Europa, si può intuire quali siano stati i destinatari del messaggio di Draghi.
La concretezza di Draghi è stata confermata anche dalle sue parole, dal non volere andare oltre al significato dei numeri, ma dicendosi comunque ottimista per il futuro. Innanzitutto perché un capo di governo lo deve essere - pena lo scoramento degli italiani -, poi perché le condizioni generali, seppure delicate, fanno sperare in un futuro meno angosciante.

Anche se l'intervento di Draghi al Meeting di Rimini aveva come uditorio l'intero Paese, chi sui suoi contenuti dovrebbe riflettere è Giorgia Meloni perché, da presidente del Consiglio in pectore, deve porre grande attenzione sui messaggi del premier, quelli palesi e quelli che lo sono stati un po' meno.
Quando parla Mario Draghi è come se parlasse l'Europa e non solo per il suo essere stato governatore della Bce. Parla in un certo modo rappresentando la saldezza di un sentimento di timore che aleggia nei circoli europei su come Giorgia Meloni interpreterà il suo ruolo, su come saprà segnare una netta e inequivocabile cesura dai toni e contenuti che hanno caratterizzato la sua opposizione, accreditandosi quindi come un primo ministro affidabile, soprattutto in materia economica, senza quegli avventurismi nei quali gli alleati tentano di trascinarla a colpi di opere faraoniche, tasse piatte, riforme borderline delle pensioni e chi ne ha più ne metta.

La presidente di Fratelli d'Italia, da quando i sondaggi hanno certificato la crescita esponenziale del consenso sul suo partito e anche del credito che lei si è guadagnata, oggi, pur essendo espressione dell'ala più a destra della coalizione, è costretta ad un ruolo di frenatrice rispetto alle avventate proposizioni politiche di Matteo Salvini e di Silvio Berlusconi, che cercano, quotidianamente, di scavalcarla con proposte e dichiarazioni che ricorrono a una comunicazione spregiudicata, che rischia di nuocere al progetto.

Meloni è oggi in una condizione di forza, e lo sarà ancora di più a urne chiuse e per questo è solo lei che può invertire questa tendenza, magari mettendo un freno al manifestarsi di ambizioni personali e autocandidature che oggi appaiono fuori di luogo, per non dire di peggio.
Inserire tra i candidati con l'elezione assicurata un ex magistrato come Carlo Nordio è stata una scelta precisa.
Ma basta questo per sentire Nordio dire che ha già elaborato una riforma della Giustizia che ha già l'ok di Meloni? Perché appare poco spiegabile che Fratelli d'Italia dica che è presto per parlare di ministri e che lo si dovrà fare solo una volta certificata la vittoria (tentando quindi di mettere un freno alle ambizioni di Matteo Salvini che quotidianamente fa capire di guardare al Viminale) , mentre un suo candidato parla come se sedesse già, da guardasigilli, nel tetro palazzone di via Arenula.
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