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Fincantieri, il nuovo protocollo appalti e la partita sommersa dell’indotto

- di: Cristina Volpe Rinonapoli
 
Fincantieri, il nuovo protocollo appalti e la partita sommersa dell’indotto

Nella foto, Luciano Sale, Direttore Human Resources and Real Estate di Fincantieri

Il protocollo “per la gestione degli appalti”, siglato tra Fincantieri e i sindacati, arriva in un momento delicato del sistema industriale italiano: un comparto navale in espansione, una filiera sterminata fatta di circa 2000 ditte, un livello di complessità che negli ultimi anni ha fatto emergere criticità tra orari, sicurezza, turnazioni e normative applicate. Fim, Fiom e Uilm lo presentano come un passo avanti, ma la portata dell’intesa è più profonda di quanto il comunicato lasci trasparire. Non riguarda solo la regolazione formale degli appalti: riguarda i meccanismi reali del potere industriale dentro Fincantieri.

Fincantieri, il nuovo protocollo appalti e la partita sommersa dell’indotto

Il punto chiave – quello che da anni i sindacati consideravano una crepa aperta – è la promessa dell’azienda di “non ricorrere al subappalto a cascata”. Una scelta che tocca uno dei nervi più scoperti del settore: la moltiplicazione dei livelli di subfornitura che, negli anni, ha frammentato responsabilità e tutele. L’accordo parla della limitazione degli appalti “ad attività no core” della costruzione navale, con l’obiettivo di “semplificarne e ridurne, nel tempo, il ricorso”.
È un messaggio diretto all’intera filiera: Fincantieri vuole riprendere controllo su un sistema che, nella pratica, ha avuto zone grigie.

La continuità del lavoro come elemento di potere
Il testo dell’intesa introduce un altro elemento rivelatore: incontri preventivi nei cambi appalto, per garantire la continuità dei rapporti di lavoro e dei contratti applicati, che dovranno essere quelli “afferenti all’industria” e sottoscritti dalle organizzazioni rappresentative. Una norma che, nella sostanza, punta a impedire che nei passaggi tra ditte si perda ciò che conta davvero: competenze, professionalità e condizioni contrattuali.
L’idea è lineare: chi lavora nei cantieri non deve essere sacrificabile al cambio di un codice fiscale in testa all’appalto.

Controlli serrati su orari e sicurezza: la novità dei tornelli “intelligenti”

Dove la firma diventa politica – nel senso più concreto del termine – è nella parte dedicata ai controlli: monitoraggi nei cantieri e a livello nazionale, una Commissione azienda-sindacato, verifiche su orario, retribuzioni, salute e sicurezza.
E poi la misura più forte: blocchi ai tornelli “in caso di mancato rispetto delle 11 ore minime di stacco” tra una giornata e la successiva, con sistemi elettronici di rilevazione oraria.
Un cambio di paradigma: Fincantieri accetta di introdurre deterrenti fisici, non solo regole.

I sindacati lo definiscono un passaggio “fondamentale, rivendicato da tempo da Fim Fiom Uilm e dalle Rsu”. E non è un’esagerazione: tocca uno dei terreni più sensibili dei grandi cantieri navali.

Legalità: il reticolo dei protocolli incrociati
L’accordo elenca anche ciò che già esiste, ma che solo con un nuovo quadro può essere coordinato: i protocolli con Guardia di finanza, ministero dell’Interno e associazione dei consulenti del lavoro per il controllo della regolarità contributiva, fiscale e della legalità.
È il tentativo di chiudere il cerchio attorno a un sistema che, per dimensione e complessità, è sempre stato difficile da sorvegliare.

Il vero sfondo: un carico di lavoro da 60 miliardi fino al 2036

I sindacati ricordano che il protocollo arriva in una fase di crescita senza precedenti: Fincantieri ha davanti un “carico di lavoro di oltre 60 miliardi” e consegne programmate “fino al 2036”. Numeri che spiegano la portata reale dell’intesa: senza regole chiare sugli appalti, la pressione della produzione rischierebbe di scompensare il sistema.

Il capitolo più delicato: l’integrazione sociale

Il documento inserisce anche un capitolo dedicato all’“integrazione sociale”, rivolto ai lavoratori degli appalti che – lo scrivono i sindacati – “per la quasi totalità” sono stranieri.
Un passaggio che non è solo sociale, ma industriale: la filiera dei cantieri vive ormai grazie a una forza lavoro multinazionale. Renderla stabile, formata, integrata è una condizione per reggere la crescita.

“È un grande risultato che responsabilizza ancora di più i delegati Rsu di Fim Fiom Uilm”
, affermano i sindacati. Il messaggio è trasparente: ora la qualità del lavoro passa anche da loro.

Il dossier aperto: il ruolo delle istituzioni locali

Il testo si chiude con un appello che suona come un avvertimento: “Adesso ci attendiamo che le istituzioni locali adottino iniziative infrastrutturali e in materia di integrazione sociale per supportare la crescita industriale”.
In altre parole: i cantieri possono reggere l’espansione solo se attorno a loro si muove tutto ciò che sta fuori dai cancelli.

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