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Funerale in stile Gomorra a Bari, dov'era lo Stato?

- di: Bianca Balvani
 
Funerale in stile Gomorra a Bari, dov'era lo Stato?
Un corteo che attraversa le strade della città, anche andando contro mano, pur di portare il feretro davanti al carcere, per tributargli un lungo applauso. Il tutto accompagnato da minacce contro i carabinieri, accusati di essere i responsabili della morte di un piccolo pregiudicato, vittima di un incidente stradale durante un inseguimento.
Accade a Bari, città bellissima, ma anche inadeguata alla voglia di libertà e di rispetto che portano avanti le sue generazioni più giovani. Ma accade anche questo, nell'assenza della Stato, che, da quel che racconta la cronaca, si è limitato ad assistere, passivamente, all'esibizione volgare di forza da parte di chi ha elevato il crimine a modello di comportamento e quindi di vita.
Nessuno merita una morte violenta, anche se essa è conseguenza diretta dei suoi comportamenti, ma quella di Christian Di Gioia è stata quasi celebrata, come la vittoria del Male contro il Bene che, in questo caso, è lo Stato, siamo noi.

Funerale in stile Gomorra a Bari, dov'era lo Stato?

Poco conta che, dalle immagini raccolte dalle telecamere di sicurezza, si vede la motocicletta del giovane (aveva 27 anni) cadere senza che un altro veicolo la tocchi, a cominciare dalla vettura dei carabinieri che lo stava inseguendo. Sull'altare della giustizia criminale ci deve essere un colpevole, e questo è stato individuato in uno dei carabinieri della pattuglia impegnata nell'inseguimento. Da quel momento si è scatenata una campagna di odio, contro l'Arma, con la minaccia di assaltare le caserme, e contro il militare, al quale è stata dichiarata una vendetta mortale. E non sono minacce generiche perché, nel giro di poche ore, la fotografia del carabiniere è finita sui social, mettendolo nel mirino dei ''vendicatori'', un partito al quale si sono iscritti in parecchi.
Perché ormai Di Gioia è stato eletto alla gloria perenne della religione criminale, quella che ha bisogno di idoli e, se non ne ha, se ne crea. Non deve, quindi, sorprendere che il funerale del giovane criminale è stato un tripudio di luoghi comuni di una criminalità che si afferma anche grazie al potere dell'immagine: palloncini bianchi fatti volare davanti al feretro, mentre si sentiva l'eco delle canzoni neomelodiche, diventare la colonna sonora di una Gomorra in sedicesimo.

La cosa che più sconcerta in questa vicenda non è il fatto che un corteo funebre di un pregiudicato abbia attraversato la città senza rispettare regole e prescrizioni (con i rischi che ne sono conseguiti per ignari automobilisti e pedoni), quanto il fatto che nessuno abbia tentato di fermarlo, portando questa rappresentazione tossica in giro per le strade, con il rischio che la dimostrazione di impudenza possa avere fatto breccia in qualche giovane che non è ancora in grado di discernere il bene dal male e che, quindi, si faccia ammaliare da modelli che fanno balenare ricchezza e potere al di fuori della legalità.

Resta abbastanza preoccupante leggere che il sindaco di Bari, Antonio Decaro, da sempre in prima linea contro la criminalità della città che amministra, si sia limitato a dire d'essere ''molto colpito dalle immagini del corteo funebre con motociclisti al seguito passato contromano accanto al carcere''. Queste immagini, ha aggiunto, ''appartengono ad un simbolismo criminale preoccupante. Magistratura e forze dell'ordine sono al lavoro e bisogna avere fiducia. E' importante però che arrivi da tutta la citta una condanna unanime e forte nei confronti di atti come questi che esibiscono arroganza e disprezzo delle regole''. A volerla dire tutta, ci saremmo aspettato altro dal sindaco Decaro. Ci saremmo aspettato che chiedesse al prefetto l'immediata convocazione del Comitato provinciale per l'ordine e la sicurezza pubblica per chiedere, ''a chi di dovere'', perché non è stato fatto nulla per interrompere l'esibizione di forza del crimine. Prenderemo provvedimenti, ha detto il questore Giovanni Signer, che ha precisato che il funerale pubblico non si poteva impedire. E' certamente così, ma, come ha anche ammesso il senatore Filippo Melchiorre, componente per Fratelli d'Italia della commissione Antimafia, non è la prima volta che Bari e la sua immagine venga sfregiate in questo modo.
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