Fondi Pnrr per la Difesa, il Pd vota con Fratelli d’Italia e Forza Italia: scontro sulla destinazione delle risorse europee
- di: Cristina Volpe Rinonapoli

Il Parlamento europeo ha approvato una proposta destinata a segnare un passaggio delicato nelle politiche comunitarie: l’autorizzazione a spostare parte delle risorse del PNRR verso la spesa militare. Il provvedimento apre alla possibilità, per i governi nazionali, di dirottare fondi originariamente previsti per la ripresa post-Covid verso investimenti nel settore della Difesa. Una decisione che ha visto convergere Partito Democratico, Fratelli d’Italia e Forza Italia, alimentando un acceso dibattito politico, soprattutto in Italia.
Fondi Pnrr per la Difesa, il Pd vota con Fratelli d’Italia e Forza Italia
La norma approvata prevede una revisione degli obiettivi del Recovery Fund, con l’obiettivo dichiarato di sostenere la capacità industriale e produttiva degli Stati membri in ambito militare. In un contesto geopolitico segnato da instabilità crescente e pressioni sulla sicurezza europea, l’Unione vuole accelerare verso una maggiore autonomia strategica anche nel settore della Difesa. Questo comporta, tra l’altro, investimenti per la produzione di armamenti, tecnologia dual use e rafforzamento delle filiere europee della sicurezza.
Pd nella bufera: accuse di ambiguità
Il voto favorevole del Partito Democratico ha provocato reazioni immediate, sia dentro che fuori dal partito. La scelta di allinearsi alle forze di destra su un tema così sensibile ha sollevato critiche da parte della sinistra interna, dei movimenti pacifisti e di numerosi intellettuali. La segretaria Elly Schlein, pur non avendo votato direttamente, è finita al centro delle polemiche per una linea giudicata poco coerente con la tradizione del partito. Alcuni iscritti parlano apertamente di “strappo con la base”, mentre da ambienti vicini ai gruppi parlamentari si giustifica il voto come “una scelta di responsabilità per evitare blocchi nell’erogazione dei fondi e ritardi nei progetti già avviati”.
Difesa o ripresa? Il dilemma del Recovery
La misura, pur tecnicamente circoscritta, apre una questione politica di fondo: quale deve essere la finalità del Recovery Fund? Nato come strumento straordinario per affrontare le conseguenze economiche e sociali della pandemia, ora viene in parte riconvertito per rispondere a priorità militari. Una ridefinizione che per molti osservatori rischia di svuotare il significato originario del piano e di sottrarre risorse cruciali alla sanità, alla scuola, alla transizione ecologica e alla coesione sociale.
La mobilitazione della società civile
Il mondo pacifista e ambientalista ha risposto annunciando manifestazioni e appelli pubblici. A Roma, una grande mobilitazione nazionale contro il riarmo è stata promossa da partiti, sindacati, associazioni e reti civiche. Tra i promotori, spiccano esponenti del Movimento 5 Stelle, dell’Alleanza Verdi-Sinistra e volti del mondo scientifico e culturale. L’ex segretario Pier Luigi Bersani ha parlato di “un errore che va contrastato in piazza”, mentre si moltiplicano le adesioni alla piattaforma “Stop al riarmo con i soldi del Recovery”.
La spinta verso una politica europea della Difesa
Il voto si inserisce in un processo più ampio di rafforzamento della politica di sicurezza comune dell’Unione Europea. Bruxelles guarda a una maggiore integrazione strategica, anche attraverso investimenti coordinati nella produzione militare. Il contesto internazionale, reso più incerto dalla guerra in Ucraina e dalla competizione globale tra potenze, spinge le istituzioni europee a pensare in termini di “autonomia strategica”. Tuttavia, resta aperto il dibattito su quale debba essere il perimetro d’azione dell’Europa: difendere la pace o prepararsi alla guerra?
Le prossime sfide
La possibilità di riconvertire parte del PNRR alla Difesa dovrà ora essere recepita e declinata dai governi nazionali. In Italia, il provvedimento promette di accendere ulteriori contrasti tra le forze politiche e nella società civile. Resta da capire se ci saranno correttivi, limiti o controlli stringenti, oppure se questa scelta rappresenterà l’inizio di una nuova stagione europea, dove l’equilibrio tra sicurezza e solidarietà rischia di pendere verso il primo polo, a scapito del secondo.