Mappati 93 progetti per 74 GW, ma i tempi di autorizzazione raddoppiano.
Un potenziale da 74 gigawatt, ma l’Italia frena da sola
È una mappa che racconta un'Italia potenzialmente protagonista della transizione energetica, ma ancora impantanata in se stessa. Sono 93 i progetti di eolico offshore presentati da imprese del settore, per una potenza complessiva di 74 gigawatt. A tracciarli è il nuovo report “Finalmente eolico offshore” presentato ad Augusta il 18 luglio 2025 durante la tappa siciliana di Goletta Verde. Ma dietro il titolo entusiasta, il quadro è tutt’altro che roseo: l’iter autorizzativo medio per la Valutazione di Impatto Ambientale (VIA) si attesta a 340 giorni contro i 175 previsti. Il doppio del tempo, il doppio del ritardo.
La tecnologia galleggiante domina (88 progetti su 93), con impianti collocati in media a oltre 32 km dalla costa. Solo cinque i progetti a struttura fissa, più vicini a riva ma sempre soggetti a un impianto normativo confuso e rallentato. Tre regioni da sole raccolgono oltre due terzi dei progetti: Puglia (26), Sicilia (25) e Sardegna (24).
Augusta si candida a capitale dell’eolico galleggiante
“Il nostro Paese ha bisogno di velocità e visione. Augusta può essere il cuore industriale della nuova rivoluzione energetica”, ha dichiarato Stefano Ciafani, presidente nazionale di Legambiente. Il riferimento è al Decreto porti, approvato a fine 2024, che ha individuato proprio Augusta come polo strategico nazionale per la cantieristica dell’eolico offshore, accanto a Taranto e alle aree di supporto di Brindisi e Civitavecchia.
“Abbiamo tutto: know-how, posizione strategica e domanda. Ma mancano rapidità e certezze”, ha aggiunto Tommaso Castronovo, presidente di Legambiente Sicilia. Il nodo burocratico resta cruciale: le VIA si impantanano nei meandri del Ministero dell’Ambiente e in quelli, ancora più lenti, del Ministero della Cultura. Su 24 procedimenti analizzati, i tempi effettivi sono raddoppiati, nonostante le promesse di semplificazione del governo.
Il ricorso del Mase e il rischio paralisi
A peggiorare lo scenario, il Ministero dell’Ambiente ha deciso di impugnare il decreto sulle “aree idonee” approvato dalla Conferenza Stato-Regioni. Un passo definito “miope e controproducente” da Legambiente. “Serve coerenza, non battaglie legali fra istituzioni”, ha denunciato Ciafani. “Così si ostacolano i traguardi al 2030, quando dovremmo aver installato almeno 20 GW di eolico offshore”.
Anche il presidente dell’Anev, Simone Togni, ha sottolineato che “la frammentazione normativa è diventata il principale ostacolo allo sviluppo industriale delle rinnovabili. Senza una regia unica si rischia di perdere miliardi in investimenti e migliaia di posti di lavoro”.
27 mila posti entro il 2050, ma servono regole certe
Legambiente stima che l’avvio massiccio dell’eolico offshore potrebbe generare 27.000 posti di lavoro entro il 2050, di cui circa 13.000 diretti nella filiera produttiva. Ma perché ciò accada, servono porti attrezzati, personale formato e soprattutto un quadro normativo stabile.
“Non è pensabile partecipare a un’asta pubblica per l’assegnazione di capacità eolica offshore con una sola VIA positiva, senza garanzie sull’Autorizzazione Unica finale”, ha commentato Anita Astuto, responsabile energia di Legambiente Sicilia. “È come promettere un futuro che non si può costruire”.
Un altro tema centrale è l’organico della Commissione tecnica PNRR-PNIEC del Ministero dell’Ambiente, ancora incompleto. A questo si aggiunge il personale insufficiente negli uffici regionali e comunali, spesso travolti dalle richieste senza strumenti adeguati.
La geografia del vento: dove si concentrano le richieste
Oltre ai progetti già formalizzati, c’è un altro indicatore che racconta le ambizioni italiane nel settore: le richieste di connessione alla rete presentate a Terna. Le richieste sono 132, per un totale di quasi 90 GW (89,9), distribuiti in 12 regioni. Trapani guida con 11,2 GW, seguita dal Sud Sardegna (9,52 GW) e dalla provincia pugliese di Barletta-Andria-Trani (6,24 GW). Inaspettatamente entrano anche le Marche e il Veneto, rispettivamente con 600 e 560 MW.
Il Mediterraneo può essere il nostro Mare del Nord
“Il Mediterraneo ha le carte in regola per diventare un nuovo Mare del Nord dell’energia pulita”, ha dichiarato Alice De Marco, portavoce di Goletta Verde. “Non è solo una questione ambientale: è una sfida industriale ed economica che riguarda il Sud, l’occupazione, l’autonomia energetica”.
Il primo impianto eolico offshore italiano, costruito al largo di Taranto e inaugurato nel 2022, ha richiesto 14 anni di iter tra progettazione e realizzazione. Oggi dovrebbe essere l’apripista, non l’eccezione. Intanto, in Europa, Francia e Germania corrono: la prima punta a 40 GW entro il 2050, la seconda è già prossima ai 70 GW.
Il tempo del vento è adesso
Il report di Legambiente è chiaro: il potenziale c’è, la volontà industriale anche. Manca il coraggio politico. Il rischio, altrimenti, è che l’Italia resti ancora una volta a guardare mentre altri Paesi cavalcano la rivoluzione verde. “Non si può parlare di transizione senza agire”, ha concluso Ciafani. “L’eolico offshore non è più una promessa: è un’urgenza. E il tempo, ormai, gioca contro di noi”.