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Ex Ilva: offerte Usa riaprono la partita industriale

- di: Marta Giannoni
 
Ex Ilva: offerte Usa riaprono la partita industriale
Ex Ilva, duello Usa: Bedrock e Flacks alzano la posta
Due offerte vincolanti e un impianto che vale più dell’acciaio: lavoro, Stato e svolta green.

(Fonte: uno dei vari tavoli riuniti per risolvere la questione ex Ilva).

La partita per l’ex Ilva entra nel vivo: sul tavolo dei commissari arrivano due offerte vincolanti, entrambe con passaporto americano. Da una parte Flacks Group, dall’altra Bedrock Industries. E mentre la procedura resta tecnicamente aperta ad eventuali rilanci migliorativi, il tempo politico e industriale corre più veloce del calendario.

Il cuore della questione non è un semplice “chi compra”: è quanta produzione si promette, quanti posti si salvano e quali investimenti si mettono davvero a terra, con il capitolo ambientale che oggi non è più una nota a margine, ma il titolo di testa.

Due offerte, un bivio

I commissari straordinari confermano la presenza di due proposte per l’acquisizione dell’intero perimetro industriale. È un passaggio chiave: dopo mesi di indiscrezioni, sopralluoghi e due diligence, la gara entra nella fase in cui contano le cifre e gli impegni scritti.

Nel frattempo, la formula resta quella già annunciata: massimo riserbo nell’analisi dei dossier, perché la negoziazione si gioca anche sui dettagli – e i dettagli, qui, valgono migliaia di buste paga e miliardi di euro.

Il piano Flacks: euro simbolico, investimenti maxi e Stato in quota

La proposta di Flacks Group ruota attorno a un’idea semplice e spiazzante: acquisizione a prezzo simbolico (il famoso “un euro”) ma con un piano che punta a rimettere in carreggiata l’impianto attraverso un pacchetto di interventi e un obiettivo produttivo dichiarato.

Le informazioni circolate in queste ore attribuiscono al piano un traguardo di circa 4 milioni di tonnellate annue e un volume complessivo di investimenti fino a 5 miliardi per rilancio e risanamento. Sul fronte lavoro, Flacks indica un organico nell’ordine di 8.500 addetti, mentre nello schema compare anche una presenza pubblica: lo Stato al 40% in una fase iniziale, con una prospettiva di riacquisto della quota a valori indicativi tra 500 milioni e 1 miliardo.

Traduzione: il gruppo scommette sul fatto che senza una spalla pubblica (finanziaria e politica) la trasformazione non regge; e prova a scrivere in anticipo la “clausola di convivenza” tra capitale privato e interesse nazionale.

Bedrock: la seconda offerta che cambia ritmo alla gara

Con Bedrock Industries rientra in scena un operatore già affacciato nei passaggi precedenti. La novità, oggi, è che l’offerta è arrivata entro la scadenza e completa il quadro di una contesa che diventa, di fatto, un duello.

Sui contenuti del dossier, le informazioni pubbliche restano più limitate. Ma il punto politico-industriale è chiaro: Bedrock punta al controllo dell’intero perimetro e viene descritta come realtà con esperienza nella siderurgia nordamericana. La valutazione dei commissari procede “voce per voce”, perché in queste operazioni il valore non è solo negli asset, ma nel piano di continuità e nelle garanzie.

Il termometro sindacale: alta tensione su ciclo produttivo e occupazione

Se i dossier finanziari vengono letti in silenzio, fuori dagli uffici il volume è alto. La Fiom chiede che il dossier venga portato direttamente a Palazzo Chigi, segnalando la necessità di una regia centrale.

Le organizzazioni metalmeccaniche continuano a contestare le ipotesi di ciclo “corto”: il timore è che la traiettoria, invece di accompagnare la transizione, finisca per comprimere la produzione e aprire una voragine sul lavoro. Il nodo occupazionale resta quindi la prima riga dell’agenda, insieme al tema (ormai inevitabile) di decarbonizzazione e investimenti ambientali.

Il fattore istituzioni: Urso, Decaro e la richiesta di una presenza pubblica

Sul fronte politico, la discussione si sposta su due binari: chi entra e con quali condizioni. Il ministro Adolfo Urso ha parlato di possibili interessi anche extra-europei, e il neo presidente della Regione Puglia, Antonio Decaro, ha riferito che sul tavolo c’è “l’ipotesi” legata ai fondi americani.

Decaro insiste su un punto: senza una presenza dello Stato non ci sarebbero né una vera decarbonizzazione né una tutela efficace dei lavoratori, sintetizzando così la linea: “lo Stato deve entrare”.

Cosa succede adesso: la fase più delicata

Il percorso, adesso, passa dalla verifica di completezza e conformità delle offerte rispetto ai requisiti del bando. Poi inizierà la parte più concreta: confrontare i piani su tre pilastri che non ammettono scorciatoie: produzione, occupazione, investimenti.

Il punto è che l’ex Ilva non è un’azienda come le altre: è una scelta industriale che tocca filiere, territorio, salute pubblica e bilanci dello Stato. E ogni cifra – tonnellate, miliardi, addetti – pesa come una decisione di governo.

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