Russia: la banca centrale alza il tasso di interesse al 12% per fermare il crollo del rublo

- di: Redazione
 
La banca centrale russa è dovuta intervenire in modo drastico, innalzando il tasso di interesse sino al 12 per cento, per cercare di porre un argine al crollo del rublo che, ormai da mesi, arretra davanti a dollaro ed euro.
Sino ad oggi il governo aveva limitato al minimo i suoi interventi, cosa che oggi non può più fare a fronte davanti alla debolezza della moneta, che si traduce in possibili aumenti dei prezzi per i beni di consumo essenziali.
Il panorama è abbastanza definito, con un evidente calo dell'export russo (quindi, con minori entrate dalle vendite di petrolio e gas, che costituivano le voci principali dell'attivo del Paese) e un aumento delle importazioni.

Russia: la banca centrale alza il tasso di interesse al 12% per fermare il crollo del rublo

Cosa che si traduce nel vendere rubli per potersi accaparrare dollari o euro, con cui comprare all'estero.
In sostanza, dicono gli analisti, questa situazione comporta un calo del surplus commerciale della Russia, che in precedenza era molto ampio, grazie ai prezzi del petrolio. Ma quest'anno i prezzi del petrolio sono scesi e si avvertono sempre di più gli effetti delle sanzioni decise ed imposte dai Paesi occidentali. Comunque i russi hanno trovato il modo di aggirare le sanzioni, utilizzando come ''sponda'' Paesi (Armenia, Georgia e Kazakhstan) che non partecipano alle sanzioni.

C'è poi il fronte caldo dell'industria bellica, mobilitata per sostenere lo sforzo della guerra in Ucraina, che sta avendo una durata inattesa dagli strateghi del Ministero della Difesa. Ma, per andare avanti, le aziende coinvolte devono importare parti e materie prime, mentre parte del denaro del governo finisce nelle tasche dei lavoratori che acquistano merci importate.

Con quello che, questo meccanismo, comporta per il pericolo di una crescita dell'inflazione (che negli ultimi tre mesi ha toccato il 7,6%) , alimentata dall'aumento delle importazioni in valuta russa.
Ora la banca centrale si trova davanti all'obbligo elevare i tassi di interesse, nella consapevolezza che questo renderà più costoso ottenere credito e, quindi, limitare la domanda interna di beni, comprese le importazioni.
Un aumento era atteso, ma forse non nell'ampiezza decisa nella riunione di emergenza di ieri del vertice della banca centrale - anche sotto la spinta emotiva delle dure critiche venute da uno dei consiglieri economici del Cremlino -, che ha portato il tasso dall'8,5% al 12%.

Per paradossale che possa apparire, però, la caduta del rublo in realtà ha aiutato il governo con il suo bilancio. Significa, dicono gli analisti, più rubli per ogni dollaro di guadagni dal petrolio e da altri prodotti venduti dalla Russia. Ciò rafforza la spesa per i programmi militari e sociali volti a smorzare l'impatto delle sanzioni sul popolo russo.
Ma, in sostanza, cosa queste mosse della Banca centrale comporterà per il popolo russo?
L'inflazione, effetto della svalutazione del rublo, colpisce duramente ed essenzialmente le persone a basso reddito perché spendono di più per beni di prima necessità come il cibo.
Mentre tassi di interesse più elevati smorzeranno la crescita economica, alleviando una certa pressione sui prezzi, è improbabile che il governo faccia marcia indietro sulle spese militari.
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