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Elezioni 2022 - Grazie a Conte in campagna elettorale fa irruzione la ''guerra civile''

- di: Diego Minuti
 
Elezioni 2022 - Grazie a Conte in campagna elettorale fa irruzione la ''guerra civile''
Il nostro meraviglioso Paese sta attraversando, purtroppo ormai da qualche anno, una crisi che è la somma di tanti eventi, uno peggiore dell'altro. Non ci siamo fatti mancare nulla, in termini di catastrofi naturali: inondazioni, straripamenti, trombe d'aria e uragani, frane, scioglimento dei ghiacciai e valanghe, incendi e siccità. Tacendo, ovviamente, delle cavallette, delle vespe, dei cinghiali e altre amenità. Volendo essere ottimisti, fino ad oggi ci siamo evitati soltanto una pioggia di meteoriti grossi un paio di chilometri ciascuno. Eppure c'è chi, in questa strana campagna elettorale, fa ricorso con scientifica determinazione allo spettro della paura. Lo facevano anche quelli che dicevano di votare la Democrazia cristiana per non vedere i cosacchi abbeverare i loro cavalli nella fontana del Vaticano.
Ma 70 anni fa quelle parole avevano un senso, con ancora addosso il tanfo della guerra. La paura di quel tempo era una cosa tangibile, oggi è uno spauracchio che viene portato in giro quando forse gli argomenti che si hanno non sono sufficientemente puntellati dai fatti concreti.
Dire, ad esempio, come ha fatto Enrico Letta, che se vincerà la Destra l'Italia vedrà a rischio la democrazia è un concetto forte, forse anche troppo perché non tiene conto che la politica porta comunque in sé la ragionevolezza e, soprattutto, la memoria. Se pensavamo che con l'allarme lanciato da Letta avessimo raggiunto il massimo di un messaggio politico foriero di paure, purtroppo abbiamo sbagliato. Come dimostrano le esternazioni di Giuseppe Conte, di cui scopriamo quotidianamente un ''animus pugnandi'' inatteso che comunque fa presa negli elettori, almeno a dare credito ai sondaggi che mostrano i Cinque Stelle in recupero di consensi.

Grazie a Conte, in campagna elettorale fa irruzione la ''guerra civile''

L'ultima sortita di Conte è di quelle che fanno colpo perché, parlando del reddito di cittadinanza e di chi lo vuole cancellare, il presidente grillino ha detto, in sintesi, che se Giorgia Meloni, arrivata a palazzo Chigi, decidesse di abolirlo, si andrebbe verso la guerra civile. Sì, proprio guerra civile, una definizione che forse si poteva anche evitare perché usarla in questo momento storico o ridicolizza quel che Conte voleva dire oppure relativizza quel che accade in Ucraina.

Per evitare d'avere, ricorrendo alla sintesi, travisato il pensiero di Conte ecco l'esatta trascrizione della sua dichiarazione: "Meloni togliendo il Reddito di cittadinanza vuole la guerra civile. Lei guadagna da oltre 20 anni 500 euro al giorno con i soldi dei cittadini e vuole togliere 500 euro al mese alle persone in difficoltà facendo la guerra ai poveri".
Se non lo accreditassimo di un sufficiente bagaglio di ragionevolezza, dovremmo pensare ad un Conte che, davanti ad una telecamera o a un microfono, perde il controllo delle proprie parole. Dopo avere accreditato Vladimir Putin di un afflato pacifista, ora arriva l'argomento della guerra civile, cui Conte ha fatto ricorso non certo - ne siamo convinti - come minaccia, ma come timore, forte anche del fatto che, nelle piazze che lo accolgono nel suo tour elettorale, ad applaudirlo ci sarebbero molti fruitori del reddito di cittadinanza. Ma ci sono argomenti e argomenti e parlare di guerra civile ci sembra fuori di luogo, quando addirittura involontariamente moltiplicatore di rabbia e rivendicazioni. Un mix che sappiamo bene che si potrebbe tradurre in qualcosa di potenzialmente pericoloso.

Forse la parola moderazione dovrebbe entrare nel vocabolario dei nostri politici, per evitare che, come accade quando gli ''anni di piombo'' erano lontani, si torni a parlare di cattivi maestri. Nulla a che vedere con i politici di oggi, ma dire, seppure utilizzandolo come paradosso, che ci potrebbe essere qualcuno spinto a ricorrere alla violenza nel caso di questa o quella decisione politica forse era l'ultima cosa da fare.
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